Milei trionfa nel deserto delle urne. Il giorno del rinnovo di 127 seggi alla Camera ed un terzo del Senato è anche quello in cui si registra il record negativo di affluenza alle urne. Ed è il giorno del trionfo di Javier Milei, che con il voto del 26 ottobre 2025 consolida la sua forza politica e apre una nuova fase della crisi argentina. Con un’affluenza ferma al 67,8%, la più bassa dalla fine della dittatura, La Libertad Avanza ottiene 64 dei 127 seggi in palio alla Camera e 13 dei 24 in Senato, diventando così la prima forza singola nel parlamento nazionale. Sommando i propri seggi a quelli del PRO e di una parte dell’UCR, Milei disporrà di circa 107 deputati — 22 voti sotto la maggioranza semplice — e 24 senatori, una posizione che gli consente di controllare la dinamica parlamentare e consolidare un blocco politico capace di imporre o almeno condizionare l’agenda legislativa.
Rispetto al 2023, La Libertad Avanza cresce ancora. Due anni dopo la vittoria presidenziale, Milei prende più voti e allarga la propria base elettorale, vincendo in 14 province e perdendone solo 8. In questo biennio la destra turbo-capitalista non solo si è consolidata, ma ha distrutto le formazioni tradizionali della destra argentina: il PRO e settori decisivi dell’UCR si sono progressivamente fusi o piegati a LLA, che da movimento personale e anti-sistema si è trasformato in un partito politico strutturato e radicato, capace di egemonizzare l’intero campo conservatore. Molti dirigenti, quadri intermedi e reti territoriali che nel 2023 appartenevano ai partiti tradizionali oggi sono parte integrante della macchina libertaria.
Il risultato che segna un punto di svolta è quello nella Provincia di Buenos Aires, da sempre cuore elettorale del peronismo e distretto chiave per qualsiasi governo. Qui Milei è riuscito a superare il peronismo per la prima volta in una consultazione nazionale. Lo scarto rispetto alle elezioni provinciali è impressionante. Il 7 settembre, al voto per la carica di governatore e il parlamento locale, la Libertad Avanza aveva ottenuto 2.723.710 voti, pari al 33,8%, in un contesto di affluenza del 60%. Un mese dopo, alle legislative nazionali, i voti per Milei nella stessa provincia sono saliti a 3.605.127, con un’affluenza al 68%. In un solo mese, la destra turbo-capitalista ha guadagnato oltre 880.000 voti, un incremento che nasce dalla macchina governativa e di comunicazione di Milei che, facendo leva sulla paura, ha portato migliaia di persone nella provincia di Buenos Aires a votare per lui. Per di più, Fuerza Patria, l’alleanza peronista, perde oltre 200.000 voti rispetto al voto nelle provinciali. È da qui che prende forma il “trionfo nel deserto”: in un paese in cui milioni di persone si sono astenute, Milei è riuscito a conquistare lo spazio lasciato vuoto dalla crisi politica tradizionale, a convincere una parte crescente dell’elettorato a votare per lui, mentre le opposizioni, sempre più deboli, non portano voti. In questa crisi, aumenta chi non crede più nella politica.
Il dato di Buenos Aires è strategico: la provincia concentra più del 35% dell’elettorato nazionale e il suo orientamento determina gli equilibri complessivi. Se alle provinciali il peronismo aveva tenuto, confermando Axel Kicillof e mantenendo la maggioranza dei municipi, alle nazionali è stato sorpassato, segnando la fine di un’egemonia territoriale durata decenni. Lo sfondamento libertario nella provincia peronista è il principale motore della vittoria nazionale e offre a Milei un capitale politico che va oltre la dimensione parlamentare: rappresenta il segnale che la crisi di rappresentanza investe ormai il cuore storico del sistema politico argentino. La Libertad Avanza vince anche nelle comunas più povere e periferiche della città e ottiene percentuali altissime nelle aree più ricche, dove il voto sfiora il 70%, mostrando così una capacità di penetrazione trasversale nelle classi sociali e confermando la solidità del suo blocco elettorale.
Il risultato è sorprendente anche perché fino a poche settimane fa lo scenario sembrava andare nella direzione opposta. L’andamento delle elezioni provinciali — soprattutto quelle di Buenos Aires — mostrava una crescita del peronismo e una crisi di consenso su Milei, anche per la crescente astensione. Ma il dato è cambiato bruscamente. Ancora una volta, probabilmente facendo leva sulla paura e polarizzando lo scontro, il presidente è riuscito a invertire la tendenza e a rafforzarsi proprio nel momento in cui il governo sembrava più instabile, segnato da un nuovo rimpasto e tensioni interne. Se un anno fa questo era lo scenario previsto, fino a pochi giorni fa sembrava improbabile. La destra turbo-capitalista ha invece confermato la propria capacità di controllare il ritmo politico e di occupare, ancora una volta, lo spazio lasciato vuoto dalle opposizioni.
Milei non ha solo vinto le elezioni: ha ridisegnato la geografia politica argentina, consolidando il proprio blocco e trasformando radicalmente la destra. Lo ha fatto in un contesto di affluenza minima e astensione crescente, segno che questa egemonia si fonda su una società politica ristretta e non sull’espansione democratica. Un potere forte istituzionalmente ma fragile socialmente, che accelera mentre intorno cresce il vuoto. Milei ha vinto nel deserto, ma quel deserto è abitato.















