Il vertice della Celac
È stato convocato ieri, 1° settembre, un vertice straordinario dei ministri degli Esteri della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC), la cui presidenza pro-tempore è attualmente esercitata dalla Colombia. L’incontro si è svolto in formato virtuale e avrà l’obiettivo di permettere agli Stati membri di scambiare “punti di vista e riflessioni sulla congiuntura regionale, in un quadro di rispetto dei principi del diritto internazionale, della sovranità degli Stati, della cooperazione e dell’integrazione che sostengono la CELAC come forum di unità politica e concertazione”.
Come unico punto all’ordine del giorno c’era “una riflessione regionale ampia e profonda sulla preservazione della sovranità, dell’indipendenza politica e dell’integrità territoriale degli Stati membri, il fermo rifiuto di qualsiasi forma di ingerenza esterna che influisca sulla stabilità e sulla pace nella regione, e la riaffermazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace e Cooperazione”.
Al centro vi sono, infatti, le preoccupazioni suscitate, nei diversi paesi che compongono l’organismo internazionale, dal recente dispiegamento militare degli Stati Uniti nei Caraibi e le implicazioni che può avere per la regione, che dal 2014 è stata dichiarata Zona di Pace in un vertice realizzato a Cuba. Da allora, però, con il ritorno a destra di vari governi latinoamericani, che animavano altre istituzioni sud-sud più orientate all’integrazione regionale, molte cose sono cambiate. Diversi paesi, sia latinoamericani che caraibici (come l’Argentina o Trinidad e Tobago), stanno dando pieno appoggio alle politiche di Trump, rappresentate dall’ossessione del Segretario di Stato, Marco Rubio, contro Cuba, Venezuela, Nicaragua. Il governo statunitense ha aumentato fino a 50 milioni di dollari la taglia sulla testa del presidente venezuelano, Nicolas Maduro, accusandolo di essere a capo di un cartello narcotrafficante (il Cartel de los Soles), dichiarata un’organizzazione terrorista. Un’organizzazione inesistente, rispondono gli analisti internazionali, basandosi anche sui dati delle stesse organizzazioni antidroga. Per questo, attivisti di oltre 80 paesi hanno manifestato con lo slogan: “Il Venezuela non è una minaccia, ma una speranza”, e i rappresentanti diplomatici della Repubblica bolivariana hanno inviato lettere di protesta a tutti gli organismi internazionali, a cominciare dall’Onu.
Cina-America latina
Il 31 agosto, nella città cinese di Tianjin, è iniziata la 25ª riunione del Consiglio dei Capi di Stato dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS). Il vertice di due giorni tratterà temi economici e di sicurezza globale, legati allo sviluppo dei legami commerciali, ai corridoi di trasporto e all’articolazione dei progetti nazionali con l’Iniziativa della Via della Seta (Belt and Road Initiative). In particolare, si discuterà della creazione della Banca di Sviluppo dell’OCS e dell’ampliamento dell’unione interbancaria dell’organizzazione. Passi che dovrebbero permettere di accelerare la formazione di un’infrastruttura di pagamenti e di passare a transazioni più attive in valute nazionali. Sarà il vertice più grande dalla creazione dell’organizzazione internazionale, fondata nel 2001. Ne fanno parte Kazakistan, Kirghizistan, Cina, Russia, Tagikistan e Uzbekistan (dal 2001), India e Pakistan (dal 2017), Iran (dal 2023) e Bielorussia (dal 2024). I Paesi membri dell’OCS rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e più del 30% del PIL globale. All’evento partecipano leader di oltre 20 Paesi, fra i quali il presidente della Cina, Xi Jinping, quello della Russia, Vladimir Putin, il primo ministro dell’India, Narendra Modi e il presidente dell’Iran, Masoud Pezeshkian, e il capo del governo del Vietnam, Pham Minh Chinh. Inoltre, sono stati invitati dirigenti di 10 organizzazioni internazionali, tra cui il segretario generale dell’ONU, António Guterres, oltre a rappresentanti della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), dell’Unione Economica Euroasiatica (UEE), dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (ASEAN), dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), della Lega Araba e di altri raggruppamenti.
L’America latina non è direttamente riguardata dall’evento, però molti dirigenti latinoamericani, come il presidente del parlamento venezuelano, Jorge Rodríguez, che è anche il capo negoziatore di Maduro nei dialoghi con gli Usa, sono già nel paese, per svolgere incontri bilaterali e partecipare alle celebrazioni per il Giorno della Vittoria, che si terranno il 3 settembre. In quella data, la Repubblica popolare cinese ricorda 80º anniversario della vittoria nella guerra di resistenza contro l’aggressione imperialista giapponese e nella guerra mondiale antifascista, e commemora il sacrificio di oltre 35 milioni di cinesi.
I Brics espandono la loro presenza nel Latinoamerica
L’Uruguay, tornato a un governo progressista, è diventato il 29º Paese a unirsi alla cooperazione con TV BRICS. Nella regione dell’America Latina e dei Caraibi, collaborano con il network internazionale anche i media di Argentina, Venezuela, Cuba, Messico e Cile. Brics Tv amplia così la sua presenza informativa nella regione dell’America Latina. Il primo partner del network mediatico in questo Paese è stato il giornale digitale socio-politico Diario la R, di proprietà di Grupo R Multimedio. In questo modo, l’Uruguay avrà accesso diretto a informazioni aggiornate sulle attività dei Paesi membri e partner dei BRICS e potrà promuovere la propria agenda nel panorama mediatico internazionale. Diario la R è l’unico giornale digitale gratuito dell’Uruguay. È presente sul mercato dei media da oltre 35 anni ed è stato pubblicato inizialmente con il nome di La República. La sua sede si trova nella capitale, Montevideo. Il giornale pubblica notizie nazionali e internazionali, articoli analitici e opinioni di esperti su temi socio-politici.
Cina e Brasile rafforzano il coordinamento nei Brics
Giovedì 29 agosto, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo brasiliano, Mauro Vieira, a cui ha espresso la disponibilità del suo Paese a intensificare il coordinamento con il Brasile e con gli altri paesi del gruppo per “resistere all’unilateralismo e all’intimidazione”. Al contempo, il ministro della Pianificazione e del Bilancio del Brasile, Simone Tebet, ha dichiarato che nell’attuale scenario di incertezza, “i Brics non sono il problema, ma parte della soluzione” per il suo Paese. In tal senso, ha precisato che il Brasile sta rafforzando i suoi legami con la Cina e con il gruppo Brics come risposta strategica alle sanzioni imposte dagli Stati uniti.
Questa posizione emerge dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha imposto un dazio del 50% sui prodotti brasiliani, una misura vista come ritorsione per il processo giudiziario che l’ex presidente Jair Bolsonaro sta affrontando presso la Corte Suprema del Brasile. In questo contesto, un giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, è stato sanzionato con la Legge Magnitsky dagli Stati Uniti, il che ha comportato il blocco dei suoi conti.
Tebet ha sottolineato la necessità di diversificare il commercio, evidenziando che la dipendenza commerciale del Brasile dall’Asia è già quasi del 50%, contro il 10% verso gli Stati Uniti. Ha anche menzionato che la sconfitta di Trump nel 2020 ha permesso al Brasile di ridurre la sua dipendenza dagli Stati uniti e rafforzare le sue esportazioni verso il Sud America. Dal 1974, le diplomazie di Cina e Brasile hanno costruito “una relazione basata sul rispetto, la fiducia e l’ottenimento di benefici per entrambe le società”. La Cina è il principale partner commerciale del Brasile dal 2009 ed è stata una delle fonti più importanti di investimento straniero nel Paese.
In risposta ai dazi del 50% che il governo di Donald Trump ha imposto sui prodotti brasiliani, il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha dato il via libera alle consultazioni per implementare la Legge di Reciprocità contro gli Stati Uniti (USA). L’obiettivo della misura è analizzare potenziali contromisure economiche di fronte a quella che il Paese sudamericano considera un’azione unilaterale e dannosa per le sue esportazioni.
Lula, che ha ricevuto il suo omologo panamense, José Raúl Mulino, in una conferenza congiunta con quest’ultimo, ha annunciato la sua adesione al protocollo del Trattato di Neutralità del Canale di Panama. Lula è il primo capo di Stato di una delle potenze economiche globali a manifestare il suo sostegno alla sovranità panamense. La questione del Canale, i progetti di privatizzazione dei porti, il contrasto degli Usa alla Cina, e le misure neoliberiste contro il sistema pubblico sono da mesi oggetto della più grande ondata di proteste degli ultimi decenni che scuote Panama.