Scadranno il primo gennaio le licenze di 37 Ong internazionali che operano a Gaza e in Cisgiordania. Lo ha annunciato il Ministero israeliano per gli Affari della Diaspora, sostenendo che i gruppi non hanno rispettato i nuovi e più stringenti requisiti di sicurezza per la registrazione introdotti dal governo Netanyahu. Una decisione che rischia di avere un impatto forte sull’operatività umanitaria nei Territori palestinesi, proprio mentre la situazione a Gaza è sempre più grave.
L’elenco delle organizzazioni che rischiano di non poter più operare comprende alcune delle principali realtà umanitarie attive con i palestinesi: diverse sezioni di Medici Senza Frontiere, Oxfam, Terre Des Hommes, i Consigli danese e norvegese per i rifugiati, Caritas International, l’American Friends Service Committee e l’International Rescue Committee. La scadenza fissata per la cessazione delle attività è il primo marzo.
Secondo le autorità israeliane, le organizzazioni interessate non avrebbero fornito aiuti a Gaza dall’inizio dell’attuale cessate il fuoco, entrato in vigore il 10 ottobre. Prima di quella data, il loro contributo complessivo avrebbe rappresentato solo circa l’uno per cento del volume totale degli aiuti. Tel Aviv difende le nuove regole come una misura di sicurezza necessaria per impedire, secondo la sua versione, lo sfruttamento degli aiuti da parte di Hamas. Il Ministero per gli Affari della Diaspora, incaricato di guidare il processo di registrazione, sostiene che i servizi di sicurezza avrebbero accertato il coinvolgimento di alcuni operatori umanitari in attività terroristiche. Un’inchiesta ufficiale cita due lavoratori impiegati da Medici Senza Frontiere, identificati nel 2024 come membri rispettivamente di Hamas e del Jihad. Medici Senza Frontiere ha dichiarato che non assumerebbe mai consapevolmente persone coinvolte in attività armata.
Le nuove norme, introdotte lo scorso marzo, impongono alle organizzazioni non profit straniere di fornire un’ampia documentazione sulle proprie attività e sul personale, compresi gli elenchi completi dei dipendenti stranieri e palestinesi con numeri di passaporto e di identificazione personale. È inoltre prevista la creazione di un team interministeriale con il compito di valutare le domande di registrazione e di negarle per una vasta gamma di motivi, tra cui la negazione dell’esistenza di Israele come stato ebraico e democratico, la promozione di campagne di delegittimazione o l’appello al boicottaggio del Paese.
Le Ong definiscono queste regole arbitrarie e potenzialmente pericolose per il personale sul campo. Avvertono inoltre che, senza una licenza israeliana, continuare a operare a Gaza non sarebbe più fattibile, sia per l’impossibilità di transitare dall’Egitto, sia per la necessità di coordinarsi con le autorità israeliane.
La decisione arriva mentre cresce l’allarme internazionale per la crisi umanitaria a Gaza. I ministri degli Esteri di dieci Paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Canada e Giappone, hanno espresso serie preoccupazioni per un nuovo deterioramento della situazione, definita catastrofica con l’intensificarsi dell’inverno. Nella loro dichiarazione parlano di civili che necessitano ancora di urgenti aiuti per l’alloggio, di oltre la metà delle strutture sanitarie solo parzialmente funzionanti e di 740 mila persone esposte a gravi rischi sanitari a causa del collasso delle infrastrutture igienico sanitarie. I ministri chiedono che alle Ong sia consentito di operare e che vengano revocate le restrizioni considerate irragionevoli sulle importazioni, comprese attrezzature mediche e materiali per i rifugi.
















