Non si fermano gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza. Ieri l’esercito ha colpito l’ospedale al-Ahli di Gaza City, l’ultimo ancora attivo nel nord della Striscia. A medici e pazienti è stato lasciato un breve lasso di tempo per evacuare. I feriti più gravi, che sono stati staccati da respiratori, ossigeno e altri macchinari medici per essere trasportati all’esterno della struttura. Almeno un paziente, un bambino di dodici anni, Yousef Abu Sakran, è morto al freddo. Secondo la testimonianza rilasciata da un medico alla rete al-Jazeera, sono almeno tre i palestinesi feriti che hanno perso la vita a causa dell’evacuazione. L’ospedale è stato bombardato almeno due volte, diversi reparti e l’ingresso sono stati distrutti, rendendo la struttura inagibile. Tel Aviv ha dichiarato di aver attaccato un “centro di comando” di Hamas, senza fornire prove a riguardo. L’ospedale era già stato bombardato nell’ottobre del 2023. Dall’inizio della guerra Israele ha colpito almeno 35 ospedali a Gaza.
Sempre ieri l’esercito ha colpito a Deir al-Balah un’automobile su cui viaggiavano sei persone, sei fratelli della famiglia Abu Mahadi, tutti morti sul colpo. Questa mattina è stato bombardato un centro umanitario delle Nazioni Unite a Khan Younis, circondato da profughi nelle tende.
Venerdì il ministro della Difesa Israel Katz ha comunicato che l’accerchiamento di Rafah è completo. La città che ospitava, prima della guerra, più di 200mila abitanti, è stata svuotata con la forza, bombardata, distrutta e trasformata in quella che l’esercito chiama “zona di sicurezza israeliana”, ossia una gigantesca area sotto occupazione militare. Prosegue la distruzione di tutte o quasi le strutture presenti nell’area, sistematicamente rase al suolo. L’accerchiamento è stato possibile grazie al completamento dell’asse Morag, che prende il nome da un’ex colonia israeliana presente nell’area prima del ritiro del 2005. Ora Rafah è completamente separata da Khan Younis e dal resto della Striscia. Un altro corridoio, Netzarim, divide il centro dal nord di Gaza, mentre il corridoio Filadelfia la separa dal confine con l’Egitto. La “zona cuscinetto”, descritta dagli ex militari israeliani nel rapporto della Ong Breaking the silence come una “kill zone”, si allunga per più di un chilometro e mezzo dal confine israeliano fin dentro Gaza.
Katz ha fatto anche sapere che l’esercito intensificherà i suoi attacchi. Nuovi ordine di evacuazione sono stati emessi e alla popolazione è stato ordinato di dirigersi verso la zona di al-Mawasi, che è diventata un campo-tende per sfollati in cui si vive in condizioni disumane. Le agenzie internazionali hanno denunciato la mancanza di cibo e di acqua che porta le persone a morire di una “morte lenta”, attanagliati da malattie, infezioni dovute a carenza di igiene, fame e bombardamenti, che proseguono anche sulle tende dei profughi. Oggi diverse persone, tra cui bambini, sono rimasti ferite, alcune in maniera grave, in un attacco, domenica una persona è stata uccisa. Il riferimento di Katz al piano del presidente Trump e allo sfollamento verso altri Paesi, conferma una strategia precisa: occupare e sfollare la maggior parte di Gaza, rendere quella degli abitanti una non-vita e costringerli così ad emigrare, mascherando la pulizia etnica con l’allontanamento “volontario”.
Il progetto, fortemente voluto dal premier Netanyahu, si sta realizzando dopo la ripresa degli attacchi, quando Israele ha deciso di interrompere il cessate il fuoco e di non proseguire la seconda fase dei negoziati, come precedentemente sottoscritto. La sostituzione del capo di stato maggiore Herzl Halevi, indigesto a Netanyahu, con il fidato e controllabile Eyal Zamir, insieme al piano della “riviera di Gaza” lanciato da Trump, ha dato ad esercito e governo il via libera per l’occupazione permanente di larghe aree del territorio. Israele e Stati Uniti stanno lavorando per trovare Paesi disposti a ricevere i palestinesi che verrebbero cacciati dalla Striscia. In cambio propongono vantaggi politici e militari che alcuni governi potrebbero scegliere di cogliere.
Domenica Netanyahu ha dichiarato, parlando con i genitori di uno degli israeliani detenuti da Hamas a Gaza, che Israele sta trattando per il rilascio di dieci ostaggi. Hamas ha confermato oggi di aver ricevuto una proposta. Secondo i media arabi, Hamas avrebbe accettato di rilasciare nove ostaggi in cambio di una tregua temporanea e la liberazione di prigionieri palestinesi. Israele avrebbe proposto un piano di partenza con la liberazione di 10 ostaggi. Il quotidiano israeliano Haaretz ha fatto sapere che Qatar ed Egitto starebbero lavorando insieme agli Stati Uniti per fare in modo che qualsiasi proposta di rilascio ostaggi includa un processo per giungere a un cessate il fuoco definitivo. Ma Israele al momento non pare interessato a un ritiro e anzi sta lavorando alla costruzione a Gaza di infrastrutture militari per il controllo permanente. Un’inchiesta pubblicata dalla CNN, citando fonti negoziali riporta una brusca frenata nei colloqui. La nomina di un confidente del premier Netanyahu, il ministro per gli affari strategici Ron Dermer, a capo della squadra negoziale, ha portato a un cambio di priorità. «I negoziatori sembrano essere politicizzati», ha spiegato la fonte. Pagine Esteri