Alla fiera del libro di Caracas, che ha aperto i battenti il 31 di ottobre, giornalisti e intellettuali commentano l’allarme lanciato da El Nuevo Herald e ripreso dalla stampa internazionale, secondo il quale, stando a “fonti bene informate”, gli Stati uniti sarebbero sul punto di attaccare “porti e istallazioni militari venezuelane” nel segno della cosiddetta lotta al narcotraffico. Bastava, però, leggere l’opposto richiamo di due quotidiani internazionali per rendersi conto della completa contraddittorietà della notizia. Da una parte il quotidiano di Miami in lingua spagnola, dall’altra El Pais, di Spagna, che annunciava invece: Trump smentisce di voler attaccare il Venezuela.
E, infatti, fin dalle prime ore del giorno, si poteva leggere il commento sui social del segretario di stato Marco Rubio, principale costruttore dell’aggressione in corso nei Caraibi e nel Pacifico, al Venezuela e alla Colombia: “Le tue ‘fonti’ ti hanno ingannato per scrivere una storia falsa”, diceva Rubio al Nuevo Herald. Anna Kelly, Vice Segretaria Stampa della Casa Bianca, respingeva a sua volta il rapporto del Miami Herald, quotidiano di lingua inglese a sua volta edito dalla Miami Herald Media Company e ugualmente rivolto alla comunità della Grande Miami, di forte influenza in America latina e nei Caraibi: “Le fonti anonime non sanno di cosa stanno parlando”, diceva Kelly, aggiungendo che qualsiasi annuncio ufficiale sulla politica in Venezuela sarebbe arrivato direttamente dal presidente.
Di certo, nessuno in Venezuela prende sottogamba l’invio della flotta militare Usa (compreso un sottomarino nucleare), di oltre 10.000 soldati e di jet di attacco, dispiegati nelle acque dei Caraibi antistanti il Venezuela, e anche nel Pacifico Orientale. In questi giorni, gli Stati uniti hanno inviato anche la portaerei USS Gerald R. Ford I, la prima e più avanzata portaerei a propulsione nucleare della sua classe. È stata commissionata nel 2017. I suoi precedenti parlano da soli: dopo il completamento dei test, l’hanno vista operare principalmente nell’Oceano Atlantico Settentrionale e nel Mar Mediterraneo/Medio Oriente (ad esempio, è stata schierata nel Mediterraneo orientale in seguito all’azione di Hamas del 7 ottobre 2023). Il suo primo invio nei Caraibi, insieme al suo Carrier Strike Group, rappresenta un chiaro innalzamento della pressione militare e diplomatica da parte degli Stati Uniti nella regione dell’America Latina. E ora i marines stanno compiendo esercitazioni di sbarco a Porto Rico.
Nessun paese progressista del continente può permettersi di sottovalutare le uccisioni di pescatori nel Pacifico e gli attacchi diretti al presidente colombiano Gustavo Petro, sanzionato insieme alla sua famiglia, e “punito” con la mancata certificazione di “buona condotta antidroga” rilasciata dagli Stati uniti.
Le bordate contro il presidente brasiliano Lula, e gli articoli “orientati” che sta lanciando la stampa di estrema destra in Venezuela circa la presunta attività dei “cartelli brasiliani” nelle zone amazzoniche e fluviali che collegano il Venezuela al Brasile, sta cercando di anticipare possibili operazioni di terra o sotto copertura organizzate dalla Cia.
Trump ha già annunciato di aver autorizzato dette operazioni all’interno del Venezuela. Il governo bolivariano ha peraltro arrestato un altro gruppo di mercenari, i cui cellulari hanno rivelato un piano per attaccare una nave militare di Trinidad e Tobago, dove il governo di quel paese sta compiendo operazioni congiunte con il Comando Sud, e far ricadere la colpa su Caracas per giustificare un’invasione armata.
Nel frattempo, si è diffusa la notizia di un sostanzioso tentativo di corruzione degli Usa, respinto dal pilota di un elicottero addetto al trasporto del presidente Maduro, che avrebbe potuto attingere alla “taglia” di 50 milioni di dollari messa sulla sua testa da Trump.
Il dispiegamento militare degli Stati Uniti nel Mar dei Caraibi, con navi missilistiche, distruttori e aerei da guerra, è stato denunciato dal Ministro della Difesa Vladimir Padrino López come un “assedio criminale dell’imperialismo nordamericano” .
Il Ministro degli Esteri Yván Gil ha inquadrato la crisi come una minaccia che va oltre i confini venezuelani, avvertendo che un eventuale attacco provocherebbe le conseguenze più tragiche sull’intera regione (Colombia, Brasile, Guyana, Trinidad e Tobago). Per questo, l’appello all’unità lanciato durante l’Incontro di Parlamentari del Gran Caribe per la Pace, nell’ambito dell’Internazionale antifascista, ha posto l’accento sulla difesa dei popoli caraibici e del loro diritto a essere liberi dalle tutele neo-coloniali dell’amministrazione Usa, fautrice di una nuova “Dottrina Monroe” per il continente.
Un operato sempre più sconfessato dalle dichiarazioni delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale António Guterres ha confermato che gli attacchi militari statunitensi contro imbarcazioni nel Mar dei Caraibi contravvengono il diritto internazionale. Ancora più netta è stata la condanna dell’Alto Commissario Volker Türk, che ha bollato gli assalti letali (i morti sono già oltre 60) come “esecuzioni extragiudiziali,” esigendo l’immediata cessazione delle ostilità.
I movimenti popolari caraibici e le forze progressiste, hanno preso le distanze dai governi come quello di Trinidad e Tobago, la cui prima ministra, per aver esplicitamente appoggiato l’invasione del Venezuela, è stata dichiarata “persona non grata” dal governo bolivariano. I parlamentari di 14 paesi del Gran Caribe hanno sottoscritto un accordo per la preservazione della pace, che ha rigettato la dottrina della “pace armata” e ha ribadito che “il Caribe non è il cortile di casa degli Stati Uniti” (parole della Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale cubana, Ana María Mari Machado).
Il presidente del parlamento venezuelano, Jorge Rodríguez ha per parte sua denunciato come la narrazione del “narcoestado” sia usata per criminalizzare il territorio e giustificare l’invasione, in aperta violazione del diritto internazionale e del Diritto di Attenzione delle persone in mare. Sono oltre 60 le persone uccise, senza nome e senza prove, e senza possibilità di difendersi da eventuali accuse in tribunale.
Sono in allerta anche le diplomazie internazionali, nelle loro diverse scelte di campo. Il Cancelliere Gil ha ringraziato la Russia per il suo “incrollabile sostegno” alla sovranità venezuelana, che consolida un’alleanza strategica, come importante contrappeso geopolitico. A ciò si aggiunge la proposta del Presidente cinese Xi Jinping all’APEC, dove ha esortato alla difesa del multilateralismo e della globalizzazione inclusiva, in netto contrasto con le politiche protezioniste e unilaterali di Washington.
Intanto, si muove anche la diplomazia popolare, attivata da tutti i soggetti organizzati che fanno vita politica in Venezuela: a cominciare dalla classe operaia che sta preparando un nuovo congresso costituente. Ieri, il deputato e sindacalista, Francisco Torrealba, ha presieduto una riunione nazionale e internazionale della Commissione speciale per la diplomazia operaia, a cui ha partecipato anche il ministro del Lavoro, Eduardo Piñate. Un incontro nella prospettiva di coordinare, in tutto il mondo, le Brigate di solidarietà in difesa del socialismo bolivariano sotto attacco. E, dall’Italia, dal giornale online Futura società è stato lanciato un appello internazionale in quattro lingue, che sta ricevendo moltissime adesioni
Anche negli Stati uniti, non c’è solo la voce delle organizzazioni popolari, che si esprime a favore del Venezuela, o quella del progressista Bernie Sanders, che ha esplicitamente richiesto al Congresso statunitense di fermare la “guerra illegale” in corso da parte di Trump. I legislatori Democratici come Sara Jacobs e Jason Crow hanno denunciato l’illegalità delle operazioni e la mancanza di strategia contro il flusso di droga, che mostra “le crepe” nel racconto ufficiale e rivela i pericoli per la stessa democrazia statunitense. Come ha avvertito il Senatore Mark Warner, l’operato dell’Amministrazione Trump è “corrosivo” e “pericoloso per la sicurezza nazionale”.
D’altro canto, gli stop and go di annunci e ritrattazioni, di dimissioni e “pensionamenti” di alti papaveri decisionali della stessa amministrazione Trump, indicano il braccio di ferro esistente al suo interno nell’interpretazione da dare alla “nuova dottrina Monroe”: sia fra i rappresentanti del complesso militare-industriale che nei circoli affaristici di più alto livello. I super-falchi di Miami “battono cassa” con Rubio, e cercano di creare il casus belli o qualche fatto compiuto.
A rimorchio, l’estrema destra venezuelana, sempre col portafoglio in crisi di astinenza, freme per altre operazioni mercenarie come quelle confessate in diretta, e ora confermate ai tribunali Usa, da Jordan Goudreau. Il personaggio ha mostrato l’originale del lucroso contratto, firmato con l’allora “autoproclamato”, Juan Guaidó (sodale della “premio Nobel per la Pace”, Maria Corina Machado) per compiere l’operazione Gedeone nel 2020.
Un piano mercenario per eliminare tutto il quadro dirigente bolivariano, a cominciare dal presidente Maduro, con qualche “danno collaterale” incluso, deciso con le agenzie governative statunitensi come la CIA e l’FBI.
Un contratto, dice ora Goudreau, non rispettato fino in fondo per sabotare deliberatamente l’Operazione Gedeone e danneggiare il Presidente Donald Trump, impedendogli una vittoria in Sud America…
Che l’imperialismo nordamericano mini apertamente la legalità anche nel proprio centro, passando al di sopra di tutte le norme internazionali, come si vede con il genocidio in Palestina, come si è visto con gli atti di pirateria internazionale e ora con questa nuova avventura militare, è opinione condivisa da tutti gli analisti marxisti latinoamericani.
Altrettanto condivisa è l’opinione che questo sia avvenuto e avvenga non in forza di imperativi morali che guiderebbero crociate, di volta in volta per la difesa dei diritti delle donne, per la “democrazia” o per “la lotta alla droga”, ma per appropriarsi delle formidabili risorse possedute dai paesi aggrediti.
E così pure è comune lo sguardo sulla propaganda di guerra e sulle moderne forme in cui si esprime in tempi di intelligenza artificiale, che rendono difficile, anche ai giornalisti benintenzionati, distinguere la realtà dalla finzione nei video e nelle immagini diffuse.
Alla Fiera del libro di Caracas ne hanno discusso analisti nazionali e internazionali, molti dei quali agiscono all’interno dell’Università internazionale della comunicazione (Lauicom), diretta dalla rettrice Tania Diaz, autrice di molti lavori sulla “guerra cognitiva”. Una strategia che, fra allarmi, minacce, demonizzazione del nemico e sabotaggi veri, manipola le emozioni, mira a confondere e a paralizzare le reazioni: in maniera tale che, quando l’aggressione avviene, il “pubblico” manipolato tira un sospiro di sollievo per essersi finalmente liberato dal “narcotrafficante dittatore”, emblema di tutti i mali…
Il Venezuela bolivariano risponde su tre principali fronti: a livello legale, facendo appello agli articoli della costituzione che prevedono la revoca della nazionalità per chi, come Leopoldo Lopez e Yon Goicochea, abbia chiesto pubblicamente alle forze straniere un’invasione del proprio paese.
A livello di difesa integrale, accompagnando l’azione della Forza armata nazionale bolivariana (Fanb) con la milizia bolivariana, attivata su tutto il territorio, e soprattutto nelle regioni di confine, dove le azioni destabilizzanti si servono della grande criminalità: in questo quadro si è data l’Operazione “Roraima 2025”, che ha portato alla distruzione di un campo minerario illegale nello Stato di Bolívar.
Il terzo fronte è trasversale e complessivo, e riguarda il potenziamento di tutti i progetti che, dall’economico, al politico, dal sociale al militare al campo “dell’internazionalismo proletario”, confluiscono nel piano delle “7 Trasformazioni” per costruire lo stato comunale, socialista e umanista: che ha come uno dei suoi assi centrali l’eco-socialismo. Proposte che, a nome dei popoli che si sono riuniti in un congresso internazionale in difesa della Madre Terra, il ministro dell’Ecosocialismo, Ricardo Molina, porterà alla Cop 30, che si sta preparando in Brasile.
Ma contro l’invasione armata da parte di potenze straniere, si leva anche la voce della destra moderata, che fa vita in parlamento e che si ritiene “patriottica”.
“I venezuelani il patriottismo ce l’hanno nell’animo, perché sono eredi di Simon Bolivar”, dice il regista venezuelano Ruben Hernandez, che sta realizzando un film sul suo quasi omonimo “santo dei poveri”, José Gregorio Hernandez. Anche il medico appena santificato dal Vaticano, infatti, quando le potenze straniere bombardarono Puerto Cabello e cercarono di invadere il paese, ai tempi di Cipriano Castro, volle arruolarsi per difendere la patria. “José Gregorio, a differenza mia, non faceva politica – dice ora Rubén – ma ritenne che fosse quello il suo dovere. Anche io, che non ho mai preso un’arma in mano, da quando ho sentito le dichiarazioni di Trump, so quale sarà il mio dovere. E così mi hanno detto altre persone, che non hanno le mie stesse idee, ma si sentono figli del grande Libertador”.














