di Antonio Perillo –
Pagine Esteri, 17 maggio 2021 – In merito alla crisi esplosa nell’ultima settimana fra Gerusalemme e Gaza, il dibattito parlamentare negli USA appare molto più vivace e diversificato rispetto a quanto accade in Italia, dove le principali forze politiche, di maggioranza e anche di opposizione, si sono unite in un coro unanime di solidarietà pressoché incondizionata ad Israele. Le posizioni ufficiali del presidente Biden e del Segretario di Stato Blinken si sono certo attestate su una linea di piena continuità con tutte le amministrazioni precedenti. “Abbiamo relazioni molto strette con entrambe le parti”, ha chiarito Blinken in conferenza stampa, “ma partiamo dal principio per cui Israele ha il diritto all’autodifesa contro gli attacchi indiscriminati da parte di Hamas”. Biden ha confermato di aver parlato sia col premier israeliano Netanyahu sia col capo dell’ANP Mahmoud Abbas, ma ha ribadito il sostegno alla risposta di Israele. Nessuna azione diretta è stata annunciata, solo l’auspicio di una de-escalation e di una soluzione della crisi tramite la mediazione dell’Egitto e di altri paesi arabi. Negli ultimi due giorni, tuttavia, il Congresso di Washington ha ospitato appassionati interventi in difesa dei diritti del popolo palestinese da parte di deputate della cosiddetta “Squad”, il gruppo socialista all’interno dei Democratici, il cui volto più noto è Alexandria Ocasio-Cortez. In un Paese, gli Stati Uniti, da sempre principale alleato di Israele, voci così radicali di critica a Israele nei palazzi istituzionali somigliano quasi alla rottura di un tabù.
Rashida Tlaib, prima congress woman della storia di origini palestinesi (i suoi genitori nati in Cisgiordania migrarono a Detroit), ha parlato indossando la kefiah e mostrando su uno schermo le immagini dei gazawi sotto le bombe. Con la voce spezzata più volte dall’emozione, Tlaib ha denunciato l’assenza, nelle parole di Biden e Blinken, del riconoscimento stesso dell’esistenza dei palestinesi come popolo dotato di diritti e come persone che stanno subendo l’ennesimo attacco, con l’uccisione di bambini e le cariche nel loro principale luogo di culto, la moschea di al-Aqsa a Gerusalemme. Tlaib ha continuato nominando termini che non si sono ascoltati spesso nel dibattito mainstream: ha ricordato come sia un’organizzazione israeliana, B’tselem, sia Human Rights Watch abbiano definito Israele come un Apartheid State; e ha sostenuto la campagna BDS, lo stesso strumento utilizzato per combattere l’Apartheid in Sud Africa. Il suo intervento è terminato fra le lacrime, con la citazione delle parole di una madre di Gaza all’inizio dei bombardamenti israeliani:
«stanotte ho messo i bambini a dormire nel nostro letto, così se moriremo, moriremo insieme, e nessuno vivrà nel dolore per la morte dell’altro»
Ilhan Omar, di origini somale, mostra al Congresso le foto dei bombardamenti a Gaza.
Ilhan Omar, altra deputata della “Squad” nata a Mogadiscio, per i suoi tweet e interventi è stata al centro di una polemica che ha coinvolto l’ex presidente Trump. Omar ha definito apertamente in un tweet come “atto di terrorismo” i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. Nel suo intervento al Congresso, inoltre, ha parlato di “occupazione” illegale da parte di Israele e ha definito come “etnonazionalista di estrema destra” il premier Netanyahu. Al centro del suo attacco anche l’Amministrazione Biden, in particolar modo per il veto USA alla risoluzione ONU che chiedeva un immediato cessate il fuoco. Omar si è quindi “meritata” l’attenzione di Trump, che le ha dedicato un post del suo nuovo sito “From the desk of Donald Trump”, aperto dopo il ban dei suoi account da Twitter e Facebook. Trump ha sostenuto che gli attacchi di Hamas sono causati dalla debolezza di Biden e dal mancato supporto, a suo dire, a Israele. Mentre il Partito Democratico viene rappresentato da anti-americani “impazziti” come Ilhan Omar. In realtà, proprio sul tema Israele-Palestina, il presidente Biden non ha mostrato la netta discontinuità che aveva annunciato rispetto alle politiche del suo predecessore. In particolare, Biden ha confermato lo spostamento dell’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, decisione di Trump che già dal 2018 aveva fatto aumentare notevolmente le tensioni nell’area e incoraggiato le mire di Israele per un controllo completo della città. Biden, già dalla sua campagna elettorale, aveva anche omesso qualsiasi critica rispetto ai nuovi piani di costruzione di insediamenti israeliani nella West Bank e non ha espresso alcuna posizione sulla decisione della Corte israeliana che ha dato il via ai piani di sfratto dei palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheik Jarrah a Gerusalemme, che ha scatenato la crisi attuale. Direttamente a Biden infatti sono arrivate le critiche della Ocasio-Cortez, al termine di un periodo in cui non erano mancati elogi al presidente per i suoi primi 100 giorni di governo. AOC ha twittato quanto segue:
«intervenendo solo per criticare le azioni di Hamas, che sono da condannare, e rifiutando di riconoscere i diritti negati dei palestinesi, Biden rafforza l’idea falsa secondo la quale i palestinesi hanno innescato questo nuovo ciclo di violenze. Questo non è linguaggio neutrale, prende una parte, quella dell’occupazione».
Alexandria Ocasio Cortez
Ocasio-Cortez ha ricevuto quindi le attenzioni della deputata Marjorie Taylor Greene, Repubblicana trumpista e già esponente del movimento cospirazionista di estrema destra Qanon. Greene ha aggredito verbalmente AOC al Congresso, accusandola di sostenere i “terroristi”, sia palestinesi sia quelli interni di Antifa e Black Lives Matter.
Altre deputate della “Squad”, Ayanna Pressley e Cori Bush, si sono soffermate nei loro interventi sugli aiuti militari che gli USA forniscono ad Israele, per circa 3.8 miliardi di dollari all’anno. Tali aiuti, hanno sostenuto, vanno a finanziare, oltre alle bombe, le brutalità della polizia israeliana nella repressione di questi giorni in Cisgiordania e fin dentro la moschea di al-Aqsa e per il loro stanziamento non c’è alcuna valutazione sul rispetto dei diritti umani dei palestinesi. Le due deputate, afroamericane, hanno quindi tracciato un parallelo con la brutalità della polizia USA contro le comunità nere. Polizia che ha subito un processo di militarizzazione come in Israele e che con la polizia di Israele ha frequenti scambi. Bush ha ricordato l’omicidio del diciottenne afroamericano Michael Brown, ucciso nel 2014 dai proiettili della polizia di Ferguson (Saint Louis, Missouri), che aveva partecipato a un corso di addestramento organizzato da quella israeliana. Quella per i diritti delle comunità nere negli USA sarebbe quindi la stessa lotta dei palestinesi. Le vite dei neri contano come quelle dei palestinesi.
Il senatore Bernie Sanders, di fatto a capo dell’ala più progressista dei parlamentari Dem, ha affidato a un articolo sul New York Times le sue riflessioni sul tema. Sanders ha sottolineato l’assenza, nelle posizioni ufficiali dell’Amministrazione, del riconoscimento del fatto che Israele è l’unica potenza sovrana nell’area, che gode di una incredibile sproporzione della forza militare rispetto ai palestinesi proprio in virtù degli aiuti americani. Risulta assurdo quindi, secondo il senatore del Vermont, escludere dal dibattito i diritti dei palestinesi e l’origine delle tensioni, individuata negli insediamenti illegali in Cisgiordania e nell’assedio che costringe alla povertà e all’assenza di futuro i palestinesi di Gaza.
Probabilmente, l’atto politicamente più significativo è la lettera inviata al presidente Biden a firma di 25 parlamentari democratici. Il testo, la cui prima firmataria è la deputata Marie Newman, è certamente più moderato rispetto alle posizioni succitate, ma è stato sottoscritto anche da parlamentari le cui critiche a Israele non erano conosciute, come Judy Chu, Veronica Escobar e Gerry Connolly, vicini all’ala centrista del partito. La lettera esorta Biden a esercitare “la pressione diplomatica più forte possibile” sul governo israeliano per costringerlo a cessare le ostilità.
Il dibattito degli ultimi giorni rappresenta un certo grado di novità negli USA, Paese in cui il sostegno a Israele viene generalmente considerato automatico e trasversale ai due principali partiti. In particolare, i Dem sembrano dover fare i conti con una maggiore consapevolezza emersa sul tema negli ultimi anni. Un ultimo esempio significativo: Andrew Yang, front-runner alle primarie democratiche di New York per scegliere il candidato sindaco e astro nascente del partito, ha dovuto rinunciare alla partecipazione ad un evento di campagna elettorale organizzato dalla comunità mussulmana in occasione della fine del Ramadan. La motivazione risiede nelle sue dichiarazioni sulla crisi in corso in Palestina. Parole di solidarietà ad Israele in linea con quanto affermato da Biden e che probabilmente qualche tempo fa non avrebbero suscitato alcun clamore. Ma oggi Yang ha dovuto emettere un secondo comunicato in cui ha riconosciuto di aver sbagliato a non esprimere il suo cordoglio e la sua vicinanza anche alle vittime palestinesi.
Insomma, mentre in Italia diversi partiti in teoria molto diversi fra loro compaiono uniti in una foto con la bandiera israeliana, negli USA il sostegno ad Israele non viene certo meno, ma si discute.