Pagine Esteri – Non passa giorno senza che i droni e i missili russi non si abbattano sulle infrastrutture e sui quartieri delle città ucraine, negli ultimi giorni di nuovo anche a ovest, provocando un numero crescente di vittime non solo militari.

La scorsa settimana le Nazioni Unite hanno certificato che a giugno si è già registrato il numero più alto di vittime civili mensili da quando il paese è stato invaso dalla Federazione Russa nel febbraio del 2022.

La “Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina” (HRMMU) ha conteggiato 232 morti e 1.343 feriti, confermando il «peggioramento della tendenza di quest’anno», con 6.754 civili uccisi o feriti nei primi sei mesi dell’anno e un aumento del 54% rispetto allo stesso periodo del 2024. Dall’invasione la missione dell’ONU ha documentato la morte di 13.580 civili, tra cui 716 bambini.

Rispetto al giugno dell’anno scorso, gli attacchi missilistici contro Kiev sono stati dieci volte superiori, e nessuna regione è stata risparmiata. Luglio sembra seguire la stessa tendenza.

Mosca intensifica il numero e la portata degli attacchi contro le città nel tentativo di costringere Kiev alla resa. Da parte sua l’Ucraina continua a colpire all’interno del territorio russo, sperando di convincere l’opinione pubblica della Federazione che il costo della guerra è troppo alto da sostenere. La scorsa notte Kiev ha sferrato un massiccio attacco, arrivando a colpire con i droni non solo Mosca ma anche San Pietroburgo,

Il presidente Zelensky ha da tempo trasformato in un vero e proprio mantra la sua richiesta all’occidente di armi in grado di colpire in profondità il territorio russo, ricevendo però solo in parte ciò che chiede.

L’elezione di Donald Trump, interessato ad un appeasement con Vladimir Putin, ha negli ultimi mesi parzialmente interrotto i rifornimenti anche solo di armi difensive, che gli europei riescono a inviare in quantità insufficienti.

L’armata russa ne ha approfittato per avanzare in diversi oblast ucraini, conquistando anche nelle ultime settimane vari villaggi e cittadine. Secondo gli analisti, negli ultimi tre mesi Mosca si sarebbe presa altri 1.415 km quadrati di territorio ucraino.

Negli ultimi giorni però il tycoon sembra averci ripensato, “deluso” dall’inconcludenza dei tentativi di convincere Putin ad arrivare ad un compromesso, annunciando l’invio a Kiev di alcune batterie di missili intercettori Patriot e minacciando di imporre alla Russia e ai suoi principali partner commerciali dazi secondari del 100% se non si raggiungerà un accordo di pace entro i prossimi “50 giorni”. I paesi più a rischio sono sicuramente Cina e India, che hanno incrementato negli ultimi anni l’acquisto di petrolio e gas russi.

Trump ha convinto alcuni paesi europei – Germania in testa – non solo ad aumentare in maniera spropositata le spese militari (l’obiettivo è il 5%) ma anche ad acquistare stock crescenti di armi e munizioni made in Usa, senza preoccuparsi di nascondere che la mossa garantirà a Washington profitti stellari.

I paesi europei acquisteranno delle batterie di Patriot dagli Stati Uniti – ognuna delle quali costa quasi un miliardo di euro – per poi cederle a Kiev, le stesse che Washington aveva affermato di non poter fornire all’alleato per non sguarnire eccessivamente i propri arsenali.

Inoltre il Pentagono valuta la fornitura all’Ucraina di un certo quantitativo di missili a lungo raggio – pagati sempre dai paesi europei – in grado di colpire il cuore della Russia. «Per noi sarà un grande affare» si è vantato il tycoon.


Le nuove armi (ammesso che arrivino a destinazione nelle quantità e nei tempi previsti) non cambieranno le sorti della guerra. I martellanti bombardamenti russi provocano danni ingenti alle infrastrutture militari – aeroporti, basi, vie di comunicazione, depositi – mentre Kiev ha a disposizione truppe sempre più esigue, stanche e demotivate.

Le minacce di Trump – rispedite al mittente da Mosca – mirano probabilmente a convincere Putin a rinunciare all’offensiva estiva che potrebbe bucare le difese ucraine in più punti. Le truppe russe sembrano puntare, in molti casi, alla conquista di aree ricche di giacimenti di litio e di altri elementi rari, il cui accaparramento è fondamentale nella sempre più accesa competizione internazionale tra potenze. Non a caso Trump ha subordinato nei mesi scorsi i propri aiuti a Kiev all’ottenimento di diritti privilegiati di sfruttamento delle terre rare presenti nel sottosuolo del paese.

Nel frattempo la nuova tattica americana ha ulteriormente approfondito la soggezione e la dipendenza europea dall’industria militare statunitense. Non a caso la Francia, da sempre desiderosa di difendere le sue ambizioni militari ed economiche, ha fatto sapere che non parteciperà alla nuova iniziativa europea per la fornitura all’Ucraina di sistemi d’arma statunitensi.

Da parte sua Zelensky spera che l’aumento dei rifornimenti bellici annunciati lunedì da Trump non sia l’ennesima boutade e si dedica ora a corteggiare Washington. Sembrano passati secoli da quando Trump e i suoi ministri parlavano di lui definendolo “un ostacolo alla pace”, “un dittatore e un comico mediocre” ecc. Ora è Putin a “deludere” il volubile tycoon.

E Zelensky sembra volerne approfittare, regalando ai propri partner d’oltreoceano il secondo rimpasto di governo nel giro di dieci mesi.
«L‘Ucraina ha bisogno di dinamiche più positive nei rapporti con gli Stati Uniti» ha chiarito il presidente ucraino senza troppi giri di parole.

Il dimissionato premier Denys Shmyal, in carica ormai dal 2020, dovrebbe essere sostituito dall’attuale vicepremier e ministra dell’Economia, Yulia Svyrydenko, ritenuta molto vicina a Washington e in particolare ai Repubblicani, quindi particolarmente gradita a Trump. D’altronde è stata lei a “mediare” l’accordo tra Ucraina e Stati Uniti sulle terre rare, più che vantaggioso per gli americani.

L’ex premier dovrebbe andare alla Difesa. Contestualmente, Oksana Markarova, invisa al tycoon perché considerata troppo vicina ai democratici americani, verrà rimossa dal suo incarico di ambasciatrice ucraina a Washington. Al suo posto andrà l’attuale ministro della Difesa Rustem Umerov, oggetto di polemiche perché la sua famiglia vive ormai da tempo in Florida, negli Stati Uniti.

Il Kyiv Independent, il più importante media indipendente in lingua inglese dell’Ucraina, ha pubblicato un editoriale che mette in guardia da una pericolosa deriva autoritaria nel paese, puntando il dito contro il presidente Zelensky. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria