AGGIORNAMENTO 22 GENNAIO

La foto del nuovo governo cileno formato dopo la vittoria alle presidenziali del giovane socialista Gabriel Boric, spiega da sola il volto mutato del paese andino. L’immagine è dominata da donne – 14 ministre su 24 – con sette membri del gabinetto di età inferiore ai 40 anni e il più giovane di 32 anni. L’età media è di 49 anni. Lo stesso presidente Boric, ex leader delle proteste studentesche, avrà compiuto appena 36 anni quando entrerà in carica a marzo.

“Qualcosa è cambiato”, ha scritto su Twitter Juan Gabriel Valdes, un ex ministro degli esteri, postando due foto: una del governo entrante e un’altra del governo tutto maschile del 1990, quando il Cile era appena tornato alla democrazia dopo la brutale dittatura del generale Augusto Pinochet.

L’enfasi sulla diversità politica e sulle nuove idee mostra che il primo leader millennial cileno vuole mantenere le promesse della sua campagna elettorale per dare uno scossone al paese. E la composizione del gabinetto riflette un cambiamento a lungo termine nel ruolo delle donne cilene.

“Questo gabinetto è molto importante per noi”, afferma Karol Cariola, 34 anni, deputata del Partito Comunista Cileno, alleato dell’ampia coalizione di sinistra di Boric. “Riflette la diversità del Cile e anche la necessità di progredire verso un paese decentralizzato, un paese femminista, in cui non abbiamo limiti nella partecipazione politica”.

Tra i nuovi ministri c’è Izkia Siches, 35 anni, medico di spicco, che ha ottenuto consensi per il suo ruolo nella risposta alla pandemia. Sarà ministra degli interni.

Maya Fernandez Allende, la nipote di 50 anni dell’ex presidente socialista Salvador Allende, che fu rovesciato e assassinato in un sanguinoso colpo di stato militare nel 1973 dal generale Augusto Pinochet, assumerà il portafoglio della difesa.

Marcela Hernando, 61 anni, centrista, sarà responsabile del settore minerario nel principale produttore mondiale di rame, mentre Maisa Rojas, 49 anni, stimata scienziata del clima, assumerà il ministero dell’ambiente. Boric ha segnalato un focus sul clima e sulla protezione dell’ambiente.

Lascia perplessi tuttavia la nomina al ministero dell’Economia di Mario Marcel, già presidente della Banca centrale e considerato un esponente di spicco del mondo della finanza. La sua scelta non a caso ha soddisfatto il milionario cileno Andrónico Luksic ed è stata fortemente criticata dalla sinistra più radicale.

Alla presentazione del suo gabinetto, Boric ha affermato che la sua squadra guiderà piani di riforma su pensioni, istruzione, salute e ambiente. Tuttavia, la sua amministrazione dovrà affrontare sfide significative. Il più giovane presidente in assoluto del Cile, quest’anno supervisionerà un referendum su una nuova costituzione. E i cileni furiosi per un modello economico liberista che per decenni ha aiutato solo i ricchi e lasciato milioni di persone con una bassa istruzione e pensioni da fame, hanno organizzato proteste di massa nel 2019 e ora si attendono cambiamenti concreti.

Boric dovrà fare i conti inoltre con un Congresso diviso in cui i conservatori rimangono forti. Alcuni analisti ritengono che la giovane squadra di governo potrebbe avere difficoltà, data la mancanza di esperienza e un paese diviso a metà, dove le elezioni hanno visto un candidato di estrema destra guadagnare il 44% al secondo turno.

PER UNA ANALISI SUL CILE CHE PROVERA’ A REALIZZARE GABRIEL BORIC, VI PROPONIAMO LA LETTURA DI:
Il Cile di Boric alla prova, tra passato da chiudere e futuro da costruire
di Tiziano Ferri –

Pagine Esteri, 12 dicembre 2022 – Gradualità e progettualità. Sin dal primo discorso dopo la vittoria Gabriel Boric è consapevole che la strada del “primo governo ecologista della storia cilena” non sarà in discesa, ma non per questo rinuncerà al suo programma: creazione del servizio sanitario nazionale, riforma tributaria progressiva (revisione delle royalty, lotta all’evasione, imposta ai super ricchi), aumento del salario minimo, diminuzione della giornata lavorativa, sostituzione dei fondi pensione privati con un sistema previdenziale pubblico, percorsi riabilitativi per tossicodipendenti e contrasto al narcotraffico, riconciliazione coi popoli nativi, potenziamento dell’educazione pubblica gratuita e di qualità.

Chi attende cambi radicali a breve termine probabilmente andrà incontro a una delusione; quattro anni di governo non ribaltano mezzo secolo di cultura liberista promossa dai Chicago boys, consiglieri economici del golpista Pinochet. A quel passato è legata esplicitamente la figura di Kast che, pur sconfitto, ha ottenuto il 44% dei voti al ballottaggio. C’è da aspettarsi che quei settori sociali e imprenditoriali, della finanza e della comunicazione, pronti a sostenere un governo di estrema destra, dopo il colpo subito nelle urne non tarderanno a porre ostacoli a un progetto politico progressista.

Inoltre è prevedibile la reazione degli Stati Uniti ai cambiamenti in un paese che, dal golpe del 1973 ad oggi, è sempre stato lo scolaro modello in quella regione ritenuta il cortile di casa. Infine va ricordato che nel sistema istituzionale cileno il presidente è a capo dell’esecutivo, mentre il legislativo è in mano al Congresso, nel quale la coalizione di Boric non detiene la maggioranza.

Ciò nonostante, l’ex leader universitario ha l’opportunità di far leva su alcuni punti di forza. Sicuramente, oltre a perseguire un programma sostenuto da un largo consenso, il presidente eletto dovrà mantenere salda la coalizione sociale che lo ha portato a vincere, confrontandosi costantemente con le diverse competenze e sensibilità che questa esprime.

È stato decisivo l’appoggio di diversi segmenti della società cilena: dal mondo del lavoro all’ambito accademico, dalle lotte per l’ambiente alla divulgazione scientifica, dai collettivi femministi agli attivisti per i diritti umani, dai movimenti per la casa agli spazi culturali. Si tratta di un patrimonio da non disperdere, e i primi passi di Boric vanno in questa direzione.

C’è un altro aspetto che gioca a favore del nuovo presidente. La sua entrata al palazzo della Moneda segna un cambio generazionale della politica cilena, con una classe dirigente di trentenni e quarantenni subentrante al ceto che ha gestito il paese negli ultimi 30 anni con la costituzione ereditata da Pinochet. Questa epoca detta della “concertazione”, grazie alla mobilitazione partita nell’ottobre 2019, si sta chiudendo con la scrittura di una nuova costituzione. In quelle settimane di lotta con morti e feriti, occupazioni e scioperi, si posero le basi sociali per liquidare stato, mercato e società a pensiero unico liberista. Facendo riferimento all’aumento dei trasporti pubblici, fattore scatenante della protesta, lo slogan che echeggiava era “Non sono i 30 pesos, sono i 30 anni!”. Per placare una rivolta incontenibile col solo ricorso alla forza, i partiti concessero l’elezione di una Convenzione costituzionale con regole inedite per la democrazia cilena: parità di genere, posti riservati ai popoli nativi, libero accesso per le candidature indipendenti. Dal voto del maggio 2021 è scaturita un’assemblea a larga maggioranza di sinistra e di indipendenti progressisti, alla cui presidenza è stata eletta una donna mapuche. Tale è l’organo che deve scrivere la nuova costituzione e completare così una transizione che investe diversi aspetti: dalla “democrazia protetta” alla “democrazia partecipata”, dal liberismo al welfare state, dall’economia estrattivista allo sviluppo sostenibile, dal patriarcato alla società paritaria, dai diritti del consumatore ai diritti sociali universali. Anziché offrire la collaborazione dovuta dalla presidenza della repubblica al processo costituente, il conservatore Piñera “è stato un ostacolo”, come ha dichiarato la presidente della Convenzione costituzionale.

Boric, al contrario, non solo da neoeletto si è immediatamente recato a farle visita, assicurando un sostegno totale durante il suo mandato, ma si è spinto più in là: consapevole che il suo sarà un governo di transizione costituzionale, nella prima intervista a un quotidiano, rilasciata a Diario Concepción (giornale regionale, indipendente, diretto da una donna), si è detto disponibile a farsi da parte nel caso in cui la nuova costituzione, approvata col voto popolare a fine anno, chiedesse il rinnovo delle cariche istituzionali: “Non saremo un sasso nella scarpa, ma piuttosto un vento amico”. Viste le difficoltà sopra citate relative all’azione di governo, forse il ruolo storico della sua presidenza potrebbe essere prevalentemente questo: preparare il terreno per un compimento pieno del nuovo assetto costituzionale, che liberi il Cile dall’ordine economico e istituzionale ingessato dalla dittatura. E che renda più semplice, in un futuro non lontano, occuparsi della cosa pubblica come sogna Boric: “Per me la politica ha senso, come la felicità, quando è condivisa, quando è collettiva”.