Hanno dell’incredibile le ultime dichiarazioni del segretario di stato Usa, Marco Rubio, in merito agli arresti e alle deportazioni degli studenti che hanno preso parte alle manifestazioni contro le stragi israeliane nella Striscia di Gaza. Oltre alla difesa degli “obiettivi di politica estera” degli Stati Uniti, già citati in occasione dell’arresto di Mahmoud Khalil, Rubio ha più recentemente giustificato un altro fermo con la necessità di difendere il processo di pace per porre fine alla guerra di Gaza.

Il 15 aprile il Dipartimento di Stato Usa ha emesso un ordine di deportazione nei confronti di Mohsen Mahdawi, uno studente palestinese di 34 anni della Columbia University. Mahdawi, residente permanente negli Stati Uniti dal 2015, è stato arrestato il 14 aprile, durante il colloquio che gli avrebbe permesso di diventare cittadino naturalizzato. Mahdawi era rimasto nascosto prima dell’incontro, prevedendo un possibile arresto, ma ha poi deciso di sostenere il test di naturalizzazione, per non compromettere la sua domanda. Nonostante non avesse precedenti penali o violazioni dell’immigrazione, è stato arrestato durante l’incontro. Attualmente, Mahdawi è detenuto in attesa di un’udienza legale.

Il segretario di Stato Marco Rubio ha giustificato l’azione citando una disposizione dell’Immigration and Nationality Act del 1952, che consente la deportazione di chiunque le cui attività possano avere “conseguenze avverse potenzialmente gravi per la politica estera degli Stati Uniti”. Nel caso specifico, la lotta all’antisemitismo. Come per Mahmoud Khalil, la sola accusa presentata nel promemoria di Rubio è bastata, con l’invocazione della norma che protegge gli obiettivi Usa di politica estera, a formalizzare l’arresto. Non è stato necessario fornire dettagli specifici su attività criminali o violazioni della legge.

Per l’arresto di Mandawi, tuttavia, il New York Times ha fatto notare che il segretario di stato ha aggiunto un’accusa specifica: “le proteste come quelle che il signor Mahdawi ha guidato potrebbero minare il processo di pace in Medio Oriente, rafforzando il sentimento antisemita nella regione e in tutto il mondo e, infine, minacciando l’obiettivo di politica estera degli Stati Uniti di risolvere il conflitto di Gaza pacificamente“. Non sarebbero dunque le migliaia di bombe inviate da Washington a Tel Aviv, e neanche il piano di pulizia etnica del presidente Trump a mettere in discussione una risoluzione negoziale e non armata del sanguinoso attacco israeliano a Gaza. Il pericolo per la pace, nella lettura del governo americano, sarebbero i manifestanti che pacificamente chiedono la fine dei bombardamenti. Soprattutto quelli stranieri.

Mohsen Mahdawi è nato in un campo profughi in Cisgiordania nel settembre 1990, vive negli Stati Uniti dal 2014. Studia dal 2018 informatica alla Lehigh University in Pennsylvania. Tre anni dopo, nel 2018, si è inscritto alla Columbia per studiare filosofia. Pagine Esteri