Colombia: a Santa Marta, Celac-Ue e movimenti sociali
È iniziato a Santa Marta, Colombia, il Terzo incontro sociale dei popoli dell’America latina e dei Caraibi. Organizzazioni e movimenti si riuniscono per presentare proposte al IV Vertice tra la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici (Celac) e l’Unione europea (Ue). Proposte concordate da una prospettiva “popolare, democratica, sovrana, inclusiva, antipatriarcale e ambientale, con proiezione nazionale, regionale e internazionale” e nel quadro della “necessità storica” di difendere la regione come “zona di pace” di fronte al pericolo di un’aggressione militare da parte degli Stati uniti. Dopo la vittoria di Hugo Chávez alle elezioni presidenziali in Venezuela (6 dicembre 1998) e il ritorno delle idee bolivariane nel continente, il 23 febbraio del 2010 fu creata in Messico la Celac, con l’obiettivo di avviare un meccanismo di integrazione regionale che includesse tutti gli stati dell’America latina e dei Caraibi, senza la partecipazione degli Usa e del Canada. Al contempo, a partire dal Venezuela e da Cuba, si è dato sempre più spazio e impulso alle organizzazioni popolari che, nel corso dell’anno, in dialettica con i governi da loro eletti (o in opposizione con quelli che avversavano l’alternativa socialista) presentavano proposte da portare ai vertici. In questo caso, si tratta prima di tutto di mantenere la rotta stabilita al vertice dell’Avana a gennaio del 2024, quando i 33 stati membri si sono impegnati in modo permanente a risolvere le controversie attraverso mezzi pacifici e a bandire l’uso o la minaccia della forza nella regione. Un indirizzo fortemente messo in causa dal ritorno a destra di alcuni governi-chiave della regione (Argentina, Ecuador, Bolivia…) e dalla dichiarata disponibilità di questi, e di alcuni governi della Comunità caraibica (Caricom), come Guyana o Trinidad e Tobago di aprire le porte al Comando Sud e alla flotta armata nordamericana: che con il pretesto della “lotta al narcotraffico” ha schierato persino un sottomarino nucleare, e ucciso quasi 70 persone nel corso di “esecuzioni extragiudiziali”. Sui temi in agenda – inerenti lo stato di diritto e i diritti umani, la cooperazione non asimmetrica e l’inclusione sociale, – i paesi socialisti e progressisti della regione cercheranno di far pesare i loro progetti di una pace con giustizia sociale, per il rafforzamento del partenariato strategico fra le due regioni. Vent’anni fa, il 4 e 5 novembre del 2005, a Mar del Plata (in Argentina), l’America Latina è stata protagonista di un’impresa storica: il No all’Alca – l’Area di Libero commercio delle Americhe promossa dagli Stati uniti – che mirava a subordinare il continente alle regole del libero mercato e al dominio aziendale. Quella decisione, guidata da Néstor Kirchner, Hugo Chávez e Luiz Inácio Lula da Silva, segnò un punto di svolta: l’America latina poteva costruire il proprio destino. Fidel Castro non fu fisicamente presente al summit ufficiale, sia perché Cuba era fuori dai vertici delle Americhe, organizzati dall’Osa (l’Organizzazione degli Stati americani), sia per “elementare dignità”, come ebbe a dichiarare Fidel. Lo storico dirigente cubano, in quanto uno dei principali ispiratori della strategia antimperialista, animò però idealmente il Vertice dei popoli, che si svolse in parallelo. Oggi, in un contesto di ascesa neofascista, violenza, disuguaglianza e rinnovata ingerenza degli Stati uniti, riemergono le domande del 2005, poste con forza dai movimenti sociali nei loro documenti: come sostenere la sovranità e rafforzare l’unità dei nostri popoli di fronte alle nuove forme di dominazione? Come aprire la strada a un’offensiva latinoamericana per la difesa delle risorse strategiche che riaffermi l’autodeterminazione dei popoli, con giustizia sociale e dignità?

Brasile. Dal 10 al 21 novembre, la COP30 a Belém

Dal 10 al 21 di novembre si svolgerà a Belém, capitale dello stato amazzonico e settentrionale del Pará, in Brasile, la 30ª Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (COP30). I capi di Stato  hanno iniziato ad arrivare dal 5 novembre, per animare i numerosi vertici bilaterali con il presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva. Non ci saranno né Donald Trump, né  Xi Jinping. Per l’occasione, Lula ha promulgato una legge che, per tutta la durata del vertice, assegna simbolicamente il ruolo di capitale della nazione a Belém, e trasferisce lì tutti i poteri dello Stato, che da Belém svolgeranno le funzioni istituzionali.  Uno degli annunci più rilevanti di questa prima fase si è dato con la presentazione congiunta delle presidenze della COP29 (Azerbaigian) e della COP30 (Brasile), della cosiddetta Tabella di Marcia Baku-Belém. Un piano internazionale che mira a  mobilitare 1,3 bilioni di dollari all’anno fino al 2035 per finanziare azioni climatiche, con enfasi sui Paesi in via di sviluppo. Il documento propone nuove fonti di raccolta fondi come tasse sull’aviazione, sui beni di lusso e sulle grandi fortune, oltre a riforme nel sistema finanziario globale per facilitare il credito e alleggerire il debito delle nazioni più vulnerabili. Nutrita anche la presenza dei movimenti popolari internazionali che, in precedenza, si sono riuniti a Caracas per il congresso mondiale in difesa della Madre Terra, elaborando un articolato documento che verrà presentato dal ministro venezuelano dell’Ecosocialismo, Ricardo Molina, sintetizzato dallo slogan chavista: cambiare il sistema per cambiare il clima. Con questo appuntamento di alto livello, il Brasile intende riaffermare il suo ruolo di voce del Sud Globale nella lotta contro il cambiamento climatico, con il presidente Lula in quello di “pontiere” rispetto alle proposte dei governi capitalisti dell’Unione europea, sordi alle richieste di cambiamenti strutturali, che leghino la lotta al cambiamento climatico con quella per la giustizia sociale.

Repubblica Dominicana. Mantenuto il controvertice delle Americhe

Non si farà, invece, a dicembre, il Decimo Vertice delle Americhe previsto nella Repubblica Dominicana, che aveva posto e ottenuto la candidatura ad anfitrione durante il Nono vertice, tenutosi a Los Angeles, California, USA, nel giugno 2022. L’Assemblea Generale dell’Osa (l’Organizzazione degli stati americani) l’aveva approvata per acclamazione nello stesso anno, a Lima, Perù. Da quel momento, il governo dominicano ha lavorato all’organizzazione dell’evento, secondo le indicazioni degli Stati uniti (ideatori e promotori di questo forum) dell’Osa, del presidente della Banca Interamericana di Sviluppo (Bid), e dei paesi con questi in sintonia. Nonostante la retorica sul “multilateralismo, la politica di buon vicinato e le alleanze per promuovere l’integrazione regionale”, dall’evento erano stati esclusi Venezuela, Nicaragua e Cuba. Una decisione che aveva spinto altri paesi, come Colombia e Messico a rinunciare alla partecipazione. Il governo della Repubblica Dominicana, ha così annunciato il rinvio del vertice all’anno prossimo. Un rinvio causato da “profonde divergenze che rendono difficile l’esecuzione di un dialogo produttivo nella regione”. Da qui, l’avvio di “nuove consultazioni sulla data del Vertice e l’ampliamento del dialogo per includere i nuovi governi democraticamente eletti che emergeranno”. Il Contro-vertice dei popoli, organizzato per protesta contro l’esclusione di Cuba, Venezuela e Nicaragua, si farà invece lo stesso a Santo Domingo, dal 4 al 6 di dicembre. Un’opportunità per rafforzare l’unità e la solidarietà tra i popoli della regione di fronte alla “nuova offensiva imperialista e al tentativo di reintrodurre la Dottrina Monroe nel continente latinoamericano.

Bolivia. Esce Luis Arce, entra Rodrigo Paz

L’8 novembre, con il passaggio di consegne fra il presidente uscente, Luis Arce, e il neo-eletto di centro-destra, Rodrigo Paz, la Bolivia inizia un nuovo periodo di governo orientato al “consenso di Washington”. Un cambio di indirizzo preannunciato dai programmi economici di Paz e dal viaggio compiuto negli Stati uniti per “normalizzare le relazioni” e chiedere un prestito di 4.000 milioni di dollari per “stabilizzare l’economia”. Intanto, Arce è stato espulso dal suo partito politico, il Movimento per il socialismo (Mas), pochi giorni prima di lasciare il potere, con l’accusa di appropriazione indebita di fondi del partito. L’economista sessantaduenne è andato al governo nel 2020, sostenuto dal Mas, allora partito dell’ex presidente Evo Morales. Da quel momento è stato uno dei massimi esponenti di quel gruppo politico, sebbene nell’ultimo anno abbia avuto una dura battaglia per il controllo del partito contro Morales, il suo vecchio alleato. Il partito è infine rimasto nelle mani di persone vicine ad Arce, e Morales ha rassegnato le dimissioni. Sebbene Arce fosse il candidato naturale per le elezioni del 2025, ha rinunciato a candidarsi per la rielezione a causa dell’impopolarità del suo governo. Intanto, a seguito di una decisione della Corte suprema di giustizia, ha lasciato il carcere la expresidenta Jeanine Áñez, condannata a 10 anni nel 2022, per atti contrari alla costituzione durante l’autoproclamazione e il golpe da lei guidato in Bolivia il 12 novembre del 2019. Pagine Esteri