La decisione israeliana di riconoscere il Somaliland si colloca all’interno di una strategia più ampia di proiezione geopolitica nel Mar Rosso e nel Corno d’Africa. Il Somaliland, entità secessionista dalla Somalia priva di riconoscimento internazionale, offre a Tel Aviv un vantaggio geografico di primo piano: una costa di circa 800 chilometri affacciata sul Golfo di Aden e una posizione strategica nel punto di incontro tra Oceano Indiano e Mar Rosso, a ridosso dello stretto di Bab al Mandab, arteria vitale per il traffico commerciale ed energetico mondiale.

Per comprendere la portata della mossa israeliana è necessario collocarla nel contesto dei rapidi mutamenti regionali. Nel sud dello Yemen, il Consiglio di transizione meridionale, sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti e da Israele, sta consolidando il controllo territoriale, rilanciando di fatto il progetto di uno Stato yemenita meridionale che dominerebbe la sponda orientale di Bab al Mandab. In Sudan, il rafforzamento delle Rapid Support Forces, appoggiate da attori esterni, alimenta scenari di frammentazione dello Stato. Sul fronte del Corno d’Africa, le tensioni tra Etiopia ed Eritrea sono in crescita, mentre Addis Abeba, con il sostegno di Israele ed Emirati, tenta di garantirsi uno sbocco sul Mar Rosso, alterando equilibri regionali già fragili.

In questo quadro, il riconoscimento del Somaliland risponde a diversi obiettivi israeliani. Sul piano politico e diplomatico, Tel Aviv presenta la decisione come un’estensione dello spirito degli Accordi di Abramo, puntando a rafforzare il processo di normalizzazione e a costruire nuove alleanze africane. Le autorità del Somaliland, dal canto loro, hanno espresso l’intenzione di aderire formalmente agli Accordi, interpretando il riconoscimento israeliano come l’avvio di una partnership strategica.

 Israele vede nel Somaliland un centro avanzato contro gli Houthi yemeniti e, indirettamente,  l’Iran. Una posizione vantaggiosa da cui lanciare attacchi e risposte tempestive.

Accanto a questi obiettivi emerge un’altra ipotesi. Secondo indiscrezioni circolate nei media nel marzo e nell’agosto 2025, Israele avrebbe esplorato la possibilità di utilizzare il Somaliland come destinazione per il reinsediamento forzato di una parte della popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Una prospettiva che ha suscitato forti condanne internazionali e che si inserisce nel più ampio dibattito sui piani israeliani per il futuro di Gaza. In questo contesto, le dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump, che ha ammesso l’esistenza di contatti e discussioni sul tema senza fornire una posizione definitiva, hanno alimentato ulteriormente i sospetti.

Infine, la dimensione economica completa il quadro. Il riconoscimento israeliano rafforza il ruolo del porto di Berbera, favorendo una deviazione dei traffici da Gibuti, dove sono presenti basi militari cinesi, statunitensi ed europee. Berbera potrebbe così trasformarsi in un hub logistico privilegiato per gli alleati occidentali e israeliani, sostenuto da tecnologie portuali avanzate e sistemi di sorveglianza, saldando interessi economici, militari e geopolitici in una delle regioni più sensibili del pianeta.