Le forze armate israeliane continuano a bombardare la Striscia di Gaza nonostante l’accordo di cessate il fuoco promosso da Donald Trump ma in Italia c’è già chi pensa a fare affari miliardari con la “ricostruzione” di Gaza City.
L’edizione italiana di Fortune (nota rivista economica USA) ha pubblicato un articolo dal significativo titolo “La ricostruzione a Gaza e le sfide per le imprese tricolore” in cui elenca le principali società che punterebbero a mettere le mani sull’affaire, stimato internazionalmente tra i 50 e i 70 miliardi di dollari.
“Le aziende europee avranno una corsia privilegiata nelle gare per la ricostruzione, e in questo quadro aziende italiane come Webuild, Ansaldo Energia, Saipem e Maire, potrebbero partecipare alle attività di ricostruzione”, scrive Fortune Italia. “Prysmian potrebbe essere coinvolta nella fornitura dei cavi dell’alta tensione per ripristinare la rete elettrica e di quelli per l’elettrificazione degli edifici. Ci sono poi aziende come Buzzi Unicem e Cementir che potrebbero essere coinvolte in ogni caso, essendo tra i maggiori produttori al mondo di cemento e calcestruzzo (e quindi in grado di collaborare con chiunque sarà il committente dei lavori)”.
In pole position dunque le aziende leader del settore costruzioni ed engineering, prima fra tutte la Webuild assopigliatutto delle Grandi Opere in Italia, prima fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, irrealizzabile, ma per cui è previsto comunque un investimento non inferiore ai 15 miliardi di euro.
“Si parla di aziende italiane di dimensione globale, abituate a destreggiarsi in mezzo continente, tra appalti e tecnologie all’avanguardia”, commenta ancora Fortune. Che poi si lancia in giudizi politici positivi per la destra al governo in Italia. “È interessante notare due fattori che potrebbero favorire le aziende italiane: la prossimità geografica, che consente di abbattere i costi di trasporto rispetto ad altri competitor e la prossimità politica, perché indubbiamente il ruolo equilibrato del governo Meloni, favorevole alla pace ma contrario a frettolosi riconoscimenti di nuovi stati e non equidistante tra Israele e un gruppo terroristico come Hamas, ci rende più credibili agli occhi di americani e israeliani”.