Pagine Esteri – Nelle ultime settimane il Consiglio di transizione del Sud (Cts), sostenuto da Abu Dhabi e che mira a far rivivere l’ex stato indipendente dello Yemen del Sud, ha invaso ampie zone del Paese mediorientale espellendo le forze governative e i loro alleati, mettendo a dura prova i legami tra Arabia Saudita ed Emirati, che sostengono gruppi rivali all’interno del governo yemenita.
Dopo l’intervento saudita, gli Emirati Arabi Uniti hanno deciso di mettere fine alla loro presenza militare in Yemen, mentre resta aperta la spaccatura tra il governo di Aden riconosciuto dalle Nazioni Unite (e di fatto espressione degli interessi di Riad) e il Consiglio di transizione del sud che all’inizio di dicembre ha preso il controllo di ampie aree nelle province di Hadhramaut e Al Mahra.
A seguito dell’ultimatum del capo del Consiglio di leadership presidenziale yemenita, Rashad al Alimi, il ministero della Difesa emiratino ha annunciato il ritiro completo delle proprie forze armate dallo Yemen, inviate formalmente per sostenere “il contrasto al terrorismo”.
Lo Yemen e gli Emirati avevano stipulato un accordo di difesa congiunta nell’ambito della coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita, intervenuta nel 2015 per sostenere il governo yemenita nella guerra contro il movimento sciita noto come “Houthi”, che attualmente controlla ancora porzioni di territorio nell’ovest del Paese, tra cui la capitale Sana’a.
L’accordo ha consentito alle forze emiratine di operare nello Yemen meridionale e orientale per attività di antiterrorismo e sicurezza portuale, nonché per missioni di supporto in coordinamento con i partner della coalizione araba. Con il suo ultimatum di 24 ore, Al Alimi ha però annunciato la fine di questo accordo. Il capo del Consiglio di leadership presidenziale ha definito la decisione come una misura volta a proteggere i civili e a preservare l’unità e la sovranità nazionale.
L’annuncio di Al Alimi è arrivato dopo che la coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita ha colpito nella notte tra lunedì e martedì una spedizione militare presso il porto yemenita di Mukalla, che si affaccia sul Golfo di Aden. Secondo quanto reso noto dal portavoce della coalizione araba, Turki al Maliki, due navi provenienti dal porto emiratino di Fujairah erano attraccate lo scorso fine settimana senza autorizzazione, dopo aver disattivato i sistemi di tracciamento. Dalle due imbarcazioni, secondo quanto affermato da Al Maliki, sono state trasferite grandi quantità di armi e veicoli militari per i separatisti del Consiglio di transizione del sud (Cts), sostenuto dagli Emirati. Il bombardamento, realizzato su richiesta del capo del Consiglio di leadership presidenziale, ha preso di mira le armi e alcuni veicoli militari.
Il leader yemenita ha poi annunciato un blocco aereo, terrestre e marittimo di 72 ore su tutti i punti di ingresso nel Paese, dichiarando lo stato di emergenza per 90 giorni.
Quattro degli otto membri del Consiglio di leadership presidenziale dello Yemen, tra i quali figura Aidarus al Zubaidi, a capo dei separatisti del Cts, hanno accusato Al Alimi di aver preso “decisioni unilaterali”, compresa quella relativa all’ultimatum per il ritiro delle forze degli Emirati.
Nei giorni scorsi, il ministro della Difesa saudita, il principe Khalid bin Salman, aveva esortato il Cts a ritirarsi dai governatorati di Hadramout e Al Mahra, e a cedere il potere alle autorità locali. Dopo il raid, l’Arabia Saudita ha espresso il proprio rammarico per le azioni intraprese dagli Emirati in Yemen nell’ambito del loro sostegno al Cts, “da considerare come una minaccia per la sicurezza nazionale del Regno e per la sicurezza e la stabilità della Repubblica dello Yemen e della regione”. – Pagine Esteri
















