Le autorità della Repubblica Democratica del Congo hanno dichiarato un nuovo focolaio di Ebola nella provincia sud-centrale del Kasai, al confine con l’Angola. Al 4 settembre 2025 risultano 28 casi sospetti e almeno 16 decessi, tra cui quattro operatori sanitari. La conferma è arrivata dopo le analisi condotte all’Istituto nazionale di ricerca biomedica di Kinshasa, che hanno identificato il ceppo responsabile: Ebola Zaire, la forma più letale del virus.

L’epidemia si concentra nelle zone sanitarie di Bulape e Mweka, dove i pazienti presentavano sintomi come febbre alta, vomito, diarrea ed emorragie interne ed esterne. Alcuni dei casi sospetti riguardano proprio personale medico, segnale della vulnerabilità degli operatori che si trovano in prima linea.

Il Congo non è nuovo a simili emergenze. Dal 1976, anno della prima identificazione del virus, il Paese ha affrontato 15 focolai, l’ultimo dei quali nel 2022 nella provincia nordoccidentale dell’Équateur. Quell’epidemia fu contenuta in meno di tre mesi grazie a un intervento rapido e coordinato. Nella regione del Kasai, invece, gli ultimi precedenti risalgono al 2007 e al 2008.

Questa volta le autorità hanno attivato immediatamente una squadra nazionale di risposta rapida, affiancata da esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità in epidemiologia, gestione dei casi, controllo delle infezioni e analisi di laboratorio. Al team si sono aggiunti specialisti provinciali nella comunicazione del rischio, incaricati di raggiungere le comunità locali e diffondere messaggi di prevenzione in un’area dove, in passato, la diffidenza verso i sanitari ha rappresentato un ostacolo critico. “Stiamo agendo con determinazione per fermare la diffusione del virus e proteggere le comunità”, ha dichiarato Mohamed Janabi, direttore regionale per l’Africa dell’Oms. “Grazie all’esperienza accumulata, stiamo lavorando a stretto contatto con le autorità congolesi per potenziare le misure di contenimento e porre fine all’epidemia al più presto”.

A differenza di altre aree colpite in passato, il Congo dispone oggi di risorse che possono fare la differenza. Sono state infatti predisposte duemila dosi del vaccino Ervebo, specifico contro Ebola Zaire, che saranno trasferite da Kinshasa al Kasai per proteggere operatori sanitari e contatti a rischio. A ciò si aggiunge una scorta di trattamenti accumulata grazie ai precedenti focolai.

L’Ebola resta una delle malattie più temute per il suo alto tasso di mortalità, che può raggiungere il 50% dei casi. Si trasmette dagli animali all’uomo, soprattutto attraverso i pipistrelli della frutta ritenuti serbatoio naturale del virus, e si diffonde poi da persona a persona mediante il contatto con sangue, fluidi corporei o oggetti contaminati. Anche i riti funebri tradizionali, che prevedono il contatto diretto con i defunti, rappresentano un fattore di rischio.

Il contesto in cui esplode l’epidemia rende la risposta ancora più delicata. La provincia del Kasai è stata teatro di conflitti etnici e violenze che, nel 2017, hanno provocato lo sfollamento di oltre un milione di persone. La fragilità sociale e politica della regione potrebbe ostacolare gli sforzi per contenere il virus, aumentando il pericolo di una crisi sanitaria e umanitaria più ampia. La velocità con cui saranno attuate le misure di sorveglianza, cura e vaccinazione sarà dunque determinante. Pagine Esteri