La Francia ha deciso: a settembre, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riconoscerà ufficialmente uno Stato palestinese indipendente. L’annuncio è arrivato ieri sera dal presidente Emmanuel Macron, in un momento di profonda tensione internazionale, con la Striscia di Gaza devastata da quasi 22 mesi di offensiva militare israeliana (quasi 60mila morti) e dalla carestia sempre più diffusa. Si tratta di una svolta di portata storica: la Francia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e potenza in Europa, diventa il primo Stato del G7 a fare un passo di questa natura. La decisione è accolta con entusiasmo nei Territori palestinesi occupati e in buona parte del mondo arabo, ma con grande rabbia da Israele.
Tel Aviv che è consapevole del peso politico e diplomatico della Francia non solo in Europa ora teme un effetto domino. Si guarda infatti al governo di Londra, stretto alleato di Israele, ma soggetto a forti pressioni interne per fare di più per la Palestina e i palestinesi. Secondo il primo ministro israeliano Netanyahu il passo francese “premia il terrorismo”. Uno Stato palestinese, ha aggiunto, si rivelerebbe “una rampa di lancio per annientare Israele, non per vivere in pace al suo fianco”. Il ministro della Difesa Israel Katz ha parlato di “atto ostile” e di “colpo alle relazioni bilaterali” tra Francia e Israele e Gerusalemme non esclude il richiamo dell’ambasciatore da Parigi e la sospensione di alcuni progetti congiunti in campo tecnologico e della difesa.
Diversi membri della coalizione di governo hanno invocato l’annessione immediata a Israele della Cisgiordania palestinese trasformando il voto dell’altro giorno della Knesset, sostanzialmente simbolico in quella direzione, in un atto concreto.
Netanyahu si affida alla reazione degli alleati americani. Il segretario di stato Marco Rubio ha già scritto sui social che Washington “respinge fermamente” il piano francese perché, a suo dire, alimenta la propaganda di Hamas. Grande la soddisfazione in queste ore dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) del presidente Mahmoud Abbas che, a torto o a ragione, vede rilanciato il suo ruolo e accresciuta la sua scarsa visibilità. Un grazie è giunto da Hamas che ha giudicato la mossa di Parigi un esempio della presa di coscienza globale della condizione palestinese. Mettendo da parte la storica opposizione ai negoziati con Israele, Hamas ha definito la decisione di Macron “un passo nella giusta direzione”, auspicando che essa “non resti un simbolo, ma apra la strada al sostegno concreto per i diritti dei palestinesi”.
La mossa francese si colloca in un contesto segnato da un profondo stallo diplomatico. La cosiddetta “soluzione dei due Stati” è minacciata più che mai dall’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania, dall’assedio su Gaza e dall’erosione progressiva del diritto internazionale. Macron ha giustificato il riconoscimento come “un atto di giustizia e di coerenza”, dichiarando che “non possiamo più aspettare che le condizioni siano perfette per agire. La realtà sul terreno peggiora ogni giorno”. Il presidente francese ha anche indicato che la decisione è parte di una strategia più ampia che prevede un’iniziativa diplomatica multilaterale a guida francese e saudita, il 28 e 28 luglio con il coinvolgimento dell’ONU, per rilanciare un processo negoziale entro la fine dell’anno.
La polarizzazione non si è limitata alla dimensione internazionale. Anche all’interno dell’arena politica francese il gesto ha suscitato forti divisioni. Il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif) ha parlato di “scelta pericolosa e moralmente inaccettabile”, mentre l’estrema destra di Jordan Bardella, leader del Rassemblement National, ha accusato Macron di “strumentalizzare il conflitto per ragioni politiche interne”. Di segno opposto le reazioni della sinistra: Jean-Luc Mélenchon ha definito il riconoscimento “una vittoria morale per il popolo palestinese” e ha chiesto che siano presi provvedimenti anche contro le aziende francesi che operano negli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania.
Il gesto francese potrebbe avere riflessi immediati in Europa. La Spagna, che ha già riconosciuto lo Stato di Palestina nel maggio 2024 insieme a Irlanda, Norvegia e Slovenia, ha salutato positivamente l’iniziativa. Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha detto che “la Francia rafforza la credibilità dell’Europa nel sostenere la legalità internazionale”. Fonti diplomatiche a Bruxelles riferiscono che sono in corso colloqui tra Parigi, Roma, Berlino e Varsavia per una possibile dichiarazione comune in autunno.
Sul fronte opposto, l’Amministrazione Trump resta ferma nella sua posizione nettamente contraria al riconoscimento dello Stato palestinese e di sostegno incondizionato a Israele. L’amministrazione Trump – che ha già ridotto al minimo i rapporti con l’ANP e continua ad appoggiare le operazioni militari israeliane – ha avvertito che il gesto francese rischia di “compromettere ogni possibilità di dialogo” e che “Washington non sosterrà nessuna iniziativa che legittimi Hamas”.
Quali effetti concreti potrà produrre questa decisione? La creazione di uno Stato palestinese, per ora, rimane una realtà giuridica incompleta: esiste de jure per oltre 140 Stati membri dell’ONU, ma non esiste de facto. Non ha confini, né un controllo effettivo del territorio. Allo stesso tempo il riconoscimento francese rafforza la posizione palestinese, la legittima nei consessi internazionali, e rende più difficile per Israele continuare a presentare l’oppressione del popolo palestinese come un semplice problema di sicurezza.