Le agenzie umanitarie a Gaza denunciano di essere costrette a ridurre drasticamente i propri interventi a causa del rifiuto di Israele di riattivare un sistema di notifica che consentiva ai loro operatori di muoversi in sicurezza, evitando così attacchi israeliani. In un’inchiesta del Financial Times, Rachael Cummings, direttrice umanitaria di Save the Children a Gaza, ha spiegato che l’organizzazione ha ridotto le proprie attività dell’80% poiché Israele non riconosce più le notifiche inviate tramite la piattaforma umanitaria delle Nazioni Unite, un sistema che serviva proprio a garantire la sicurezza degli operatori sul terreno.

“L’HNS era essenziale per evitare che venissimo colpiti”, ha sottolineato Cummings. “Ora, senza un sistema di notifica, non possiamo più garantire un livello minimo di sicurezza per i nostri team, quindi abbiamo dovuto sospendere gran parte delle nostre attività, specialmente quelle destinate ai bambini.”

Anche le operazioni delle Nazioni Unite hanno subito pesanti ripercussioni a causa di questa sospensione. Un funzionario dell’ONU ha confermato che l’assenza di garanzie per la libertà di movimento ha avuto un impatto diretto sulle attività umanitarie, mentre sono in corso negoziati per stabilire nuovi protocolli di sicurezza.

Il blocco delle forniture umanitarie ha aggravato ulteriormente la crisi a Gaza, dove 2,2 milioni di persone dipendono da aiuti esterni dopo 17 mesi di conflitto devastante. La situazione è peggiorata dopo che Israele ha interrotto un cessate il fuoco di due mesi il 18 marzo, innescando una nuova offensiva.

Tel Aviv ha dichiarato di aver interrotto l’utilizzo del sistema di notifica umanitaria dopo il cessate il fuoco, ma ha precisato che “il coordinamento dei movimenti” continua in base alla situazione sul terreno. Tuttavia, il rifiuto dell’esercito di accettare le richieste di coordinamento delle agenzie umanitarie – 40 su 50 tra il 18 e il 24 marzo – ha ostacolato ulteriormente l’efficacia degli aiuti.

Le difficoltà operative delle organizzazioni umanitarie si sono intensificate con l’intensificarsi degli attacchi e il blocco totale imposto da Israele sulle forniture essenziali come cibo e carburante. Philippe Lazzarini, capo dell’UNRWA, ha dichiarato che Gaza sta vivendo “la sua ora più buia”, senza rifornimenti vitali da oltre tre settimane.

Il Programma Alimentare Mondiale ha avvertito che l’escalation militare sta mettendo a serio rischio la sicurezza alimentare della popolazione, mentre l’ONU ha denunciato l’attacco, il 19 marzo, a un edificio delle Nazioni Unite che ha ucciso un lavoratore e ferito gravemente altri sei. Nonostante le posizioni notificate a Israele. L’ONU ha deciso di ridurre di un terzo il numero dei suoi funzionari umanitari a Gaza.

Le perdite tra gli operatori umanitari palestinesi sono drammatiche, con oltre 300 morti dall’inizio del conflitto. Il Consiglio norvegese per i rifugiati ha dichiarato di essere “impostato per fallire”, accusando il blocco di rifornimenti e la difficoltà di muoversi in sicurezza sul terreno. Nel frattempo, Israele sta progettando di prendere il controllo totale della distribuzione degli aiuti a Gaza, compreso il coinvolgimento delle truppe israeliane o di contractor privati, in una nuova offensiva di terra. Pagine Esteri