Pagine Esteri – Cinque attiviste e un attivista sindacali sono entrati nel carcere di Villabona per scontare una condanna a tre anni e mezzo di reclusione. È accaduto ieri a Gijon, nella regione settentrionale spagnola delle Asturie.
I sindacalisti – note come “le sei della Suiza” – si sono consegnati spontaneamente alle autorità carcerarie locali dopo che mercoledì gli è stato notificato l’ordine di carcerazione emesso dal tribunale che le ha condannate per “minacce gravi” e “ostruzione alla giustizia” al termine di un processo durato otto anni.
Dopo aver perso tutti i ricorsi, gli imputati avevano presentato nelle settimane scorse un appello al Tribunale Europeo dei Diritti Umani, mentre l’amministrazione regionale delle Asturie – formata dai socialisti e da alcuni partiti di sinistra – si è pronunciata a favore dell’indulto chiesto a gran voce da 22 organizzazioni sindacali, comprese quelle maggiormente rappresentative.
Ma il tribunale competente ha comunque ordinato l’arresto. Già all’inizio di giugno il titolare della prima corte della sezione penale di Gijon, Lino Rubio Mayo, aveva deciso di non sospendere la condanna come da richiesta della difesa e di decine di organizzazioni sindacali, sociali e politiche, perché gli imputati non avrebbero mostrato rimorso.
I fatti al centro della vicenda risalgono all’inizio del 2017, quando una lavoratrice della Pasticceria “La Suiza” di Gijon chiese supporto giuridico al sindacato CNT (Confederación Nacional del Trabajo) dopo aver denunciato le pessime condizioni di lavoro alle quali veniva da tempo sottoposta da parte del proprietario. All’epoca alla lavoratrice, incinta, venivano imposte mansioni che mettevano a rischio la gravidanza, come trasportare sacchi di farina pesanti decine di kg. Al sindacato la giovane raccontò poi anche di numerosi approcci sessuali molesti da parte del proprietario (un’accusa che però il tribunale locale decise però di archiviare). Dopo un litigio con il compagno della lavoratrice – che subito dopo decise di licenziarsi – il proprietario lo denunciò per “danneggiamenti”.
Il sindacato che rappresentava la dipendente, presente all’interno del posto di lavoro, chiese quindi al proprietario di versare degli arretrati, un risarcimento per la lavoratrice e il ritiro della denuncia nei confronti del compagno.
Di fronte al rifiuto da parte della proprietà di versare il dovuto all’ex dipendente e per denunciare le molestie sessuali e il mobbing alla quale era stata sottoposta la lavoratrice, la CNT decise di organizzare delle iniziative di informazione e l’indizione di uno sciopero. Nel corso di quest’ultimo, gli attivisti sindacali organizzarono un picchetto davanti all’ingresso dell’impianto di lavorazione. Il proprietario denunciò i sei attivisti sindacali ottenendo il sostegno del tribunale che nel 2021 emise la condanna a tre anni e mezzo di reclusione oltre che al pagamento di consistenti multe, confermati poi nei successivi gradi di giudizio.
A favore dei sei processati negli ultimi anni si sono tenute manifestazioni di diverso tipo in tutto il paese. Lo scorso 29 giugno più di ottomila persone, arrivate dalle Asturie ma anche dalle regioni limitrofe, hanno protestato contro le condanne a Gijon, al grido di “Fare sindacalismo non è reato”.
I promotori della manifestazione hanno denunciato l’assurdità della condanna. Il giudice Lino Rubio Mayo ha infatti considerato “minacce gravi” la mobilitazione sindacale contro il proprietario dell’attività economica, condannando gli imputati a due anni di carcere, ma ha aggiunto un altro anno e mezzo di reclusione considerando il tentativo di arrivare ad un accordo da parte della CNT – obiettivo naturale e legittimo di ogni conflitto sindacale – una forma di “ostruzione alla giustizia”. Per questo le varie mobilitazioni organizzate finora hanno bollato la decisione del tribunale come “un attacco intollerabile alle libertà sindacali e democratiche” e “un precedente gravissimo che apre la strada alla repressione nei confronti delle legittime proteste della classe lavoratrice”.
Il magistrato in questione è lo stesso che nel 2005 condannò i sindacalisti Cándido e Morala, attivisti della Corrente Sindacale di Sinistra, una vicenda che ispirò lo straordinario film “Los lunes al sol” diretto da Fernando León de Aranoa.
Secondo Rubio Mayo, la campagna della CNT obbligò il proprietario a vendere l’attività. In realtà è noto che la proprietà aveva messo in vendita “La Suiza” già un anno prima dell’inizio del conflitto con l’organizzazione sindacale.
Le condannate sono una veterinaria, un’artista, un’assistente sociale, una lavoratrice dei trasporti e un’impiegata nella ristorazione, mentre l’unico uomo è un docente.
A loro favore si sono tenute ieri sera nuove mobilitazioni in tutta la Spagna e altre sono state indette per oggi, mentre anche alcuni membri del governo spagnolo hanno reso nota l’intenzione di associarsi alla richiesta di indulto. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria