Nella foto fermo immagine da Youtube, il presidente Daniel Noboa 

Ieri oltre 13 milioni di ecuadoriani si sono recati alle urne per esprimersi su tre domande referendarie ed una di carattere consultiva. Il risultato è stato sorprendente e contundente: vittoria schiacciante del NO in tutti e quattro i quesiti. Gli elettori hanno voltato le spalle al presidente Daniel Noboa bocciando completamente le proposte di riforma costituzionale che avrebbero annullato la proibizione di installare basi militari straniere sul territorio ecuadoriano (sancito oggi nell’articolo 5 della Costituzione del 2008), eliminato i fondi pubblici ai partiti politici (articoli 108 e 115) e ridotto il numero di deputati (fissato nell’articolo 118). Il quesito consultivo, infine, chiedeva all’elettorato ecuadoriano di esprimersi sulla convocazione di un’assemblea Costituente allo scopo di redigere una nuova Carta Costituzionale per l’Ecuador.

Con questa ultima domanda Noboa voleva mettere una pietra tombale sul Correismo e sui progressi sociali ed economici registratisi durante i dieci anni di governo dell’economista Rafael Correa. L’intenzione di Noboa e dell’attuale classe politica era quella di riscrivere una Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle privatizzazioni.

Ebbene, i voti contrari a questa nefasta proposta sono stati la grande maggioranza. Nella domanda numero 1 ha vinto il NO con il 60% dei voti, nella domanda 2 con il 58%, nella terza con il 54% e nell’ultima (la più importante) il NO ha raggiunto il 61,5%. Inoltre, analizzando il voto nelle 24 regioni del paese, si nota come il SI vinca in tutti e 4 i quesiti solo nella regione centrale di Tungurahua, storicamente conservatrice e feudo della destra.

Perché questa sconfitta sonora per il governo NOBOA che solo 7 mesi fa aveva vinto le elezioni presidenziali? Almeno due potrebbero essere le chiavi di lettura:

Lo sciopero nazionale durato 30 giorni. Lo scorso 13 settembre, mediante il Decreto Esecutivo presidenziale 126, si è posto fine al sovvenzionamento statale alla benzina aumentando il prezzo del combustile di 1 dollaro da un giorno all’altro. Misura applaudita dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ma non da alcuni settori del paese come i trasporti, il movimento degli indigeni, i sindacati dei lavoratori e dagli studenti. Con questa misura governativa dal 22 settembre al 22 ottobre si è registrato uno sciopero in buona parte del paese con durissimi scontri tra manifestanti e l’esercito, con un bilancio tra 142 e 246 arresti (in base a varie fonti), oltre 140 feriti e con un saldo tra 2 e 3 morti secondo le fonti della Polizia Nazionale, della CONAIE e dell’Alleanza delle Organizzazioni dei Diritti Umani.

In questo mese di proteste la brutale violenza e repressione da parte delle Forze Armate e della Polizia Nazionale, l’uso spropositato delle armi, l’abuso di potere e la prepotenza da parte del governo –  che non ha mai voluto ascoltare le richieste dei manifestanti – ha incrementando il malcontento in alcune regioni della nazione che sono poi quelle che hanno votato in modo convinto per il NO. É il caso della regione d’Imbabura con oltre il 70% di voti contrari, cosi come nella regione del Cotopaxi con picchi del NO al 65%. La repressione e l’unilateralità del governo non hanno giovato allo stesso in questa tornata elettorale.

L’incongruenza tra il discorso governativo e la realtà del paese.  La narrazione trionfalistica e positiva del governo e dei suoi ministri di governo non coincidono con i dati della realtà dell’Ecuador che continua a vivere differenti crisi da ormai 3-4 anni. La crisi del sistema sanitario pubblico che vede la mancanza di medicine e macchinari nelle strutture sanitarie pubbliche, attese lunghissime per una visita medica, casi di morti di pazienti affetti da dialisi ed altre patologie. Uno dei casi più drammatici è quello successo all’Ospedale Universitario di Guayaquil dove hanno perso la vita 12 bimbi nati tra il mese di luglio ed agosto del 2025. Secondo le fonti ministeriali le cause sono molteplici tra cui che condizioni igieniche negli ospedali, tuttavia il caso ha generato molte critiche nell’opinione pubblica. In una manifestazione di mesi fa, la categoria dei medici ed infermieri della Sanità Pubblica ha dichiarato che si rischia la vita negli ospedali.

La delinquenza e criminalità nel paese che non placa. I dati sono sconfortanti e molto preoccupanti. Soltanto nei primi 4 mesi del 2025 si sono registrati 3.087 morti violente, il che rappresenta un incremento del +58% di fronte al periodo del 2024. Secondo la Osservatorio Ecuadoriano del Crimine Organizzato (OECO), nel primo semestre del 2025 si sono avuti 4. 619 omicidi intenzionali che rappresentano un aumento del +47% rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente. Inoltre, nel ranking delle città piú violente e pericolose dell’America Latina ben 3 città sono ecuadoriane: Guayaquil, Esmeraldas e Machala. Eppure, su questo fenomeno il governo ci ha speso una campagna elettorale per le passate elezioni presidenziali vincendole. Fa della lotta alla criminalità un baluardo della sua azione governativa e tuttavia i dati non invertono la tendenza negativa.

La situazione economica e lavorativa del paese. Con la nuova fase di ristrutturazione dello stato da parte dell’attuale governo neoliberista c’è stata la riduzione da 20 a 14 ministeri, con il conseguente licenziamento di 5000 funzionari pubblici. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale Ecuadoriano (INEC) nel 2024 la povertà è passata dal 25,5% di giugno al 28% di dicembre, mentre quelli relativi alla povertà estrema sono saliti dal 10,6% di giugno del 2024 al 12,7% di dicembre.

In definitiva, la maggioranza del popolo dell’Ecuador sembra non credere più alle narrazioni trionfalistiche del governo che ora dovrà affrontare la sconfitta rispondendo seriamente ai problemi strutturali del paese senza più propaganda e fumo negli occhi. Nel frattempo, nelle file del governo regna il silenzio e nessuna dichiarazione dopo il colpo subito, mentre festeggia il fronte contrario che raccoglie una vittoria utile per costruire un’opposizione politica e sociale solida per i prossimi tempi.