Mentre a Gaza almeno 69 bambini sono già morti di fame e la popolazione intera è a rischio carestia, a duemila chilometri di distanza, in un magazzino di Dubai, quasi 500 tonnellate di cibo d’emergenza stanno per essere incenerite per ordine dell’amministrazione Trump. È quanto rivela un’inchiesta della giornalista Hana Kiros pubblicata il 14 luglio 2025 dalla rivista statunitense The Atlantic.
Si tratta di biscotti altamente energetici e ricchi di nutrienti, acquistati dall’agenzia governativa USAID con circa 800.000 dollari di fondi pubblici verso la fine dell’amministrazione Biden. Ogni singolo biscotto è pensato per fornire ai bambini sotto i cinque anni tutti i nutrienti essenziali in situazioni estreme, come guerre o disastri naturali. Secondo le fonti citate da The Atlantic, queste razioni sarebbero state sufficienti a sfamare 1,5 milioni di bambini per una settimana.
Ma da gennaio 2025, con l’arrivo della nuova amministrazione Trump, un ordine esecutivo ha bloccato quasi completamente l’assistenza straniera americana. Nonostante i ripetuti appelli interni da parte del personale di carriera dell’USAID, nessuna autorizzazione è stata concessa per distribuire il cibo, destinato originariamente ai bambini in Afghanistan e Pakistan.
La paralisi burocratica è il risultato diretto della riorganizzazione dell’agenzia sotto il Dipartimento per l’efficienza del governo di Elon Musk, che ha sciolto formalmente l’USAID. Oggi, nessuna spedizione può partire senza l’approvazione dei nuovi vertici dell’assistenza estera. Tra gennaio e aprile, la responsabilità è stata affidata a Pete Marocco, seguito poi da Jeremy Lewin, un giovane laureato in giurisprudenza che oggi detiene incarichi sia all’USAID che al Dipartimento di Stato. Secondo i dipendenti citati, i promemoria interni con le richieste per spostare il cibo non hanno mai ricevuto risposta. Lo stesso Dipartimento di Stato non ha fornito spiegazioni sul motivo per cui il cibo non sia stato distribuito.
Eppure, come sottolinea l’articolo, altri Paesi in emergenza avrebbero potuto beneficiarne. Il Sudan, ad esempio, oggi attraversa la peggiore carestia degli ultimi decenni. Invece, le razioni conservate a Dubai si avvicinano alla scadenza, dopo la quale inizieranno a deteriorarsi. Una volta superata la data limite, le leggi degli Emirati Arabi Uniti impediscono persino di riutilizzarle come mangime per animali.
Il processo di distruzione, riferisce The Atlantic, costerà 130.000 dollari aggiuntivi ai contribuenti americani. «In decenni di carriera negli aiuti umanitari non ho mai visto così tanto cibo gettato», ha dichiarato un attuale membro dello staff dell’USAID. Normalmente, perdite di questo tipo si verificano in casi di disastri o attacchi, ma mai per una scelta deliberata di rinuncia, evidenzia il reportage.
Il Segretario di Stato Marco Rubio, a maggio, aveva promesso al Congresso che avrebbe garantito la distribuzione delle razioni prima della scadenza. Ma, come rivelano i documenti ottenuti da Kiros, l’ordine di incenerire il cibo era già stato emesso.
Nel frattempo, secondo l’emittente NPR, l’amministrazione ha tagliato tutti gli aiuti umanitari ad Afghanistan e Yemen, giustificando la decisione con il timore che potessero “favorire i terroristi”. Ma non è stata fornita nessuna motivazione per il mancato invio di aiuti al Pakistan. Gaza, dove la fame è ormai una condizione sistemica, non è nemmeno menzionata.
Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) può oggi sostenere solo un afgano su dieci tra quelli in urgente bisogno. A livello globale, si stima che 58 milioni di persone siano a rischio di fame estrema o morte per mancanza di cibo, proprio per l’insufficienza di fondi. Eppure, il cibo che avrebbe potuto aiutarli è stato lasciato marcire in magazzino.
Secondo i calcoli di un dipendente dell’USAID, il carico in via di distruzione sarebbe bastato a soddisfare il fabbisogno nutrizionale settimanale di ogni bambino affamato a Gaza.
E non finisce qui. Nei magazzini americani, riferisce ancora The Atlantic, giacciono centinaia di migliaia di scatole di alimenti di emergenza — tra cui paste, piselli, cereali, olio — già acquistati e mai spediti. Solo nel magazzino di Gibuti, destinato ai Paesi del Corno d’Africa, erano presenti a gennaio oltre 36.000 libbre di prodotti, ma secondo ex funzionari, poco o nulla si è mosso fino a tempi recenti.
La macchina degli aiuti, oggi, è in panne. Le società americane che producono alimenti per l’emergenza non ricevono più ordini, né sanno come spedire quelli già venduti al governo. Anche se l’amministrazione decidesse domani di riattivare i programmi, non ha più il personale né le strutture per garantire la consegna. Pagine Esteri