“La nostra lotta non è solo ostinazione. È che stiamo cercando di esistere più a lungo, di vivere più a lungo con i nostri discendenti. Questa è la nostra preoccupazione, capisci?”, spiega Facundo, di San Antonio Cacalotepec, Cholula. “Quando non avremo più le nostre terre, quando sarà tutto asfalto, non ci sarà più acqua. E senza acqua, non c’è vita. Come vivremo, come?”

Facundo. Foto: Sofia Pontiroli

Cholula è una città dello stato di Puebla, riconosciuta in tutto il Messico per la sua cultura preispanica. La zona è ricca di sorgenti, canali e pozzi grazie all’abbondante presenza di acqua, soprattutto sotterranea: quest’acqua oggi è la principale fonte di sostentamento per molti popoli indigeni che abitano le terre di Cholula da ben prima della costituzione dello Stato messicano.

La maggior parte delle famiglie possiede un pozzo nella propria casa, scavato al momento della costruzione. Questi pozzi forniscono una costante riserva di acqua naturale, che le persone usano per bere, lavarsi, lavare i piatti, irrigare i campi, abbeverare il bestiame. “Quella che tiriamo fuori dai pozzi è acqua naturale. Chiamiamo ‘potabile’ l’acqua che ci vendono, ma quella che estraiamo dal sottosuolo è naturale.” Il vantaggio dell’acqua dei pozzi è che contiene un alto livello di minerali e nutrienti, a differenza dell’acqua potabile di tutti i giorni, che spesso contiene sostanze chimiche e contaminanti nocivi per la salute.

“L’acqua dei pozzi chiamati noria, da cui ci siamo sempre approvvigionati, è potabile. Non so però se ci siano studi recenti su quanto sia contaminata. Fino a 25 anni fa non era nemmeno necessario bollirla, ma ora la maggior parte di noi preferisce farlo prima di berla”, afferma Fortunato, di San Pedro Tlaxcalancingo.

Uno dei pozzi senz’acqua. Foto: Sofia Pontiroli

Attualmente viviamo una crisi idrica a livello mondiale. Il Messico non fa eccezione: in 7 stati, il 100% del territorio è in condizioni di siccità. Sin dagli albori dell’umanità, le popolazioni hanno scelto dove insediarsi in base alla disponibilità di acqua; e anche se sono passati secoli, oggi imprese immobiliari e governi hanno scelto il territorio di Cholula per costruire nuovi complessi residenziali. Questo sta causando lo spostamento forzato dei popoli originari e la privazione delle loro risorse.

I “Cholultecas” in resistenza contro l’urbanizzazione.

La CHUR – Cholultecas Uniti in Resistenza – è nata nel 2018, in risposta a uno sviluppo urbano creato dietro una scrivania, che non considera i popoli indigeni né le loro necessità. Attraverso la CHUR, sette popoli indigeni di San Andrés Cholula si organizzano per opporsi ai progetti immobiliari promossi dai governi municipali, statali e da imprese private, che promettono comodità per gli stranieri, ma distruggono la vita di comunità presenti sul territorio da migliaia di anni.

Membri della CHUR. Foto: Sofia Pontiroli

“Siamo un popolo benedetto, perché abbiamo ancora l’acqua dei nostri pozzi. La gente di fuori lo nota”, racconta un membro della CHUR durante una riunione generale. All’inizio degli anni ’90, il governo municipale, insieme a varie imprese immobiliari e private, ha deciso di urbanizzare il territorio, costruendo residenze ed edifici per nuovi abitanti, perlopiù messicani di altri stati in cerca di un luogo tranquillo dove vivere, ancora in contatto con la natura. Questo processo è stato lento ma costante: in pochi decenni, il territorio dei cholultecas, prima abitato solo da contadini e allevatori, è stato invaso da forestieri e impiegati, che si sono appropriati della terra e delle sue risorse.

Per molto tempo, i popoli originari hanno cercato di adattarsi, nonostante le pesanti conseguenze sulla loro vita quotidiana: perdere i terreni per le coltivazioni e gli animali; dover consumare prodotti di bassa qualità pieni di pesticidi che, con gli anni, causano malattie; respirare la polvere dei cantieri e delle auto, mezzo principale dei nuovi abitanti; e infine, la riduzione dell’acqua naturale nei pozzi, che ora richiedono scavi profondi e costosi per trovarla, spese che la maggior parte delle famiglie non può sostenere.

“L’acqua sta diventando sempre più scarsa: se non la proteggiamo e non fermiamo questo sviluppo che ci sta travolgendo, rimarremo senz’acqua. Il comune non ha infrastrutture per l’acqua potabile, non ha tubature, non ha niente. Quindi da qui si prende l’acqua anche per Puebla. Là i fiumi che prima erano pieni d’acqua ora si stanno prosciugando, e il livello si è già abbassato tanto”, commentano i membri della CHUR.

I progetti immobiliari della regione.
A partire dagli anni ’90, e in modo esponenziale nel 2000, si è cominciato a costruire quartieri residenziali in aree precedentemente occupate da comunità indigene. Questa espansione urbana mira a trasformare Cholula in una zona residenziale per le classi più agiate e per gli studenti universitari.

“Su Inmuebles24 ci sono 522 case in vendita a San Pedro Cholula.”
“Vivanuncios: 853 immobili in vendita a San Pedro Cholula.”
“Propiedades.com: 128 case in vendita a Cholula.”

Cercando su Internet, si trovano migliaia di opzioni, con frasi accattivanti come “La tua prossima casa a Puebla. A 15 minuti dalla zona industriale e solo 5 minuti dall’aeroporto”. Le agenzie immobiliari, con il sostegno dei governi municipali – la maggior parte oggi appartenente al partito Morena di Claudia Sheinbaum – costruiscono edifici e case ignorando le necessità del territorio e della popolazione, danneggiando non solo le comunità originarie, ma anche i nuovi abitanti, che comprano casa in una zona destinata a rimanere senz’acqua e risorse.

“Noi originari non veniamo presi in considerazione. Ci mettono da parte, lo fanno solo per guadagnare. Non vogliamo più che diano permessi per costruire quartieri residenziali. Pensiamo che, per non spaventare i clienti, dicano che non ci sono problemi, anzi, probabilmente raccontano meraviglie”, affermano i membri della CHUR.

Edifici costruiti accanto a una piantagione di cactus. Foto: Sofia Pontiroli.

Parlando con i consulenti delle agenzie immobiliari della zona, le affermazioni sono simili: “Sì, la zona è medio-alta o alta per quanto riguarda il livello socioeconomico, non è più tanto come la zona popolare del paese. È molto sicura, e non manca mai l’acqua”, afferma la consulente di un’agenzia immobiliare di Tlaxcalancingo.

“Questo è più un tema legato agli sviluppatori quando costruiscono le case, ma no, no, non c’è nessun problema. Va tutto bene, si vive molto bene, tutto senza problemi. Nessun problema, né con i residenti locali, né con il governo, niente”, afferma un altro consulente dell’agenzia immobiliare Brokers Real Estate.

I terreni usati per costruire, nella maggior parte dei casi, appartenevano a famiglie che, a causa delle tasse elevate e della mancanza di servizi, si sono viste costrette a venderli a prezzi bassi. In molte occasioni, queste aziende hanno usato pratiche fraudolente per appropriarsi dei terreni, lasciando i proprietari senza possibilità di rivendicare i loro diritti.

“Si diceva spesso che venivano tolti i terreni e non venivano nemmeno pagati. A volte le case erano già costruite e vendute, ma i proprietari originali non avevano mai ricevuto nulla. Li costringevano a firmare un contratto con una clausola: una volta firmato, significava che erano già stati pagati. Purtroppo, non era vero”, racconta Feliciano, di Tlaxcalancingo.

Per contrastare questi progetti immobiliari, i membri della CHUR si sono organizzati, studiando le leggi a loro tutela. Dopo aver investito tempo e risorse, sono riusciti a creare diversi programmi di sviluppo: urbano, di mobilità, ecologico, territoriale e un programma generale che li integrasse tutti. Questi sono stati presentati ai governi municipali, che hanno richiesto una revisione da parte di tre tra le più importanti università di Puebla – l’Università delle Americhe, la IBERO e la Benemerita Università Autonoma di Puebla. Sebbene le istituzioni abbiano approvato e sostenuto pienamente i programmi, il governo non ha mostrato alcun interesse a implementarli. La CHUR continua ad organizzare proteste per far sì che vengano presi in considerazione.

Le conseguenze per i cholultechi e le loro famiglie.

Feliciano e la sua famiglia sono originari di Tlaxcalancingo, Cholula. Le conseguenze dello sviluppo urbano sulle loro vite sono innumerevoli: la difficoltà ad attraversare le strade a causa del traffico dei SUV dei nuovi quartieri; l’impossibilità di percorrere i sentieri rurali, ormai coperti da edifici, per portare il bestiame; la polvere durante la stagione secca, il fango durante quella piovosa; i costi elevati per scavare pozzi profondi più di 25 metri, senza sapere se l’acqua sarà potabile; le nuove malattie dovute all’uso di pesticidi nei prodotti agricoli che prima crescevano liberi da contaminazioni.

Come se non bastasse, la gentrificazione di Cholula colpisce non solo le famiglie, ma anche la cultura e le tradizioni di una comunità sempre più schiacciata da nuovi edifici e residenti stranieri. Feliciano racconta che spesso hanno dovuto interrompere feste familiari e popolari, perché gli abitanti dei nuovi quartieri si lamentano del rumore e chiamano la polizia. Niente più musica, niente fuochi d’artificio: niente più celebrazioni, e niente più tradizioni tramandate per generazioni.

“È successo anche con la chiesa: sono venuti a chiederci di non suonare più le campane, perché fanno troppo rumore. Queste sono tradizioni che abbiamo da sempre. E quelli che vengono a chiederci di abbandonarle non sono stranieri, sono messicani di altre città.”

Anche la criminalità è aumentata con l’arrivo dei forestieri e lo sviluppo urbano. Feliciano racconta dei problemi legati a droga, tratta di persone e prostituzione. Gli abitanti si sono organizzati, senza compenso e con risorse proprie, per affrontare la delinquenza.

“Abbiamo fatto di tutto: installato telecamere, chiuso le strade. Uscivamo a fare i turni di ronda. E non è solo il fatto che non ci pagano: è anche rischioso.”

Uno dei membri della CHUR. Foto: Sofia Pontiroli.

Una lotta per l’umanità.

La ricchezza ha sempre generato arroganza: chi possiede più risorse si sente superiore e opprime gli altri. Come dice Fortunato, oggi ad avere più diritti non sono le famiglie che vivono da secoli in un territorio, ma chi ha il capitale per comprarlo. La sua famiglia, come molte altre, non può più coltivare né allevare, perché non ha più lo spazio per farlo. Così, molti membri della popolazione sono stati costretti a cambiare attività.

“Non abbiamo più bestiame o coltivazioni. Siamo riusciti a comprare altri terreni, ma abbiamo perso la tradizione agricola. Siamo vicini alla città: non so se sia una maledizione o una benedizione, perché ci ha costretti a fare altro”, dice Fortunato, sorridendo mestamente.

Facundo è di San Antonio Cacalotepec, un municipio di Cholula. È membro della CHUR e lavora come idraulico. Racconta come l’espansione urbana stia distruggendo i campi coltivati e la fauna selvatica, compresi gli axolotl, un tempo fonte di alimento tradizionale per la comunità. Anche l’inquinamento dell’aria e dell’acqua sta aumentando, deteriorando lentamente la qualità della vita di un tempo.

“Quello che stiamo facendo è difendere la nostra terra dal cambiamento climatico. Questo non sta succedendo solo in Messico. In tutto il mondo ci sono persone consapevoli che stanno cercando di cambiare le cose a livello globale. Perché? Beh, per avere un pianeta un po’ più durevole. Magari quelle persone dicono: alla fine colpisco solo una comunità. Ma non è vero. Stanno colpendo tutti, tutti, tutti”. Facundo si ferma un attimo, e con il dito indica il paesaggio. “Non si vedono alberi, non si vede nulla: hanno commesso un ecocidio”.

Nuovi edifici residenziali di Cholula. Foto: Sofia Pontiroli

La lotta dei popoli cholultechi è un esempio di resistenza contro governi e imprese private che desiderano guadagnare sempre di più, anche se distruggono culture, terre e vite.

“Non è per niente facile, ma abbiamo la consapevolezza di voler continuare a conservare la nostra terra, e siamo qui, continuiamo a lottare, finché sarà possibile”, conclude Facundo.