di Ghadir Hamadi  – L’Orient Today

Gli Accordi di Abramo, varati nel 2020 sotto l’amministrazione Trump, hanno segnato un notevole cambiamento diplomatico, stabilendo legami formali tra Israele e diversi paesi arabi e a maggioranza musulmana. Questo sviluppo ha messo in discussione decenni di consenso regionale secondo cui la normalizzazione con lo Stato ebraico dovesse essere subordinata alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Tuttavia, il processo si è interrotto dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e la guerra israeliana a Gaza che ne è seguita.

Cinque anni dopo, gli accordi rimangono un progetto controverso, in particolare tra le popolazioni arabe, mentre i leader politici israeliani e statunitensi intravedono una nuova opportunità per espandere questo processo, a pochi giorni dall’offensiva condotta da Israele contro l’Iran.

Cosa sono gli accordi di Abramo e chi li ha firmati?

Gli Accordi di Abramo sono una serie di intese che hanno stabilito la normalizzazione diplomatica tra Israele e diversi Stati arabi, a partire dagli Emirati Arabi Uniti e dal Bahrein. Annunciati tra agosto e settembre 2020 e firmati a Washington il 15 settembre 2020, gli accordi sono stati mediati dagli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump. Nei mesi successivi, anche Sudan e Marocco hanno concordato di normalizzare le relazioni con Israele.

Sono stati i primi accordi di questo tipo tra Israele e le nazioni arabe dai trattati di pace di Israele con l’Egitto nel 1979 e con la Giordania nel 1994. Gli accordi hanno avviato forme di cooperazione economica, diplomatica e di sicurezza. Nel caso del Marocco, la normalizzazione è avvenuta con il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, un territorio occupato da Rabat. Per il Sudan, ha incluso la rimozione dalla lista Usa degli stati sponsor del terrorismo e l’accesso al sostegno finanziario internazionale.

Il nome “Accordi di Abramo” è stato scelto per riflettere l’eredità comune di due delle tre religioni abramitiche: l’Ebraismo e l’Islam. Prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e della guerra israeliana a Gaza, si stava formando un forte slancio per l’espansione degli Accordi di Abramo, prima che il conflitto ne interrompesse il processo.

Chi potrebbe firmarli in futuro?

L’Arabia Saudita, da tempo considerata la chiave per una più ampia normalizzazione regionale, stava manovrando dietro le quinte all’inizio del 2023 quando ha deciso di aprire il suo spazio aereo ai voli commerciali israeliani, consentendo viaggi diretti e più rapidi tra Israele e gli Emirati e il Bahrein, firmatari degli Accordi di Abramo. Nel marzo 2023, funzionari israeliani e sauditi hanno tenuto numerosi incontri ad alto livello, tra cui colloqui di coordinamento di intelligence e sicurezza, a dimostrazione di un riavvicinamento dietro le quinte.

Tuttavia, dopo l’inizio dell’offensiva israeliana a Gaza che ha causato la morte di almeno 56.077 palestinesi e il ferimento di 131.848 fino ad oggi, quel processo si è bloccato. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha ribadito la posizione ufficiale del regno secondo cui “la normalizzazione dei rapporti con Israele deve essere collegata a una soluzione giusta e globale per la questione palestinese” – una posizione che ha sottolineato più di recente in un’intervista del gennaio 2025 ad Al Arabiya TV.

Dopo la caduta del regime di Assad, l’amministrazione Trump si aspetta anche che la Siria sia uno dei prossimi Paesi ad aderire agli Accordi di Abramo. “Quando il presidente [Trump] ha incontrato il nuovo presidente della Siria [Ahmed al-Sharaa], questa è stata una delle richieste che [Trump] ha avanzato: che la Siria firmasse gli Accordi di Abramo”, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. “Non ho una tempistica precisa, ma questa amministrazione vuole che ciò accada e i nostri partner nella regione dovrebbero saperlo”, ha concluso.

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi, ha confermato martedì che Israele è impegnato in una comunicazione diretta e quotidiana con le autorità siriane ad interim, con l’obiettivo di esplorare la normalizzazione. Hanegbi ha affermato che la Siria e il Libano sono in fase di valutazione per una futura inclusione e che qualsiasi ritiro israeliano dalle zone cuscinetto occupate sarà soggetto ad accordi definitivi. Ha chiarito, tuttavia, che Israele “non si ritirerà dall’Hermon siriano”, riferendosi alle alture del Golan siriane occupate nel 1967.

Anche l’inviato dell’amministrazione Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha lasciato intendere che ci saranno sviluppi imminenti riguardo all’adesione di altri Paesi agli Accordi di Abramo durante un’intervista rilasciata mercoledì alla CNBC. “Uno degli obiettivi principali del presidente è l’estensione degli Accordi di Abramo”, ha dichiarato alla CNBC. “Speriamo in una normalizzazione in una serie di Paesi che la gente non avrebbe mai immaginato, quindi siamo entusiasti di questa prospettiva; sarà anche un fattore di stabilizzazione in Medio Oriente”, ha aggiunto Witkoff.

“È fuori questione” che il Libano normalizzi le relazioni con Israele

Sul fronte libanese, il Ministro degli Esteri Joe Rajji ha dichiarato ad aprile che “è fuori questione per il Libano normalizzare le sue relazioni con Israele”, mentre un cessate il fuoco è entrato in vigore nel novembre 2024 dopo una guerra di 13 mesi tra Israele e Hezbollah. Ha dichiarato ciò dopo che il Ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha espresso il desiderio di “normalizzare le relazioni con il Libano” e ha menzionato i negoziati in corso, sebbene possa sembrare “prematuro dal punto di vista libanese”. “Non so cosa pensino gli israeliani, ma so cosa vogliamo noi. Vogliamo un ritiro israeliano completo e incondizionato e un ritorno al trattato di armistizio del 1949. La normalizzazione è fuori questione, e anche i colloqui politici diretti sono fuori questione e respinti”, ha sottolineato Rajji in un’intervista.

Il Qatar si oppone alla normalizzazione senza una “giusta risoluzione”

Sebbene il Qatar “si opponga fermamente alla normalizzazione senza una giusta risoluzione” del conflitto israelo-palestinese, intrattiene relazioni informali con Israele.