Kenya, scontro sulla terra nelle piantagioni di tè: cresce la tensione tra comunità locali e aziende straniere
In Kenya è scoppiata una crisi che coinvolge le terre coltivate a tè nella contea di Nandi, nel cuore della Rift Valley. Da mesi, una disputa accesa contrappone alcune comunità locali alla compagnia britannica Eastern Produce Kenya (EPK), una delle principali aziende straniere attive nella produzione di tè nel Paese.
La disputa sulla terra
Tutto è iniziato quando più di 100 residenti hanno occupato una parte della piantagione di Sitoi, gestita da EPK. Gli occupanti fanno parte della cooperativa locale Kimasas, e sostengono che quella terra, circa 350 acri, era stata loro assegnata nel 1986 come compensazione per le ingiustizie dell’epoca coloniale. All’epoca, infatti, molti terreni furono sottratti con la forza alle popolazioni locali per essere assegnati a coloni britannici.
EPK, però, nega la legittimità dell’occupazione, affermando di aver già restituito 202 acri e di non riconoscere alcun diritto degli agricoltori sugli altri 350 acri. La disputa si è così trasformata in uno scontro sempre più acceso, che ha paralizzato parte della produzione e messo a rischio gli investimenti stranieri nel settore.
Un segnale per tutte le aziende straniere
Secondo quanto riportato da Reuters, questa vicenda è molto più di un semplice conflitto locale: è il segnale di un malessere più profondo, che coinvolge molte altre piantagioni gestite da aziende straniere in Kenya. Diverse comunità, infatti, chiedono da tempo giustizia per le terre che furono loro sottratte durante la colonizzazione britannica. Tuttavia, le risposte legali si sono spesso rivelate lente, complesse o inefficaci, lasciando spazio a proteste, occupazioni e, in alcuni casi, anche ad episodi di violenza.
Non a caso, c’è chi ha paragonato questa situazione a quanto avvenuto nello Zimbabwe, dove anni fa il governo permise l’esproprio di fattorie di proprietà bianca, con conseguenze molto pesanti sull’economia agricola.
Tentativi di dialogo e fallimenti
Negli anni scorsi alcune aziende, tra cui James Finlay (ora venduta a un gruppo kenyano) e Lipton Teas and Infusions, hanno provato a coinvolgere le comunità locali con forme di proprietà condivisa. Tuttavia, molti di questi progetti non hanno funzionato come sperato.
Nel frattempo, la situazione nella piantagione EPK è peggiorata. A partire da agosto 2023, le occupazioni si sono fatte più frequenti e sono stati segnalati attacchi e incendi. Oggi, secondo l’azienda, le perdite mensili ammontano a oltre 200.000 dollari, una cifra enorme che sta mettendo a rischio l’intera attività.
Questa vicenda, che continua a evolversi, rappresenta un importante punto di svolta. Non solo per il Kenya. Rappresenta una tendenza in crescita in molti Paesi africani, che intendono liberarsi di una presenza coloniale che, seppure in maniera molto diversa dal passato, è ancora viva e ingombrante. Pagine Esteri