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Tre persone sono state uccise e oltre quaranta ferite oggi a Latakia, storico bastione della comunità alawita in Siria, quando una manifestazione di protesta per l’attentato a una moschea della minoranza religiosa a Homs (8 morti) e per chiedere è degenerata in violenze e sparatorie.

Migliaia di manifestanti si erano radunati in piazza Azhari per chiedere un sistema politico decentralizzato e il rilascio di migliaia di detenuti alawiti. A un certo punto si sono uditi spari. Le forze di sicurezza hanno risposto sparando in aria nel tentativo di disperdere la folla, ma la situazione è rapidamente precipitata nel caos, con i manifestanti che hanno soccorso i feriti trasportandoli a piedi lontano dalla piazza.

Un comunicato del governatorato di Latakia ha confermato la morte di tre persone e il ferimento di altre decine, senza chiarire se tutte le vittime siano state colpite tutte in piazza Azhari o in altri centri abitati dove si svolgevano manifestazioni analoghe. L’agenzia di stampa statale SANA ha riferito che un poliziotto è stato ucciso da colpi d’arma da fuoco che ha attribuito a “residui armati del precedente regime” di Bashar Assad. E’ la narrazione abituale del nuovo regime del presidente autoproclamato Ahmed Al Sharaa quando avvengono incidenti e violenze sulla costa siriana, teatro lo scorso marzo di assalti e massacri compiuti da miliziani jihadisti e da agenti delle forze di sicurezza costati la vita a oltre mille persone, in prevalenza alawite.

La protesta era stata indetta dal Consiglio supremo islamico alawita, guidato da Ghazal Ghazal, e segue precedenti mobilitazioni represse con l’uso delle armi.  I manifestanti hanno scandito slogan a favore del federalismo, denunciando discriminazioni e violenze subite negli ultimi mesi. “Siamo venuti a rivendicare la nostra dignità e il diritto a vivere”, ha dichiarato uno dei dimostranti, ricordando gli alawiti uccisi a marzo.

Sul piano politico e militare, gli scontri di Latakia si inseriscono in un quadro più ampio di instabilità. Un’inchiesta del New York Times ha rivelato che ex alti ufficiali del periodo di Assad starebbero pianificando una nuova ribellione armata dall’esilio, con l’obiettivo di riprendere il controllo della costa siriana e creare un’entità separata. Secondo il quotidiano, basandosi su comunicazioni intercettate dopo l’hackeraggio dei telefoni degli ex funzionari, figure di primo piano come Suhail al Hassan e Kamal al Hassan sarebbero coinvolte nel reclutamento di combattenti, nella distribuzione di fondi e nella ricerca di armi.

     Tali informazioni tuttavia non sono ritenute credibili da tutti i siriani, molti dei quali escludono che i lealisti di Assad abbiano la forza per mettere a segno un piano del genere.