di Dalloula Hodeidan – Alaraby
Pagine Esteri, 27 settembre 2021 – Le dichiarazioni irresponsabili fatte da personaggi di entrambi i paesi, per quanto irrilevanti possano essere per entrambe le parti, sono l’equivalente diplomatico di lame arrugginite usate per difendere l’identità e l’unità nazionale e ottenere il rispetto del paese vicino. La cosa bizzarra di questa vicenda è che non è successo nulla tra i due Stati che approfondisca la loro inimicizia. In altre parole, il loro conflitto di 40 anni è rimasto invariato. Non è che il Marocco abbia occupato l’Algeria con i suoi servizi militari e di sicurezza o controllato le sue decisioni sovrane come la Siria ha fatto con il Libano per decenni. E l’Algeria non ha strappato province o territori al Marocco come la Turchia accusata dell’annessione dell'[ex ottomano] Sangiaccato di Alessandretta in Siria. Né l’esercito di uno Stato ha fatto irruzione nel territorio dell’altro per fare pressione affinché riconoscesse il suo diritto di inghiottirlo per intero, come ha fatto il defunto presidente iracheno Saddam Hussein con la sua guerra in Kuwait. Anche gli scontri militari tra i due paesi, nella Guerra di Sabbia e nella Prima e Seconda Battaglia di Amgala, sono durati appena poche settimane. Il sangue è stato versato ma l’Algeria non ha abbandonato il suo sostegno al Fronte Polisario e il Marocco non ha preso Tindouf e l’ha aggiunto alla sua mappa.
Pur conoscendo l’entità dei loro interessi comuni, Algeria e Marocco persistono nell’espellere o ritirare ambasciatori e a riattivare la diplomazia, ogni tremito può essere affrontato con misure politiche appropriate, senza slacciarsi ogni volta la cravatta (preparandosi a una scazzottata) e lasciando il collo del Maghreb esposto alle armi di parti con interessi più ampi.
Gli storici fanno risalire la spaccatura tra i due paesi più indietro dell’Impero ottomano e della conseguente devastazione che ha spazzato la regione. Gli spagnoli videro lo Stato vassallo che i turchi stabilirono nell’Algeria del XIV secolo come una minaccia per i loro interessi in Marocco. Molto è stato detto su questo argomento: dall’affermazione che l’Algeria ha fabbricato la questione del Fronte Polisario per distrarre il Marocco e impedirgli di assumere la guida del Maghreb, come suggeriscono diversi storici francesi, all’affermazione che il Fronte trae benefici a scapito della liberazione il territorio che dovrebbe cercare di liberare senza cadere nell’assoluta dipendenza da chi lo sosterrà e se ne accollerà le conseguenze. È estremamente ironico che il defunto re Hassan II del Marocco abbia firmato l’accordo di Madrid che stipula la spartizione del Sahara occidentale tra il Marocco e la Mauritania sulla scia del ritiro della Spagna dal territorio alla fine degli anni ’70. L‘Algeria ha impugnato questa spartizione. All’epoca, il presidente Houari Boumediene prese in giro il presidente mauritano Moktar Ould Daddah, dicendo che se fosse riuscito a entrare nel territorio saharawi, gli sarebbe stato permesso di bere tè sahariano intriso di baffi invece di foglie di menta! Poi sono scoppiati gli scontri tra Marocco, Mauritania e Fronte Polisario e Daddah è uscito di scena, ingoiando il boccone amaro del golpe contro di lui.
Quanto sopra e le cronache sahrawi in Marocco, Algeria o altrove dicono che il Sahara occidentale potrebbe essere la malattia del Marocco. Tuttavia, la ragione dice che non importa quanto siano vaste le sue miniere di fosfati o quanto estesi i suoi fronti che si affacciano sull’Atlantico, il Sahara occidentale non può permettersi di rinunciare al riavvicinamento con il Marocco e all’apertura delle frontiere. Né Tindouf né alcun’altra area erroneamente attribuita dal Trattato di Lalla-Maghnia del 1845 che delimita i confini tra i due paesi possono servire come alternativa all’apertura reciproca di ambasciate e a raccogliere i vantaggi delle relazioni tra Algeria, Rabat e l’intero Maghreb arabo che attende da anni la loro riconciliazione. Si potrebbero accumulare miliardi se si rafforzassero i legami con iniziative politiche serie e consapevoli. Potrebbero aprirsi vie di turismo senza eguali nel mondo arabo, consentendo a un cittadino del Sud Europa di raggiungere la costa mediterranea della Tunisia, attraverso la Libia (una volta raggiunta la sua sicurezza) fino all’Algeria e il Marocco. Anche la Mauritania non sarebbe ignorata. La realizzazione di questo sogno economico andrebbe a scapito di molti attori che non osano fare una mossa per riparare le relazioni danneggiate tra i due paesi.
Non è impossibile che avvenga una riconciliazione marocchino-algerina, come dimostra il riavvicinamento avvenuto durante la presidenza di Abdelaziz Bouteflika, il “figlio di Oujda” (città marocchina) come veniva chiamato. Questo è un altro vantaggio della connessione tra i due Paesi, che ci sono leader e presidenti algerini di origine marocchina come Ahmed bin Bella, nato a Maghnia. In ogni caso il conflitto tra i due Paesi, che rischia di fratturare il Maghreb, deve prevedere misure di pacificazione. Perché i due popoli sono consapevoli che quanto sta accadendo è pura polemica politica e che non c’è alcun bisogno di vedere ambasciatori stremati dal partire e dal tornare (nelle loro sedi diplomatiche, ndt). Ma la politica, si sa, ha le sue necessità.
I muli da cui prende il nome la traversata Zouj Beghal tra i due paesi, se la storia è vera, sono morti molto tempo fa ma la loro mentalità sembra essere ancora viva tra i funzionari ufficiali. Pagine Esteri.