di Antonio Mazzeo* – 

Pagine Esteri, 24 giugno 2021 – Abbiamo donato di tutto in questi anni ai Paesi del continente africano con la malacooperazione. Cibi scaduti e avariati, macchinari non funzionanti e tanti rifiuti, speciali, tossici e finanche radioattivi, spesso finiti sotto la sabbia del deserto del Sahara. Adesso in “regalo” arrivano pure le attrezzature e gli armamenti delle forze armate italiane considerati in patria come vetusti e obsoleti, inutilizzabili e irreparabili. Il 6 maggio 2021 il Ministero della Difesa ha trasmesso al Parlamento uno schema di decreto predisposto di concerto con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, concernente la “cessione a titolo gratuito di materiale di armamento a favore delle Forze Armate della Repubblica del Niger”. Il provvedimento, indicato con il numero 258/2021, è stato assegnato alle Commissioni Esteri e Difesa delle due Camere che dovranno esprimere un parere entro un brevissimo lasso di tempo. (1)

Nello specifico, lo schema di decreto prevede il trasferimento ai militari nigerini entro la fine di quest’anno di 250 giubbetti antiproiettile per addestramento, 250 elmetti in kevlar (fibra sintetica altamente resistente alla trazione), 10 caschi balistici e 8 tute antiframmento con relativi contenitori. “La cessione a titolo gratuito è da considerarsi senza costi per l’Amministrazione della Difesa”, riporta la specifica relazione predisposta dallo Stato Maggiore della Difesa. “Scopo del provvedimento è quello di rafforzare la collaborazione e la cooperazione tra le Forze Armate italiane e le Forze Armate nigerine; esso si inquadra nell’ambito dell’attività di sostegno alle istituzioni nigerine e avviene nell’ottica di accrescere l’interoperabilità tra i rispettivi dispositivi, premessa indispensabile per operare congiuntamente e sinergicamente nelle varie situazioni di crisi (in via sia bilaterale sia multilaterale)”.

A prima vista, dunque, si tratterebbe dell’ennesima donazione di sistemi bellici in surplus a favore di un alleato strategico nella “lotta al terrorismo” internazionale, così come avviene, purtroppo, da diversi anni a questa parte in ambito italiano e NATO. A leggere bene la relazione della Difesa, sembra però più probabile che a Roma qualcuno abbia trovato il modo di disfarsi a costo zero di materiali e attrezzature militari ormai del tutto inutili, se non dannosi. “Viene fatto presente che i materiali di armamento oggetto di cessione risultano obsoleti per cause tecniche”, riporta lo Stato Maggiore. “In particolare, i giubbetti antiproiettile e gli elmetti in kevlar risultano obsoleti a causa dell’impossibilità e della non economicità ad effettuare degli interventi di rispristino e di mantenimento delle caratteristiche prestazionali e di protezione originarie indispensabili per poterli impiegare per fini operativi”. Va ancora peggio con le tute antiframmentazione RAV 50: esse risultano “obsolete” a causa della “vetustà del materiale e della progressiva scadenza di validità della protezione balistica dei vari lotti che non hanno superato le prove balistiche per l’estensione della vita”. Insomma – e scusate il cinico gioco di parole – inutile che qualcuno le indossi ancora per salvarsi la vita, perché è stato del tutto impossibile allungarne la vita…

Nel report consegnato ai membri delle due commissioni parlamentari, la cessione del materiale è giustificata dal fatto che “esso è già presente in teatro operativo ed è stato utilizzato per l’addestramento del personale militare nigerino nell’ambito dell’attività di collaborazione e di cooperazione con il paese africano”. Inoltre, il provvedimento governativo “trae la propria base giuridica nelle disposizioni dell’articolo 311 del decreto legislativo n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) in forza del quale il Ministero della difesa è autorizzato a cedere a titolo gratuito materiali non d’armamento, dichiarati fuori servizio o fuori uso, a Paesi in via di sviluppo e Paesi partecipanti al Partenariato per la Pace, nell’ambito dei vigenti accordi di cooperazione, ovvero a organismi di volontariato di protezione civile”. Sempre secondo le norme legislative, “la cessione di materiali d’armamento dichiarati obsoleti per cause tecniche in favore di tali soggetti è consentita esclusivamente per materiali difensivi previo parere vincolante delle competenti Commissioni”.

Nell’odierna legislatura, altre due volte il governo ha richiesto e ottenuto il via libera al trasferimento di sistemi d’arma a favore di forze armate straniere; una prima volta al Dipartimento delle truppe dei carabinieri moldavo, la seconda a favore delle forze di polizia della Repubblica Federale di Somalia.
Con le autorità di governo del Niger, il 26 settembre 2017 l’Italia ha sottoscritto un Accordo di Cooperazione Generale in materia di Difesa che è entrato in vigore il 30 agosto 2019. Come si specifica nella documentazione allegata allo scheda di decreto pro-cessione dei “materiali obsoleti”, le forze armate dei due paesi hanno poi concordato anche due note verbali (la n. 699/20 e la 702/20) volte a consentire l’alloggiamento del nucleo di ricognizione dei militari italiani durante le fasi iniziali della missione presso i compound francese e statunitense in Niger, nonché “il libero passaggio con le uniformi, le armi e i mezzi, l’importazione e l’esportazione di equipaggiamenti, materiali, mezzi, prodotti di consumo, bagagli senza dover pagare tasse o imposte, nonché ottenere il rilascio di visti senza alcuna spesa”. Lo Stato Maggiore della Difesa fa inoltre sapere che è in fase di autorizzazione una nuova nota verbale “volta ad ottenere a titolo gratuito e fino al termine della missione una porzione di terreno all’interno dell’aeroporto di Niamey, nonché ulteriori facilities.

“La Difesa italiana ha avviato con il Niger una cooperazione bilaterale strutturata di durata pluriennale”, prosegue il documento governativo. “La prima riunione bilaterale ha avuto luogo a Niamey dal 26 al 28 ottobre 2020 e ha previsto intensi colloqui con i vertici dello Stato Maggiore delle Forze Armate e della Gendarmeria Nazionale del Niger, al termine dei quali le parti hanno finalizzato e sottoscritto il primo Piano di Cooperazione per l’anno 2021, avviando un progetto finalizzato allo sviluppo delle prioritarie capacità della Difesa nigerina (tra cui i settori Forze Speciali, Gendarmeria, C-IED e Sanità militare) emerse negli incontri”. Sempre alla prima riunione bilaterale, i vertici militari italiani hanno avuto conferma che il Ministero della Difesa nigerino “ha già approvato – con l’avallo della Presidenza della Repubblica – la concessione del terreno per la costruzione del compound della Missione bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger (MISIN)”. L’autorizzazione alla realizzazione della prima base militare italiana nell’Africa sub-sahariana ha subito ritardi di tipo burocratico, dovuti – sempre secondo la Difesa – “alla situazione pre-elettorale” (le elezioni parlamentari e presidenziali in Niger sono state fissate per il 27 dicembre 2021). “La seconda riunione bilaterale – conclude il Ministero – avrà luogo nel corso del prossimo anno (presumibilmente già nel mese di luglio), con la firma del Piano di Cooperazione 2022 e di una Roadmap pluriennale (2022-2026), che fornirà una vision nel breve-medio termine della collaborazione militare tra i due Paesi”.
La Missione bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger (MISIN) è stata deliberata dal Consiglio dei Ministri il 28 dicembre 2017 con l’obiettivo ufficiale di “incrementare le capacità di contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza da parte delle autorità nigerine e degli altri Paesi del G5 Sahel (Mauritania, Ciad, Burkina Faso e Mali), nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area”. La Missione MISIN può operare anche in Mauritania, Nigeria e Benin e, sempre secondo la Difesa, ha “anche lo scopo di garantire la raccolta informativa in merito al traffico degli esseri umani e concorrere alle attività di sorveglianza del territorio e delle frontiere, nonché di addestrare le Forze Speciali nell’area di Agadez e la componente aerea della Repubblica del Niger”.

Sempre in Sahel l’Italia partecipa con 200 uomini, 20 mezzi terrestri e 8 mezzi aerei alla Forza Multinazionale “Takuba”, posta sotto il comando dell’Opération Barkhane a guida francese. Oltre a Italia e Francia, “Takuba” vede la partecipazione di altri sei paesi europei: Belgio, Estonia, Olanda, Portogallo, Repubblica ceca e Svezia.
“Con la task force si prevede di fornire attività di consulenza, assistenza, addestramento e mentorship a supporto delle forze armate e delle forze speciali locali (…) nel contrasto alle minacce per la sicurezza derivanti da fenomeni di natura terroristica transnazionale e/o criminale”, spiega il ministero della Difesa. “La partecipazione italiana risponde, altresì, all’esigenza di tutela degli interessi nazionali in un’area strategica considerata prioritaria (…) poiché rappresenta un importante snodo logistico per lo scambio di armi e per i traffici illeciti, utilizzato dalle organizzazioni terroristiche operanti nel Sahel, prima fra tutte AQIM (Al-Qaida nel Maghreb Islamico)”.

A riprova del crescente impegno diplomatico-militare italiano nella regione sub-sahariana, lo scorso 2 giugno, festa della Repubblica, il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio si è recato in visita ufficiale in Niger per incontrarsi con i vertici governativi e militari locali. Prima di lasciare il paese, Di Maio si è recato in visita all’accampamento dove è ospitato il contingente italiano della Missione MISIN. A Niamey, quattro giorni più tardi, alla presenza dell’incaricata di affari dell’Ambasciata italiana in Niger, Francesca Orsini e del Comandante MISIN, generale Alessandro Grassano, si è svolta la cerimonia di chiusura del secondo corso di paracadutismo tenuto dai militari italiani in favore di un battaglione di paracadutisti nigerino. Il corso si è svolto dal 22 maggio al 6 giugno con numerosi aviolanci sulla zona denominata “Niger 4”, nei pressi della capitale, sotto la direzione del personale del Centro Addestramento Paracadutisti di Pisa, del 187° Reggimento Paracadutisti “Folgore” di Livorno e dell’8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti dell’Esercito di Legnago-Verona, più il supporto di un grande velivolo da trasporto C27J della 56^ Brigata Aviotrasportata dell’Aeronautica Militare (Pisa).
“Tale attività ha riscosso molto successo tra i comandanti nigerini che hanno visto la potenzialità del lancio con tecnica a caduta libera come moltiplicatore di forza, grazie all’effetto sorpresa che ne deriva dall’utilizzo, del delicato compito di contrasto alle attività avverse alla popolazione locale e Forze di Sicurezza da parte di organizzazioni terroristiche”, riporta lo Stato Maggiore della Difesa. “Il corso di paracadutismo militare rientra nel nuovo concetto d’azione della Missione Nazionale di Cooperazione in Niger che sta rivedendo e migliorando le capacità della controparte, step fondamentale per l’incremento della formazione individuale e collettiva dell’esercito nigerino”. (2) Tanta enfasi e tanto impegno bellico per l’Italia a suon di milioni di euro; peccato però che alla fine restino agli alleati africani un po’ di logore tute antiframmenti e di giubbe antiproiettili da smaltire in qualche discarica di rifiuti del Sahel…

(1) https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01297801.pdf
(2)https://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/Niger_missione_bilaterale_supporto/notizie_teatro/Pagine/MISIN_concluso_2_corso_di_paracadutismo_militare_in_Niger.aspx

 

*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).