Da oltre due anni il Sudan è devastato da un conflitto interno che ha causato una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Secondo quanto dichiarato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), più di 4 milioni di sudanesi sono stati costretti a fuggire dal Paese dall’inizio della guerra nell’aprile 2023. L’UNHCR la definisce oggi “la peggiore crisi di sfollamento al mondo”.
“La guerra in Sudan sta entrando nel suo terzo anno e i 4 milioni di persone rifugiate rappresentano una pietra miliare devastante”, ha dichiarato Eujin Byun, portavoce dell’UNHCR, durante una conferenza stampa a Ginevra. Secondo l’agenzia dell’ONU, si tratta di una crisi senza precedenti, che si sta consumando nell’indifferenza quasi totale della comunità internazionale
Il conflitto è scoppiato tra le Forze Armate Sudanesi e le Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia paramilitare. Combattimenti feroci hanno colpito soprattutto le aree urbane e le regioni del Darfur, dove migliaia di civili sono rimasti intrappolati tra i due fronti. L’infrastruttura sanitaria è al collasso, le scuole chiuse, e la carenza di cibo e acqua ha raggiunto livelli drammatici.
Molti di questi 4 milioni di rifugiati hanno attraversato deserti e zone di conflitto attivo per cercare riparo nei Paesi confinanti. Oltre 800.000 persone hanno raggiunto il Ciad, che ora ospita uno dei maggiori insediamenti di rifugiati africani. Ma l’arrivo di queste masse disperate ha messo in ginocchio anche le già fragili capacità di accoglienza del Paese. Solo il 14% dei fondi richiesti dalle agenzie umanitarie è stato finanziato, lasciando senza assistenza milioni di persone.
Tra le storie raccolte dall’UNHCR spicca quella di una bambina di sette anni arrivata in Ciad dopo essere sopravvissuta a un attacco nel campo di sfollati di Zamzam, dove sono morti suo padre e due fratelli. La bambina ha perso una gamba e sua madre era già stata uccisa in un precedente attacco. “Nonostante il suo calvario, non piangeva. Rimaneva immobile, scioccata. L’infanzia le è stata strappata via”, ha raccontato un operatore umanitario.
Un altro rifugiato ha riferito che i miliziani hanno requisito tutti gli animali da tiro e costretto lui e altri uomini a trainare a mano i carretti con i familiari a bordo. “Abbiamo camminato per giorni senza mangiare. Le strade erano disseminate di cadaveri”, ha detto.
Le organizzazioni umanitarie operano in condizioni estreme, con risorse minime. Le tende non bastano, il cibo è razionato e l’assistenza medica è ridotta all’essenziale. Le scuole per i bambini rifugiati sono improvvisate, spesso in mezzo al nulla, e manca quasi tutto, dai materiali scolastici all’acqua potabile.
L’UNHCR e le agenzie partner chiedono un intervento urgente: non solo più fondi, ma anche pressioni politiche per fermare le violenze, proteggere i civili e garantire corridoi umanitari sicuri. Ma finora, l’attenzione globale resta concentrata su altre aree di crisi, mentre il Sudan scivola sempre più nell’oblio.
“Il mondo deve svegliarsi. Non possiamo permettere che milioni di persone vengano abbandonate alla fame, alla violenza e alla disperazione”, ha detto Byun. Pagine Esteri