Dopo un fine settimana segnato da bombardamenti e incursioni di terra di Israele, il sud del Libano è tornato a contare i morti. Ieri pomeriggio, due fratelli sono stati uccisi da un attacco di un drone israeliano contro una segheria nella cittadina di Biyad, a sud di Tiro, in una zona finora rimasta ai margini dei combattimenti ma già provata da mesi di tensioni e raid sporadici. I due fratelli lavoravano all’interno del capannone quando il missile li ha colpiti in pieno. Con loro salgono a quattordici le persone uccise da giovedì scorso in attacchi condotti dall’aviazione israeliana in diverse aree del sud.
Negli ultimi giorni, l’esercito israeliano ha intensificato i raid oltre la Linea Blu di confine, sostenendo di colpire postazioni o infrastrutture di Hezbollah. Eppure sarebbe formalmente ancora in vigore il cessate il fuoco annunciato il 27 novembre 2024. Quella tregua è stata erosa da un crescendo di raid di Israele.
Nella notte tra domenica e lunedì, a conferma di questa escalation, unità di terra israeliane sono penetrate nel territorio libanese. Secondo fonti locali, diversi carri armati hanno attraversato la Linea Blu nel settore di al-Marj, tra Odaisseh e Markaba, nel distretto di Marjayoun. Cinque bulldozer israeliani hanno raggiunto Wadi Hunin, dove hanno eretto un muro di terra, alterando di fatto il terreno conteso lungo la frontiera. Si tratta di movimenti che, pur giustificati da Israele come “lavori difensivi”, violano apertamente la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, quella che nel 2006 aveva stabilito la fine della guerra tra Israele e Hezbollah e il dispiegamento della Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (Unifil).
Proprio l’Unifil è finita al centro di un nuovo caso diplomatico dopo che l’esercito israeliano ha accusato i caschi blu di aver abbattuto uno dei suoi droni di sorveglianza a Kfar Kila, sempre nel distretto di Marjayoun. L’Unifil domenica sera aveva comunicato di aver adottato “contromisure difensive” contro un drone che sorvolava in modo aggressivo una pattuglia. Un portavoce dell’Unifil ha confermato che il drone è stato abbattuto da una delle unità dell’Onu impegnate nel pattugliamento della zona. Secondo fonti locali, il battaglione coinvolto nell’episodio era di nazionalità francese, anche se la missione non ha voluto confermare il dettaglio. L’Onu ha ribadito che il comportamento del drone israeliano “rappresentava una minaccia” e che l’abbattimento rientra in un quadro di autodifesa, previsto dalle regole d’ingaggio della missione.
La vicenda ha immediatamente provocato la reazione di Parigi. Il ministero degli Esteri francese ha condannato “le sparatorie che hanno preso di mira un distaccamento della Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano”, ricordando che non si tratta di un caso isolato. Incidenti simili si erano verificati il 1°, 2 e 11 ottobre, quando le truppe israeliane avevano già colpito o minacciato posizioni di UNIFIL lungo la linea di demarcazione. “La protezione delle forze di pace e del personale delle Nazioni Unite deve essere garantita, in conformità con il diritto internazionale e la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza”, ha ribadito il Quai d’Orsay in una nota ufficiale. La Francia ha chiesto a Israele di “evitare ogni azione che possa compromettere la sicurezza dei peacekeeper” e ha invitato le parti “a rispettare i limiti della Linea Blu e la libertà di movimento della missione ONU”.
Dietro questo nuovo ciclo di tensioni si intravedono molteplici fattori. La destra israeliana al governo continua a sfruttare la retorica della minaccia di Hezbollah per giustificare operazioni sempre più aggressive. Dall’altra parte, Hezbollah mantiene una strategia di “resistenza calibrata”, rispondendo in modo limitato ma costante ai raid israeliani, in un equilibrio precario che rischia di esplodere a ogni nuovo incidente.
Per la popolazione del sud del Libano, intanto, la quotidianità è fatta di paura. Le aree rurali attorno a Sour, Bint Jbeil e Marjayoun sono percorse da un flusso continuo di sfollati interni, famiglie che abbandonano le case più esposte e cercano rifugio nelle città o più a nord. Le scuole funzionano a intermittenza, molte attività economiche sono ferme e gli ospedali lavorano al limite. La segheria di Biyad, colpita dal drone israeliano, era uno dei pochi luoghi di lavoro rimasti aperti nonostante il rischio. Lì due fratelli hanno perso la vita, simbolo di una guerra che, anche quando sembra sopita, continua a uccidere.















