Una corte federale ha inflitto martedì un duro colpo all’amministrazione Trump, stabilendo che il presidente ha agito in modo illegittimo quando ha invocato una legge di oltre due secoli fa, la Alien Enemies Act del 1798, per espellere con procedure accelerate migranti venezuelani accusati di appartenere alla gang criminale Tren de Aragua. Con una decisione divisa 2-1, il collegio di giudici della Corte d’Appello del Quinto Circuito, con sede a New Orleans, ha stabilito che la presenza negli Stati Uniti di presunti membri del gruppo non equivale a un’invasione né a un’incursione militare, condizioni che i legislatori avevano in mente nel redigere lo statuto.
La decisione, arrivata da una delle corti d’appello più conservatrici del Paese, è considerata la più significativa tra le numerose sentenze che hanno respinto l’uso della legge da parte di Trump e viene vista come il passaggio che porterà con ogni probabilità la questione fino alla Corte Suprema.
Il giudice Leslie H. Southwick, nominato da George W. Bush, ha scritto l’opinione di maggioranza, sottolineando che, pur avendo il governo di Caracas favorito l’ingresso illegale di alcuni cittadini negli Stati Uniti per compiere attività criminali, questo non può essere equiparato a un conflitto armato. “Il fatto che un Paese incoraggi i propri residenti a entrare illegalmente negli Stati Uniti non equivale all’invio di una forza armata organizzata per occupare o danneggiare la nazione”, ha affermato Southwick. Al suo fianco si è schierata la giudice Irma Carrillo Ramirez, nominata da Joe Biden.
In dissenso, il giudice Andrew S. Oldham, scelto da Trump, ha accusato i colleghi di “mettere in discussione le prerogative presidenziali” e di violare oltre due secoli di precedenti giuridici. Secondo lui, la sentenza rischia di trasformare i magistrati in “crociati in toga” pronti a sostituirsi al comandante in capo nelle decisioni di sicurezza nazionale.
Trump aveva dichiarato Tren de Aragua organizzazione terroristica straniera a gennaio e, due mesi più tardi, aveva invocato la Alien Enemies Act per deportare 137 persone accusate di farne parte, inviandole in una prigione di massima sicurezza in El Salvador. Tuttavia, l’intelligence statunitense stessa ha messo in dubbio la narrativa dell’“invasione”, mentre gli avvocati dei migranti hanno contestato la qualificazione dei loro assistiti come membri della gang. Più di 250 deportati, inizialmente trasferiti a El Salvador, sono poi stati rilasciati e rimpatriati in Venezuela.
Per l’American Civil Liberties Union, che ha rappresentato alcuni dei migranti detenuti in Texas, la decisione del Quinto Circuito è una vittoria importante. “Il tentativo dell’amministrazione Trump di usare uno statuto di guerra in tempo di pace per scopi migratori è stato giustamente fermato dalla corte”, ha dichiarato l’avvocato Lee Gelernt, sottolineando che nemmeno il presidente può dichiarare emergenze a piacimento.
La Casa Bianca non ha commentato, mentre il Dipartimento di Giustizia potrà ora chiedere una revisione della sentenza all’intero collegio del Quinto Circuito o portare direttamente la questione davanti alla Corte Suprema, che si era già espressa in una fase preliminare.
Il caso ha avuto sviluppi tumultuosi negli ultimi mesi. Dopo che la Corte Suprema, in aprile, aveva stabilito che i migranti potevano contestare la loro espulsione nei tribunali dei distretti in cui erano detenuti, le autorità hanno trasferito decine di venezuelani in un centro in Texas dove un solo giudice federale, noto per posizioni conservatrici, era competente. Questi ha rifiutato di sospendere le deportazioni, spianando la strada a un’operazione rapidissima che avrebbe potuto privare i migranti del diritto di difesa. Solo un intervento notturno della Corte Suprema ha temporaneamente bloccato i rimpatri, rimandando la questione al Quinto Circuito.
Martedì i giudici hanno anche affrontato il tema dei tempi di preavviso concessi ai migranti per presentare ricorso. Hanno confermato la validità del limite minimo di sette giorni previsto dal governo, rimandando però al tribunale di primo grado la possibilità di estendere il periodo. La giudice Ramirez, in parziale dissenso, avrebbe voluto che la legge imponesse almeno 21 giorni.
La vicenda resta quindi aperta e potrebbe avere un impatto decisivo sul futuro delle politiche migratorie di Trump. Se, come molti prevedono, la questione arriverà alla Corte Suprema, sarà quel collegio a dover stabilire se la Alien Enemies Act, usata solo durante la Guerra del 1812 e i due conflitti mondiali, possa davvero diventare uno strumento di gestione dell’immigrazione nel XXI secolo. Pagine Esteri