Pagine Esteri – Il bombardamento contro i mediatori di Hamas in Qatar ha provocato una dura levata di scudi da parte dei paesi arabi che ha costretto Donald Trump a chiedere a Benjamin Netanyahu di scusarsi e di accettare un compromesso – comunque utile a Israele – su Gaza.
I leader del Qatar hanno pronunciato parole durissime: all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre, l’emiro del Qatar ha definito quella israeliana “una guerra genocida condotta contro il popolo palestinese” e ha accusato Israele di essere “uno Stato complice della costruzione di un sistema di apartheid”. Il Ministero degli Esteri saudita ha condannato Israele ad agosto per quella che ha descritto come lo “sterminio per fame” e la “pulizia etnica” dei palestinesi.
Ma, pur condannando pubblicamente i continui massacri nella Striscia, alcuni paesi arabi – Bahrein, Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – hanno intensificato negli ultimi tre anni la cooperazione militare con Israele, arrivando a creare in segreto una struttura per la sicurezza regionale coordinata dalle forze armate degli Stati Uniti.
Lo rivelano alcuni documenti riservati dell’amministrazione americana ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) e pubblicati lo scorso 11 ottobre dal “Washington Post”.
I documenti, verificati attraverso i registri ufficiali del Pentagono e altre fonti “aperte”, mostrano come in questi anni alcuni alti ufficiali militari di Israele e dei sei Stati arabi si siano incontrati per una serie di riunioni di pianificazione facilitate dagli Stati Uniti, tenutesi in Bahrein, Egitto, Giordania e Qatar.
In tale contesto sarebbe stata istituita una Struttura di sicurezza regionale, coordinata dal Comando centrale delle forze armate Usa (Centcom), con Kuwait e Oman indicati come “partner potenziali” del gruppo.
Secondo il “Washington Post”, a favorire questa collaborazione sarebbe stata la comune ostilità nei confronti dell’Iran e dei movimenti politici e militari sciiti nell’area, definiti in uno dei documenti come “Asse del male”.
Le presentazioni del Centcom, redatte tra il 2022 e il 2025, descrivono iniziative come un sistema di difesa aerea regionale per contrastare missili e droni iraniani, con esercitazioni militari coordinate e la condivisione di dati radar tra i partner.
Nel 2024, il Centcom ha collegato con successo molti dei Paesi partner ai suoi sistemi, consentendo lo scambio di informazioni attraverso una rete di comunicazione sicura gestita dall’Aeronautica degli Stati Uniti. Un esempio significativo, si legge nell’articolo, è stata una riunione del maggio del 2024 presso la base aerea di Al Udeid, in Qatar, dove ufficiali israeliani hanno discusso con i rappresentanti arabi. Nell’occasione è stato interdetto l’accesso di civili alla base per non attirare l’attenzione pubblica.
La Struttura di sicurezza regionale prevede anche la creazione di un “Centro cyber combinato per il Medio Oriente” entro il 2026 per l’addestramento in operazioni di sicurezza informatica, e di un “Centro di integrazione delle informazioni” per pianificare e valutare rapidamente operazioni nel campo dell’infowar.

Donald Trump con l’emiro del Qatar, al Thani
L’attacco condotto da Israele su Doha, in Qatar, lo scorso 9 settembre ha rischiato di mandare all’aria anni di lavoro. I missili, diretti contro dirigenti del gruppo palestinese Hamas, non sono stati rilevati né i sistemi radar Usa, né da quelli qatarioti.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è dovuto scusare per l’attacco 20 giorni dopo, il 29 settembre, su pressione dell’amministrazione Donald Trump, promettendo di non ripetere simili azioni.
Da qui il via libera al cosiddetto “accordo di pace” concordato l’8 ottobre tra Israele e Hamas. Gli Stati Uniti hanno annunciato lo scorso 9 ottobre che che 200 militari Usa saranno inviati in Israele per sostenere l’accordo sul cessate il fuoco, affiancati da militari di diversi Paesi arabi coinvolti nella Struttura di sicurezza regionale.
Secondo i documenti, anche prima dell’annuncio i Paesi arabi coinvolti avevano segnalato il loro sostegno al piano in 20 punti del presidente Trump su Gaza, che prevede la partecipazione di alcuni Stati arabi a una forza internazionale incaricata di formare una nuova polizia palestinese nel territorio martoriato.
In una dichiarazione congiunta, cinque dei sei Paesi hanno affermato di sostenere l’istituzione di un meccanismo che “garantisca la sicurezza di tutte le parti”, pur evitando di impegnarsi pubblicamente a schierare forze militari. I documenti, non classificati, che risalgono al periodo 2022-2022, sono stati distribuiti ai partner della struttura e, in alcuni casi, anche all’alleanza di intelligence “Five Eyes”, comprendente Australia, Canada, Nuova Zelanda, Gran Bretagna e Stati Uniti.
I funzionari militari statunitensi hanno pubblicamente riconosciuto l’esistenza della partnership, ma non hanno parlato dell’entità della cooperazione arabo-israeliana in tali sforzi. Già nel 2022, il generale Kenneth “Frank” McKenzie, allora comandante del Centcom, descrisse la partnership in una testimonianza al Congresso come uno sforzo “basato sullo slancio degli Accordi di Abramo”, l’accordo che stabilisce legami diplomatici tra Israele e Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein.- Pagine Esteri