“Al-Qaeda, la vera storia”, del pluripremiato giornalista britannico Jason Burke uscito nel 2003 e l’anno successivo in Italia per le edizioni Feltrinelli, è con ogni probabilità il migliore degli innumerevoli libri scritti sull’organizzazione di Osama Bin Laden dopo l’11 Settembre. Burke, studioso della materia, a differenza di altri autori non punta l’attenzione solo sulle modalità dell’attacco alle Torri Gemelle e sulle azioni terroristiche messe a segno da Al Qaeda e da varie formazioni qaediste. Cercando di spiegare cosa sia, o sia stata, Al Qaeda, nelle sue più profonde radici storiche, sociali e politiche, il giornalista scrive dei profondi limiti dell’Occidente nella comprensione della diversità della moderna militanza islamica. Al Qaeda in realtà è un’etichetta applicata in modo fuorviante a un movimento globale diversificato e disorganizzato. Burke sfida i miti che minacciano le fondamenta della “Guerra al terrore” avviata dagli Stati uniti con effetti devastanti per alcuni paesi e che non ha risolto ma aggravato il “problema”. L’attenzione degli Stati uniti su Al-Qaeda è stata una perdita di tempo. Piuttosto, sottolinea Burke, Washington e i paesi occidentali devono comprendere la gravità degli errori della loro politica estera e impegnarsi per eliminarli e “conquistare i cuori e le menti” delle popolazioni nel resto del mondo e in quello islamico in particolare se vogliono contrastare efficacemente il terrorismo.

 

Per individuare con facilità i limiti degli occidentali nella comprensione del “diverso”, occorre leggere questo saggio scritto dallo scienziato politico statunitense Samuel P. Huntington, “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale. Il futuro geopolitico del pianeta”, (Garzanti, 2000). Pubblicato prima dell’11 Settembre 2001 ed esito delle teorie espresse da Huntington a partire dagli anni ’90, il libro per certi versi è la summa del pensiero conservatore, diffidente e intollerante che domina la cultura occidentale vis-à-vis le altre culture. A cominciare da quella islamica che Huntington identifica come il nuovo nemico dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Urss. Trascurando i bisogni socioeconomici insoddisfatti delle popolazioni e le negazioni di diritti di intere nazioni come fattori causali che guidano i conflitti, l’autore vede nell’Islam l’ostacolo al dominio occidentale del mondo. Per spiegare la guerra con l’Islam, aggiunge, deve essere compreso che la cultura, piuttosto che lo Stato, sarà motivo dello scontro. Pertanto, le nazioni occidentali perderanno il predominio se non riconosceranno la natura inconciliabile delle tensioni culturali. E’ quasi superfluo aggiungere che le teorie di Samuel P. Huntington sono diventate la Bibbia dei tanti che, non solo per l’11 Settembre, continuano ad invocare lo scontro di civiltà e la guerra all’Islam.