Pagine Esteri – Mentre il presidente ucraino sembra aver ritrovato, almeno parzialmente, il sostegno statunitense e l’avanzata russa nell’est e nel nord del paese sembra avere per il momento rallentato, Volodymyr Zelensky è sempre più nel mirino delle accuse e delle critiche non solo degli esponenti delle opposizioni, ma anche di numerosi leader del suo stesso partito, all’interno del quale aumentano le tensioni.

Secondo la stampa ucraina sarebbero numerosi, infatti, i dirigenti e i parlamentari di “Servo del popolo” che esprimerebbero una crescente preoccupazione per la deriva accentratrice del presidente.

Nel corso di una riunione a porte chiuse con il gruppo parlamentare – che però ha dovuto fare i conti con la defezione di un centinaio di deputati – Zelensky avrebbe espresso con durezza la propria frustrazione verso deputati, attivisti della società civile e giornalisti che, a suo avviso, non promuoverebbero all’estero un’immagine sufficientemente positiva dell’Ucraina.
Secondo il capo dello Stato la diffusione delle notizie sulla corruzione e sulla violazione dei diritti civili e politici in Ucraina distoglierebbero l’attenzione dell’opinione pubblica interna e internazionale dallo sforzo bellico.

La riunione è stata convocata dopo le massicce proteste pubbliche scatenate dal maldestro tentativo del presidente, durante l’estate, di subordinare le principali agenzie anticorruzione all’autorità del procuratore generale (nominato dalla presidenza), scattato dopo che erano partite delle inchieste per corruzione e altri reati nei confronti di stretti collaboratori del presidente.

Secondo il quotidiano statunitense “Politico”, all’interno di “Servo del popolo” serpeggia un crescente malcontento nei confronti di Zelensky, accusato di marginalizzare sempre di più la Verkhovna Rada (il parlamento unicamerale di Kiev) prendendo per decreto un numero crescente di decisioni, e di operare sistematiche purghe nei confronti di dirigenti recalcitranti o funzionari indipendenti.

Secondo “Politico”, la rimozione del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, dell’amministratore delegato dell’operatore della rete elettrica Ukrenergo Volodymyr Kudrytskyi e del generale Valery Zaluzhny – nominato ambasciatore a Londra – dall’incarico di comandante in capo delle Forze armate, sarebbero il risultato della volontà da parte del presidente di consolidare il suo potere. Ormai, denunciano gli ambienti critici, la presidenza esercita una crescente pressione per evitare candidature indipendenti e promuovere figure allineate, spesso provenienti dallo stretto entourage di Zelensky o del capo dell’ufficio presidenziale, Andriy Yermak.

Nel frattempo, l’esecutivo ha approvato nuove restrizioni che vietano a una ventina di ex diplomatici ucraini di viaggiare all’estero senza la specifica approvazione governativa. Tra questi anche Dmytro Kuleba, che ha commentato: «L’unica spiegazione è politica. E una volta che questa logica prende piede, si può arbitrariamente decidere chi può o non può fare certe cose. Gli ambasciatori sono solo un esempio, ma rivelano un problema ben più profondo».

Intanto dal paese continuano a scappare migliaia di giovani che approfittano della decisione del Consiglio dei Ministri, adottata un mese fa, di autorizzare l’uscita dal paese degli uomini con un’età compresa tra i 18 e i 22 anni.

Secondo i dati forniti all’edizione ucraina dell’emittente britannica “Bbc” dalle autorità di frontiera polacche, dal 28 agosto al 28 settembre sono stati contabilizzati 40 mila ingressi. Un flusso analogo si registra al confine con la Romania anche se per ora mancano dati precisi.

Se da una parte il provvedimento è stato accolto con favore dai giovani – che vogliono sottrarsi all’incertezza economica e alla paura suscitata dai continui bombardamenti russi, cercano opportunità di lavoro e studio all’estero o vogliono sottrarsi ad una eventuale chiamata alle armi – e dalle loro famiglie, dall’altra l’esodo desta preoccupazione per le ricadute sul mercato del lavoro, oltre che sul reclutamento di militari.

I media locali raccontano che i social si sono riempiti di messaggi di ragazzi e ragazze che cercano sponsor in grado di permettergli di trovare lavoro in altri paesi o di continuare gli studi all’estero.

Negli ultimi due anni però, per continuare ad operare, molte imprese avevano puntato proprio sui giovani sotto i 25 anni, che non sono soggetti alla mobilitazione bellica. Per incentivare i giovani dipendenti a non lasciare il posto di lavoro, racconta la BBC, alcune imprese promettono benefit e incrementi salariali, mentre quelle più grandi accrescono gli investimenti sui programmi diretti a incrementare l’automazione. Al tempo stesso cresce, anche se per ora non in maniera netta, il flusso di lavoratori stranieri, provenienti soprattutto dal Bangladesh e dall’India, impiegati come autisti, operai e addetti alla logistica.

Sul fronte diplomatico, invece, si registra un netto stallo tra Ucraina e Russia dopo che Mosca ha chiarito che non intende fermare i combattimenti senza raggiungere i suoi obiettivi, a partire dall’annessione dei territori conquistati e dalla rinuncia di Kiev ad entrare nell’Alleanza Atlantica.

Nei giorni scorsi il leader della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko – che dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia si è legato strettamente a Vladimir Putin ma che non rinuncia a perseguire un ruolo autonomo – ha riaffermato le sue ambizioni di mediatore tra i due paesi in guera e gli Stati Uniti.

Al termine di un incontro a Mosca con Putin, durato oltre cinque ore, Lukashenko ha dichiarato che il presidente russo avrebbe elaborato una proposta per porre fine al conflitto che sarebbe già stata notificata a Donald Trump. Al tempo stesso il leader bielorusso ha espresso il desiderio di un confronto con Zelensky. Anche se Lukashenko continua a proporsi come un mediatore neutrale, ucraini e paesi occidentali non dimenticano che il presidente ha permesso alle truppe russe di invadere l’Ucraina utilizzando il suo territorio.

Nelle scorse ore il vicepresidente statunitense J. D. Vance ha affermato che gli Stati Uniti stanno valutando la richiesta dell’Ucraina di missili Tomahawk a lungo raggio, spiegando che sarà comunque il presidente Donald Trump a prendere “la decisione finale” sulla questione. Mentre Vance è rimasto vago, l’inviato speciale degli Stati Uniti in Ucraina, Keith Kellogg ha affermato che Trump avrebbe già autorizzato attacchi in profondità nel territorio russo. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, si occupa di geopolitica e movimenti sociali. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria.