Pagine Esteri – Mentre vari governi europei stanno ancora realizzando acquisti compulsivi di armi statunitensi per trasferirle all’Ucraina o per riempire i propri arsenali, ieri il Parlamento Europeo ha approvato un programma strutturale diretto a dotare l’alleanza continentale di un sistema unico di produzione di sistemi d’arma.
Il piano, già esaminato dal Consiglio Europeo e denominato “Programma per l’Industria Europea della Difesa”, è stato approvato con ben 457 voti favorevoli e solo 148 voti contrari e 33 astensioni.
Ad approvare il provvedimento uno schieramento ampiamente trasversale, che va dai conservatori ai popolari ai liberali fino ai socialdemocratici e ai verdi, con l’eccezione di quelli italiani e spagnoli. I contrari sono rappresentati in gran parte dagli eurodeputati della sinistra e dalla maggioranza dei cosiddetti “Patrioti”, il gruppo di destra di cui fa parte la Lega.
Il gruppo dei socialisti e democratici (S&D), di cui fa parte il PD, è entusiasta della svolta riarmista continentale, definita una alternativa preferibile al riarmo dei singoli paesi considerato invece rischioso. Il programma, promettono le formazioni di centrosinistra, “difenderà la democrazia”, aumenterà il Pil sostenendo settori industriali in difficoltà (come quello dell’automobile) e creerà molti posti di lavoro. Non importa se contribuirà a stimolare un clima di contrapposizione geopolitica e militare che potrebbe sfociare in un conflitto su vasta scala. Ora il provvedimento dovrà essere ratificato dai singoli stati membri dell’Unione Europea.
L’EDIP istituisce il primo programma europeo dedicato esclusivamente allo sviluppo dell’industria della difesa, con l’obiettivo di rafforzare la base tecnologica e industriale del settore e promuovere l’approvvigionamento congiunto.
L’UE mira esplicitamente a una maggiore autonomia strategica e a ridurre significativamente la sua dipendenza dagli Stati Uniti ora che Washington sembra aver rotto il patto stipulato al termine della Seconda Guerra Mondiale e attraverso il quale “garantiva la sicurezza” dell’Europa occidentale in cambio della propria incontrastata egemonia ideologica, economica e politica.
Il programma appena approvato dall’Eurocamera stanzia un budget di 1,5 miliardi di euro, di cui 300 milioni saranno destinati direttamente al sostegno dell’industria militare ucraina con l’obiettivo di integrarla il più possibile all’interno della filiera europea.
Inoltre un fondo dedicato, il cosiddetto strumento FAST (Fondo per accelerare la trasformazione della catena di approvvigionamento della difesa), dovrebbe fornire altri 150 milioni di finanziamenti aggiuntivi per trasformare le catene di approvvigionamento della difesa e sostenere le piccole e medie imprese coinvolte.
I fondi serviranno a promuovere attivamente lo sviluppo e la modernizzazione dell’industria continentale delle armi, facilitando l’integrazione di quelle nazioni e sostenendo economicamente i progetti che coinvolgano almeno quattro stati membri.
Per ricevere finanziamenti pubblici destinati all’acquisto dei materiali, il costo dei componenti provenienti da paesi esterni all’UE non potrà superare il 35% del costo totale del progetto proposto. Gli Stati membri potranno inoltre sfruttare e reindirizzare i fondi ancora disponibili del “Recovery and Resilience Facility” per finanziare progetti inclusi nel programma EDIP.
A questi programmi va poi sommato il Security Action for Europe (SAFE) dotato di 150 miliardi per garantire prestiti a lungo termine a tassi preferenziali, con l’obiettivo di assicurare entro il 2030 il 55% degli acquisti all’interno della Ue.
L’approvazione dell’EDIP rappresenta il tassello finale di un percorso iniziato con misure a breve termine come l’ASAP (dedicato a incentivare la produzione di munizioni) e l’EDIRPA (diretto a stimolare appalti comuni). Come sottolineato dai relatori durante la sessione, tra cui Marie-Agnes Strack-Zimmermann e Raphaël Glucksmann, il regolamento è concepito per avere un impatto duraturo oltre il 2027, plasmando «un’Europa più sovrana e capace di garantire autonomamente la protezione delle proprie democrazie» all’interno di un discorso che descrive l’Europa come minacciata da una parte dall’espansionismo militare e dalla guerra ibrida promossa dalla Russia e dall’altra dal disimpegno statunitense.

Von der Leyen e Kubilius
L’establishment europeo gioisce, a partire dalla presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula von der Leyen. Il commissario alla difesa, il lituano Andrius Kubilius, descrive l’EDIP come una “pietra miliare” che favorisce la riconversione armata dell’UE, spiegando che il programma «porta con sé una rivoluzione nella politica industriale della difesa e getta le basi per un’industria meno frammentata e più innovativa».
Lo stanziamento viene presentato come un primo passo all’interno di un’espansione dell’industria militare europea che dovrebbe approfittare anche dell’aumento della spesa militare fino al 5% del Pil entro il 2035, deciso da molti paesi per compiacere l’amministrazione statunitense ma che potrebbe in parte sostenere la filiera bellica continentale.
Inoltre il prossimo bilancio comunitario dovrebbe dedicare altri 60 miliardi di euro al comparto della “difesa”.
Intanto dal 2005 al 2025 la spesa militare europea è più che raddoppiata e un ulteriore raddoppio è previsto entro il 2035 quando lo stanziamento complessivo salirà a 807 miliardi di euro grazie soprattutto all’abolizione da parte della Germania del limite costituzionale fissato alla spesa bellica rispetto al Pil e agli “sforzi” della Polonia e della Francia.
Mentre i vari governi europei continuano a tagliare la spesa sociale – istruzione, sanità ecc – in nome della necessità di finanziare la “sicurezza”, martedì scorso il generale francese Fabien Mandon, che ha assunto la carica di Capo di stato maggiore delle forze armate di Parigi lo scorso settembre, ha dichiarato ad una assemblea di sindaci che il maggiore handicap del paese è “la mancanza di volontà di combattere” da parte dei cittadini.
«Se il nostro Paese vacilla perché non è pronto a perdere i suoi figli… o a soffrire economicamente perché la priorità deve essere la produzione militare, allora siamo davvero a rischio. Dovete parlarne nelle vostre città» ha detto il generale a centinaia di primi cittadini, molti dei quali attoniti. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, si occupa di geopolitica e movimenti sociali. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria.
















