Ilaria De Bonis – 

Pagine Esteri, 25 gennaio – La Repubblica Centrafricana è un tritacarne senza vie d’uscita: Stato fallito (il governo debolissimo di Touadéra controlla appena un terzo del territorio e trova alleati nella Russia predatoria di Putin), ancora vive gli strascichi della guerra tra i due principali gruppi armati, gli ex Seleka (di matrice islamista) e gli anti-Balaka (di origine cristiana).

Il popolo del Centrafrica è schiacciato dal conflitto tra “ribelli” antigovernativi e politici corrotti. A questa continua guerriglia si vanno ad aggiungere altri fattori.

Paese ricchissimo di oro, diamanti, manganese, rame, ferro e ‘terre rare’ (core business della Green economy), è anche per questo ostaggio di quanti si tuffano letteralmente su miniere e forzieri del ‘tesoro’. Senza rispettare alcuna regola.

Ma il Centrafrica è anche un Paese vittima dello stallo della Minusca, la missione di pace della Nazioni Unite che non protegge a sufficienza i civili.  Anzi. Da sempre (la missione ha preso avvio nel 2014) a denunciarlo è la stessa popolazione centrafricana, che racconta episodi di inazione dei soldati Onu mentre, a pochi metri da loro, i ribelli (sono 14 le milizie armate nate dalla scissione dei capofila anti-Balaka e Seleka), sfogano la loro rabbia sui civili.

«Mentre qui uccidono la gente, i soldati Onu non intervengono, è una grande frustrazione per chi vive in costante pericolo», racconta una nostra fonte a Bangui.  I 14 i gruppi armati del Centrafrica non hanno mai deposto le armi dal 2015 ad oggi, ossia da quando si è conclusa la guerra civile: «negli accordi di Kartohum sono stati fatti a mio avviso degli errori: i ribelli avrebbero dovuto, in base al testo, accettare il disarmo e come contropartita partecipare alla formazione del nuovo governo. Ma in realtà non sono mai stati disarmati», ci spiega la fonte.

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Dall’altra parte ci sono soldati addestrati a non sparare (i Caschi Blu) o semplicemente poco addestrati a farlo, perché a loro volta arruolati dai Paesi limitrofi o da altri Paesi africani lontani, primo l’Egitto, senza grande preparazione e senza scopo.  Ma c’è di più oltre alla passività dei caschi Blu, come si legge in molti dossier ed inchieste internazionali: ciclicamente i blue helmet finiscono sotto i riflettori del mondo per abusi e violazioni dei diritti umani a danno di donne, minori, e popolazione civile di ogni età. O per connivenza con i trafficanti di ricchezze naturali.

L’ultimo scandalo riguarda il contingente portoghese (inchiesta ancora aperta ma abilmente tenuta low profile dal governo di Lisbona) accusato di trafficare in commercio di diamanti, droghe e oro, sottratti alle miniere clandestine e fatti giungere sottobanco fino in Europa. Il Centrafrica è davvero il “Paese dei balocchi” sotto questo punto di vista: i giacimenti di minerali preziosi sono il nocciolo della questione, come in Repubblica Democratica del Congo, Angola e in tutti gli Stati ricchissimi di materie prime dell’Africa Subsahariana.

«Viaggia dove vuoi tra le giunge e le foreste, i fiumi, le valli, gli altopiani aridi del Centrafrica, dove si estendono vaste ricchezze naturali, e inizierai a comprendere le contraddizioni di un Paesi tanto ricco eppure poverissimo – si legge in uno straordinario reportage di Voice of America – Sotto il regime coloniale francese le compagnie straniere sfruttavano le miniere di diamanti, oro, e le piantagioni di cotone, legno, gomma, ma ne lasciavano una parte per le infrastrutture di lungo termine».

L’attuale panorama centrafricano è se possibile ancora più desolante di quello che si apriva al mondo nel periodo coloniale, poiché la predazione oggi è continua, senza limiti e soggetta alle rapidissime sterzate del mercato internazionale, come quella data dalla transizione energetica.

Di recente anche i vescovi del Centrafrica hanno denunciato lo sfruttamento selvaggio del suolo e sottosuolo, in un documento controfirmato in calce che dice che le risorse naturali sono depredate da «stranieri con la complicità di alcuni nostri connazionali. Chiediamo con tutto il cuore che ci sia trasparenza intorno alle convenzioni tra la Repubblica Centrafricana e i partner e Paesi stranieri». La Chiesa locale non fa nomi ma il riferimento è chiaramente alla Russia che sta penetrando sempre più a fondo nella politica e nell’economia del Centrafrica.  Traffici e violenza arbitraria sulle persone sono la regola in un Paese senza regole che è diventato il peggior Far West d’Africa. Ancora più noto a proposito di abusi sulle persone e diritti violati da parte del contingente Onu, è lo scandalo (ormai rimosso) dei soldati della Minusca provenienti dal Gabon, che il 15 settembre scorso sono stati costretti dalle Nazioni unite stesse ad abbandonare la loro “missione”.  Erano coinvolti in episodi di violenza sessuale su cinque donne e sono stati riconosciuti colpevoli di «sfruttamento e abusi sessuali» in base a prove e testimonianze inconfutabili. Le misure adottate per rimuovere i soldati abusanti sono stabilite dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2272 del 2016, che dà origine alla zero-tolerance policy, ossia: prevenzione dei comportamenti illeciti, rispetto degli standard di condotta stabiliti dalle Nazioni Unite e sviluppo di azioni correttive. Ma nonostante la bassissima credibilità di cui gode, la missione internazionale Minusca è stata comunque riconfermata e il mandato a fine novembre è stato rinnovato per un anno ancora, senza definire meglio mandato e priorità. Diversi dossier di ong ed inchieste giornalistiche internazionali raccolgono prove e testimonianze di un popolo senza voce che da anni soffre inaudite violenze da parte di milizie armate, soldati mercenari russi, e parte dei Caschi Blu impreparati o collusi con i criminali.

Difficile per il popolo centrafricano orientarsi nella selva di pericoli e riporre fiducia in uno dei tanti attori che agiscono sul territorio senza promuovere minimamente il benessere della gente. Non ci sono solo le milizie armate e la debolezza dei soldati Onu a minare la vita della gente: sempre più spesso il governo e il suo esercito inefficace, si avvalgono di contractors, ossia mercenari pagati per combattere al fianco dei militari e che però si macchiano a loro volta di atrocità. I russi sono i principali alleati, sia militari che politici, del presidente Faustin-Archange Touadéra e sono oramai universalmente considerati mercenari poco rispettosi dei diritti umani.

Una importante inchiesta della Cnn e di The Sentry indaga sull’eccidio di civili da parte dei contractors russi del Wagner group (gli stessi presenti anche in Mali). Si tratta di una delle pagine più buie della storia recente del Paese: la tortura e l’uccisione di diversi civili (tra cui dei bambini) da parte dei mercenari russi, il 15 febbraio dello scorso anno.

«I mercenari, sostenuti da almeno un elicottero da combattimento, hanno attaccato il vicinato, cercando i ribelli Seleka, ma secondo molti testimoni hanno aperto il fuoco contro civili inermi, molti dei quali nascosti nella moschea di Taqwa, si legge nell’inchiesta della CNN, “It was our children they killed”.

«Non c’era un solo Seleka nella moschea, hanno ucciso soltanto la popolazione civile. Non abbiamo visto un solo corpo di Seleka a terra, erano i nostri bambini quelli che hanno ammazzato!», racconta una testimone.

Il mondo intero (grazie ai mille documenti prodotti e alle tante inchieste aperte, nonché alle denunce di attivisti e cooperanti) è a conoscenza dell’agonia del Centrafrica. Ma nessuno agisce. È questa la grande falla che lascia senza speranza il Centrafrica: sapere e non agire, vedere e non difendere. Il che equivale a morire molte volte.