Pagine Esteri – Negli ultimi giorni, nel giro di poche ore, abbiamo assistito alla storica visita in India del ministro degli Esteri dell’Emirato dell’Afghanistan, Amir Khan Muttaqi, e ai violenti scontri al confine tra Afghanistan e Pakistan.

Gli ultimi eventi hanno prodotto una nuova polarizzazione regionale – dopo gli scontri tra Pakistan e India – che desta particolare preoccupazione a Pechino, il cui governo si è offerto di svolgere un “ruolo costruttivo” per allentare le tensioni tra Islamabad e Kabul.

Il 10 ottobre Muttaqi ha incontrato a Nuova Delhi l’omologo indiano, Subrahmanyam Jaishankar. Muttaqi, che rimane nella lista dei dirigenti talebani sanzionati dalle Nazioni Unite, è giunto in India su invito del primo ministro nazionalista Narendra Modi dopo aver ottenuto un’esenzione temporanea di viaggio dall’organismo internazionale.

Al termine dei colloqui il ministero degli Esteri del gigante asiatico ha annunciato l’innalzamento della sua rappresentanza diplomatica a Kabul da “missione tecnica” ad ambasciata. L’India, in aggiunta ai progetti già avviati in ambito sanitario, ha annunciato anche che costruirà un ospedale nel distretto di Bagram, un centro oncologico e un centro traumatologico a Kabul e cinque cliniche ostetriche nelle province di Paktika, Khost e Paktia, Inoltre Nuova Delhi ha espresso la sua disponibilità a fornire assistenza nella ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto che ha colpito le province di Nangarhar e Kunar.

Più in generale, l’India si impegna a «sostenere le aspirazioni e le esigenze di sviluppo del popolo afgano». Durante l’incontro si è concordato anche di cooperare per l’apertura di un corridoio aereo e per la realizzazione di progetti idroelettrici utili a soddisfare il fabbisogno energetico dell’Afghanistan e sostenere il suo sviluppo agricolo.

Da parte sua l’Afghanistan ha sollecitato le aziende indiane a investire nel settore minerario. Il rappresentante di Kabul ha inoltre espresso una dura condanna dell’attacco terroristico del 22 aprile a Pahalgam, nel Jammu e Kashmir occupati dall’India, ribadendo «l’impegno del governo afgano a non consentire a nessun gruppo o individuo di utilizzare il territorio dell’Afghanistan contro l’India».

La presa di posizione dei talebani ha ovviamente suscitato le rimostranze di Islamabad. Già l’11 ottobre, il ministero degli Esteri del Pakistan ha espresso “forti riserve” su alcuni contenuti del comunicato congiunto India-Afghanistan e sulle dichiarazioni rese da Muttaqi a Nuova Delhi. In particolare, Islamabad respinge il «riferimento al Jammu e Kashmir come parte dell’India» e «l’affermazione del ministro degli Esteri ad interim afgano secondo cui il terrorismo è un problema interno del Pakistan». Islamabad ha ricordato l’ospitalità fornita a quasi quattro milioni di afgani per oltre quattro decenni e ha assicurato che il Pakistan continuerà a fornire sostegno umanitario al popolo afgano, sottolineando però che il governo pachistano ha la responsabilità di adottare tutte le misure possibili per la sicurezza e l’incolumità del suo popolo ed esortando il governo afgano a impedire che il suo territorio venga utilizzato da elementi terroristici contro il Pakistan.

Nella notte tra l’11 e il 12 ottobre sono scoppiati duri scontri armati al confine tra Afghanistan e Pakistan, che si sono conclusi con un bilancio superiore alle duecento vittime.

Secondo il “Servizio interforze di pubbliche relazioni” (Ispr) pachistano «21 posizioni ostili sul lato afghano del confine» sono state “occupate”, «numerosi campi di addestramento terroristico, utilizzati per pianificare e facilitare attacchi contro il Pakistan, sono stati resi inoperativi» e «più di 200 talebani e terroristi affiliati sono stati neutralizzati». Nell’operazione sarebbero morti anche 23 militari pachistani. Il ministero degli Esteri del Pakistan ha parlato di una “aggressione ingiustificata” da parte di alcuni gruppi talebani afghani contro la quale Islamabad avrebbe esercitato “il suo diritto all’autodifesa”. Inoltre Islamabad ha affermato di auspicare «che un giorno il popolo afgano possa essere emancipato e governato da un governo veramente rappresentativo».

All’opposto il portavoce dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, Zabihullah Mujahid, ha parlato di “operazioni di rappresaglia” che hanno causato la morte di 58 militari pachistani e di nove afgani.


Ciò che è certo è che gli scontri al confine Afghanistan-Pakistan rappresentano una brusca battuta d’arresto nel percorso intrapreso nei mesi scorsi dalle due parti, anche con la mediazione della Cina.
Alla fine del 2022, infatti, il Movimento dei talebani del Pakistan (Ttp) ha messo fine a un accordo di cessate il fuoco col governo pachistano. La scia di attentati che ne è seguita ha causato gravi tensioni tra Islamabad e Kabul. Il governo pachistano ha più volte sollecitato quello talebano a tenere sotto controllo il terrorismo nel suo territorio. Nel novembre del 2023, il Pakistan ha anche annunciato la decisione di espellere in massa gli immigrati irregolari afgani presenti nel Paese. Islamabad ed ha iniziato a compiere delle operazioni militari “antiterrorismo” in territorio afgano che in alcuni casi hanno provocato la reazione di Kabul.

Tuttavia, dopo due anni di tensioni, i rapporti tra Islamabad e Kabul stavano registrando dei miglioramenti, mentre quelli tra Islamabad e Nuova Delhi precipitavano a maggio dando vita all’ennesimo scontro armato.

A marzo il rappresentante speciale del Pakistan per l’Afghanistan, Mohammad Sadiq, è stato inviato a Kabul, per incontrare il ministro degli Esteri talebano Muttaqi. Il 19 aprile è stato il ministro degli Esteri del Pakistan, Ishaq Dar, a recarsi in visita a Kabul, su invito di Muttaqi. I due si sono incontrati di nuovo il 21 maggio a Pechino e hanno ribadito la volontà di collaborare per promuovere interessi comuni, anche nei settori del commercio, della connettività e della sicurezza. Nella stessa giornata Dar e Muttaqi hanno avuto anche una “riunione trilaterale informale” con l’omologo di Pechino, Wang Yi. Il 30 maggio il ministro degli Esteri Dar ha annunciato la nomina di un ambasciatore in Afghanistan, il primo dall’avvento del governo talebano nel 2021, al posto dell’incaricato d’affari che da allora era stato il massimo rappresentante diplomatico di Islamabad a Kabul. Il 23 luglio il Pakistan e l’Afghanistan hanno firmato un accordo per ridurre i dazi su otto prodotti agricoli.

Ad agosto era prevista anche una visita di Muttaqi in Pakistan, che è stata però posticipata. Muttaqi si è invece recato in India, ottenendo qualcosa di molto simile a un riconoscimento. Finora l’India non aveva mai riconosciuto ufficialmente il regime afgano, ma aveva sempre tenuto aperto il dialogo con l’autoproclamato Emirato islamico e ha mantenuto una presenza a Kabul dopo il ritorno al potere dei talebani.

L’avvicinamento all’Afghanistan espone l’India a forti critiche in materia di rispetto dei diritti umani. I dirigenti del Congresso nazionale indiano (Inc), il principale partito di opposizione, ha contestato l’avvio di buone relazioni con Kabul proprio durante la visita di Muttaqi, a causa della convocazione nella sede dell’ambasciata afgana a Nuova Delhi di una conferenza stampa da cui sono state escluse giornaliste donne.

Ma l’India non intende rinunciare ad esercitare la sua influenza in un’area con cui ha legami storici e che ha importanti implicazioni per la sua sicurezza, nel tentativo di contrastare gli interessi cinesi nell’area. Ora che il Pakistan, sua tradizionale avversario nell’area, ha rotto con l’Afghanistan quest’ultimo paese è diventato molto appetibile per Nuova Delhi.
In particolare, l’Afghanistan, il Pakistan e la Cina hanno concordato di approfondire la cooperazione nell’ambito della Nuova via della seta o Belt and Road Initiative (Bri) e di estendere all’Afghanistan il Corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec). Per l’India la relazione con l’Afghanistan è utile per sviluppare progetti di connettività energetica e commerciale con l’Asia centrale, in alternativa alle rotte dominate dal Pakistan o dalla Cina. Nuova Delhi ha più volte espresso l’interesse a includere l’Afghanistan nel progetto indo-iraniano dello sviluppo del porto di Chabahar, in Iran. – Pagine Esteri