Sessantotto corpi recuperati, decine di feriti e una struttura distrutta. È il bilancio, drammatico (e provvisorio), dell’ultimo attacco aereo statunitense sulla città yemenita di Saada, roccaforte del movimento Houthi. La particolarità, che getta un’ombra inquietante sull’operazione militare, è che l’obiettivo colpito era un centro di detenzione per migranti africani, dove erano rinchiuse 115 persone. Un luogo civile, lontano dai campi di battaglia.

Il raid è solo l’ultimo episodio di un’escalation che sta trasformando lo Yemen nel fronte più oscuro della strategia americana in Medio Oriente. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, gli attacchi statunitensi su Sanaa e altre città controllate dagli Houthi hanno già causato oltre 220 vittime civili solo negli ultimi due mesi. L’obiettivo dichiarato da Washington è fermare gli attacchi dei ribelli yemeniti contro le navi nel Mar Rosso, ma la sproporzione tra i mezzi impiegati e le morti civili dimostra che in gioco c’è molto di più.

Dal novembre 2023, gli Houthi hanno rivendicato numerosi lanci di droni e missili contro navi commerciali legate a interessi israeliani. Il loro messaggio è chiaro: si considerano parte della resistenza all’occupazione palestinese, agendo in solidarietà con Gaza. La risposta degli Stati Uniti – sostenuta apertamente da Israele, da diversi stati occidentali e da alcuni Paesi del Golfo – è stata quella di colpire con forza, nel nome della “libertà di navigazione”.

Ma dietro la crociata anti-Houthi si cela una strategia più ampia, volta a contenere l’influenza iraniana nella regione. Gli Houthi, infatti, sono considerati da Washington un proxy di Teheran. Ma sono molto più di semplici “milizie filoiraniane”, come qualcuno vorrebbe rappresentarli. Il movimento, che nasce da una rivolta locale contro la marginalizzazione del nord del Paese, gode di un solido sostegno popolare e controlla gran parte del territorio yemenita. Non si tratta dunque di una cellula isolata, ma di un attore politico e militare radicato.

Le implicazioni umanitarie della strategia americana sono evidenti. I bombardamenti colpiscono infrastrutture civili, aggravando una crisi che già da anni ha fatto dello Yemen la peggior emergenza umanitaria al mondo, secondo le Nazioni Unite. La morte dei migranti africani a Saada – vittime due volte, prima del traffico umano e poi delle bombe – ne è l’esempio più tragico. Pagine Esteri