Le denunce di molestie sessuali e di discriminazione di genere nell’ufficio dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) a Bogotá sono emerse attraverso il lavoro della giornalista e avvocata colombiana Ana Bejarano, esperta nella difesa delle vittime di violenza di genere. La questione coinvolge alcune dipendenti dell’agenzia e il funzionario Mario Beccia, che è stato accusato di comportamenti sessisti sul lavoro. Abbiamo raggiunto Ana Bejarano, che ci ha raccontato come ha scoperto la vicenda: “Una delle fonti mi ha cercato, perché ho seguito molte storie in cui si denunciavano abusi e violenze di genere, quindi una delle fonti conosceva il mio percorso e mi ha cercata, tenendo anche in conto che sono avvocata e difendo questo tipo di casi; questo ha aiutato, credo, a far sentire fiducia in me. Penso che sia un caso difficile, me ne sono resa conto parlando con le donne e con le persone che hanno segnalato gli episodi, difficile ma anche molto normale nel replicare schemi di molestie sul posto di lavoro. Anche se comune l’importante è poter denunciare questo tipo di situazioni affinché smettano di essere normalizzate”.

Abbiamo ascoltato anche il racconto di alcune de funzionarie e collaboratrici dell’agenzia, che hanno descritto un ambiente di lavoro ostile, dove Beccia avrebbe rivolto commenti sessisti come “Mi piace quella camicia che indossi”, “Ho una debolezza per le donne con la coda di cavallo”, “Oggi sei molto carina” e “Quel trucco ti sta benissimo”, accompagnati da sguardi lascivi, sussurri inappropriati e abbracci indesiderati, fino a gesti fisici, come accarezzare una dipendente sui capelli e darle una pacca sul sedere. Tre funzionarie e cinque testimoni hanno denunciato Beccia attraverso il sistema di whistleblowing (segnalazione di illeciti) dell’Agenzia, sostenendo che il rifiuto delle sue avances rendeva l’ambiente di lavoro ostile, influenzando valutazioni e opportunità professionali, e altri funzionari della sede centrale a Roma hanno confermato la veridicità delle denunce. L’Aics ha svolto un’indagine interna (guidata da una Commissione inviata a Bogotá), al termine della quale ha applicato un provvedimento disciplinare nei confronti di Beccia.

Ma una delle collaboratrici che ha denunciato le molestie (di cui proteggiamo l’identità), ci ha raccontato la propria insoddisfazione in merito alla gestione della faccenda da parte dell’AICS: “È stata un’esperienza molto spiacevole, che dimostra la capacità limitata di AICS di gestire casi di molestie sessuali e discriminazione di genere sul posto di lavoro. Non abbiamo tutte e sempre una telecamera nascosta in attesa di cogliere l’illecito. È per questo che nella maggior parte dei casi rilevati sul posto di lavoro non ci sono molte prove”. Secondo le dirette interessate, la commissione disciplinare dell’Agenzia non ha affrontato seriamente la questione: “L’AICS non sembra averlo capito. E invece di indagare sugli eventi accaduti, ci pare abbia minimizzato il problema. Il colloquio con la commissione disciplinare ci è sembrato un interrogatorio più diretto a difendere Beccia che ad ascoltare noi. Ci siamo sentite rivittimizzate”. In ogni caso, dopo circa un anno dall’accaduto, l’Agenzia ha riconosciuto le denunce e ha sanzionato Beccia. Secondo l’articolo pubblicato da Bejarano sulla testata Cambio, per due anni non potrà richiedere una nuova missione ma a quanto pare rimane nella sede di Bogotá. Le vittime ritengono che la sanzione sia inadeguata e sottodimensionata rispetto agli atti compiuti, mentre AICS dice di aver applicato il principio di proporzionalità. “Ma noi, le vittime” aggiungono da Bogotá “non abbiamo mai ricevuto risposta dall’AICS. Neanche la consigliera di fiducia dell’agenzia, a cui abbiamo scritto mesi dopo per informarla sulle segnalazioni, ci ha aiutato”.

La giornalista Ana Bejarano evidenzia la sproporzione delle sanzioni e la difficoltà di punire forme di violenza integrate nella vita quotidiana: “La risposta delle entità ufficiali è giudicata sufficiente da loro stesse, perché formalmente i procedimenti interni sono stati rispettati e il processo è stato portato avanti come doveva essere. Ma la realtà è che la sanzione imposta non è proporzionata alla gravità dei fatti. Perché il fatto che abbiano imposto una sanzione significa che i fatti sono stati provati, e quindi sì, hanno provati i fatti ma credono che ciò meriti solo la sanzione che hanno imposto. Questo è un grave problema di proporzionalità”. La giornalista sottolinea quanto sia difficile identificare e punire la violenza quotidiana: “Ci sono altre forme di violenza, più estreme e più evidenti, più facili da sanzionare proprio perché sono ovvie. Ma quando sono così intrecciate nella quotidianità e nei rapporti, sono molto difficili da comprendere, identificare e sanzionare. Molte persone, una di loro me lo ha raccontato e io l’ho messo scritto, aveva vissuto situazioni simili prima nella sua vita ma solo ora, vedendo altre ragazze molestate allo stesso modo, ha capito che è qualcosa che le donne non devono sopportare e che una vita libera da violenze implica anche non dover subire questo tipo di circostanze sul lavoro”. Beccia, nonostante la commissione abbia stabilito la sanzione e dunque trovato una responsabilità, si è dichiarato estraneo ai fatti e ha annunciato che chiederà una rettifica alla testata online Cambio, dove la giornalista colombiana ha raccontato per prima la vicenda.

Ana Bejarano conclude sottolineando che in Colombia la normalizzazione della violenza è diffusa: “Storie simili in Colombia ce ne sono, ci sono molte circostanze in America Latina. Credo che il modo in cui questa violenza viene maggiormente normalizzata stia nel cercare di giustificarla e confonderla. Credo che in Colombia sia più norma che eccezione, anche se questo sta cambiando. Affinché continui a cambiare, è importante visibilizzarla ancora di più”. Pagine Esteri