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Le immagini che arrivano dalla Striscia di Gaza descrivono un paesaggio sommerso dall’acqua e dalla disperazione. La tempesta che da giorni attraversa l’enclave ha colpito con particolare forza le aree dove si ammassano centinaia di migliaia di sfollati, costretti a vivere in tende fragili che la pioggia ha trasformato in trappole. Nelle ultime ore la Protezione Civile di Gaza ha ricevuto più di 2500 richieste di aiuto, un numero che restituisce la portata di un disastro che si aggiunge a quello già generato dalla guerra. Le famiglie si spostano a piedi nel fango per cercare ripari improvvisati, consapevoli che basta un’altra notte di vento o un’altra ondata di pioggia per perdere quel poco che è rimasto.

A Khan Younis la tragedia ha assunto un volto ancora più crudele. Fonti mediche hanno confermato la morte della piccola Rahaf Abu Jazar, otto mesi, stroncata dal freddo estremo che ha avvolto il sud della Striscia. Il suo nome si aggiunge a quello di un altro neonato morto nelle stesse ore, mentre la temperatura notturna precipitava e le tende diventavano camere di ghiaccio da cui era impossibile fuggire. Questo dramma si intreccia con i pochi aiuti umanitari e gli attacchi israeliani che continuano a colpire diverse aree nonostante l’accordo di cessate il fuoco. A Jabalia un bombardamento di artiglieria ha centrato una casa provocando morti e feriti.

La tempesta non ha risparmiato nulla. Nel quartiere di Al-Nasr, a Gaza City, un edificio di tre piani è crollato dopo ore di pioggia ininterrotta. Le riprese mostrano scene che ricordano una catastrofe naturale nel cuore di un territorio devastato dall’offensiva israeliana. I soccorritori, privi di attrezzature adeguate, denunciano che le forti piogge stanno trascinando via materiali e strutture già indebolite, e che la possibilità di ulteriori crolli è altissima. La Protezione Civile parla di edifici pericolanti che potrebbero essere spazzati via in qualunque momento e avverte che molti nuclei familiari sono costretti a spostarsi più volte nell’arco della stessa giornata.

Il quadro che emerge dalle autorità locali è allarmante. L’ufficio stampa governativo a Gaza riferisce che 125 mila tende risultano completamente danneggiate, una cifra che supera il novanta per cento delle strutture esistenti nelle zone destinate agli sfollati. Il Comune di Gaza sottolinea che la distruzione quasi totale delle infrastrutture, dalla rete fognaria alle strade, impedisce interventi rapidi e rende impossibile garantire condizioni minime di sicurezza a chi ha perso casa e mezzi di sostentamento. In molti quartieri l’acqua stagnante ha bloccato i percorsi di accesso, intrappolando le famiglie e impedendo ai pochi veicoli di emergenza ancora funzionanti di avvicinarsi.

Da giorni l’Unrwa (Onu) lancia segnali di allarme. L’agenzia parla di tende inzuppate, pavimenti di terra trasformati in fango, strade diventate fiumi e accampamenti sempre più sovraffollati. Le condizioni igieniche peggiorano rapidamente e con esse il rischio di epidemie, aggravato dalla mancanza quasi totale di servizi sanitari. L’agenzia chiede che gli aiuti umanitari entrino immediatamente e in quantità adeguate, con l’obiettivo di dare alle famiglie la possibilità di affrontare un inverno che si preannuncia durissimo.

Munir al Barsh, Direttore Generale del Ministero della Salute di Gaza, spiega che il crollo delle temperature sta lasciando segni profondi soprattutto su bambini, anziani e malati. Ricorda che il freddo intenso può provocare brividi incontrollabili, perdita progressiva di calore corporeo e difficoltà respiratorie che, in un contesto di denutrizione diffusa e diffuso indebolimento del sistema immunitario, possono diventare fatali. L’acqua stagnante e l’umidità che penetra nelle tende rappresentano un terreno fertile per la polmonite e altre infezioni respiratorie, mentre i pazienti non hanno accesso né ai farmaci né all’assistenza necessaria per superare malattie che in condizioni normali sarebbero trattabili.