I palestinesi uccisi ieri dai raid aerei israeliani sono un centinaio, tra cui 24 bambini, decine i feriti. Lo riferiscono questa mattina fonti degli ospedali di Gaza. I raid aerei sono arrivati dopo l’ordine del premier israeliano Netanyahu di “effettuare attacchi potenti” in risposta ai colpi sparati da una cellula combattente palestinese contro una postazione israeliana nella zona occupata di Rafah in cui è rimasto ucciso un riservista. Nei giorni scorsi ripetuti bombardamenti israeliani avevano fatto un centinaio di morti palestinesi, mentre un agguato aveva ucciso due soldati.

Hamas nega di avere responsabilità dirette nell’accaduto di ieri e afferma che Netanyahu cerca pretesti per far saltare la tregua scattata il 10 ottobre sulla base dell’accordo tra Israele e il movimento islamico raggiunto in Egitto. Israele invece afferma che il gruppo islamista continua deliberatamente a ritardare la consegna dei corpi degli ostaggi israeliani morti a Gaza. Non solo, avrebbe anche inscenato il ritrovamento di una salma.

L’ala militare di Hamas intanto ha annunciato di essere riuscita a “recuperare” i corpi di altri due ostaggi senza fornire indicazioni su quando li consegnerà alla Croce Rossa. In precedenza, era stato ritrovato un altro ostaggio morto, si tratta di un soldato, Amiram Cooper.  L’operazione di trasferimento alla Croce Rossa del suo corpo è stata sospesa “per le violazioni dell’esercito israeliano”, ha spiegato Hamas.

Il recupero dei resti degli ostaggi morti è diventato un nodo del cessate il fuoco. Hamas ha promesso di consegnare i corpi di tutti gli israeliani morti ancora dispersi, ma sottolinea che il processo richiede tempo a causa della distruzione dell’enclave e dei rischi connessi alle operazioni nei tunnel. L’organizzazione inoltre accusa Israele di “perseguire una politica sistematica di ostacolo” alle ricerche, rifiutando l’ingresso di squadre recupero in diverse aree di Gaza e bloccando l’ingresso di macchinari pesanti che consentirebbero scavi più rapidi.

Gli analisti israeliani osservano che Netanyahu, politicamente indebolito dalle proteste e dalle pressioni dell’estrema destra, potrebbe aver scelto di tornare alla forza militare come strumento di consenso interno. “Il premier sta cercando di riacquistare controllo e consenso attraverso un linguaggio di guerra”, ha commentato Amos Harel su Haaretz, ricordando che “ogni accusa a Hamas serve anche a rinviare le difficili discussioni sul dopoguerra”.

Il presidente Usa Donald Trump da parte sua si dice ottimista sulla tenuta della tregua. “Nulla metterà a rischio il cessate il fuoco”, ha detto qualche ora fa, aggiungendo però che Israele “ha il diritto di reagire” agli attacchi contro i suoi soldati. Simili le dichiarazioni rilasciate in precedenza dal vicepresidente JD Vance.

Nella Striscia, intanto, la tregua non ha portato alcun sollievo concreto alla popolazione civile. Centinaia di migliaia di sfollati vivono ancora in tende, senza elettricità e con poco cibo e acqua. Gli ospedali, in gran parte danneggiati, operano con scorte minime e personale ridotto. “I soldati israeliani non si sono mai completamente ritirati”, ha avvertito un giovane palestinese. “Le loro postazioni restano lungo il confine, i droni sorvolano ogni giorno le nostre case. Viviamo in una tregua che non è mai iniziata davvero”.