AGGIORNAMENTO
Un mese dopo la sua uccisione in un raid di un commando militare statunitese nella regione di Idlib nel nord-ovest della Siria, lo Stato Islamico oggi ha confermato la morte del suo leader Abu Ibrahim Al-Hashemi Al-Quraishi, e ha annunciato Abu Al-Hassan Al-Hashemi Al-Quraishi come suo nuovo capo.
PER APPRONDIRE LEGGI L’ARTICOLO “ANCHE BIDEN HA IL SUO TROFEO, UCCISO IL CAPO DELL’ISIS ABU IBRAHIM AL HASHIMI AL QURAYSHI”
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 4 febbraio 2022 – Di Abu Ibrahim al Hashimi Al Qurayshi non si è mai saputo molto. Era iracheno, nato a Tal Afar nel 1976. Il vero nome era Amir Mohammed Abdul Rahman al Mawli al Salbi, noto solo agli esperti dell’Isis. Emerse solo il 31 ottobre del 2019, quando fu nominato leader dello Stato Islamico in sostituzione di Abu Baker Al Baghdadi morto quattro giorni prima in un raid di un commando statunitense. Ieri altre forze speciali americane, prima dell’alba, hanno colto di sorpresa Al Qurayshi ad Atmeh, un villaggio della provincia siriana di Idlib, roccaforte di migliaia di miliziani jihadisti e post qaedisti di Ha’yat Tahrir as-Sham che «amministrano» l’area con la protezione dell’esercito della confinante Turchia. E, di fatto, anche dei paesi occidentali, Usa inclusi, che non permettono a Damasco di recuperare il controllo di quella regione. Dopo sparatorie ed esplosioni andate avanti per quasi due ore, Al Qurayshi «è morto» assieme ai suoi familiari, in quali circostanze non si sa. Le vittime sono state 13, tra i quali sei bambini come è stato confermato anche dall’Unicef. «La missione ha avuto successo, non ci sono state vittime statunitensi», ha proclamato soddisfatto l’addetto stampa del Pentagono John Kirby. Sani e salvi tutti i soldati americani, i «danni collaterali», i civili morti, e le distruzioni intorno alla casa di Al Qurayshi evidentemente non contano.
Secondo Joe Biden, che ha annunciato qualche ora dopo l’eliminazione del capo dell’Isis, in un «atto finale di disperata codardia» al Qurayshi avrebbe scelto di farsi saltare in aria pur di non essere catturato, senza alcun riguardo per la sua famiglia e per chi gli stava intorno. «Ho chiesto – ha detto il presidente Usa – che venissero assunte tutte le precauzioni possibili per minimizzare le vittime civili. I terroristi decidono spesso di circondarsi di donne e bambini…Così, ha causato la morte di diversi membri della sua famiglia esattamente come il suo predecessore Abu Bakr al Baghdadi». Quindi al Qurayshi avrebbe imitato il gesto estremo che sempre gli Stati uniti attribuirono nel 2019 ad Al Baghdadi durante l’operazione condotta anche in quel caso da forze speciali Usa nella città di Barisha, 26 chilometri a sud di Atmeh. Non ne sapremo di più, almeno per i prossimi anni.
Di sicuro le modalità dell’operazione di ieri somigliano molto a quelle dell’uccisione del fondatore di Al Qaeda Osama bin Laden ad Abbottabad (Pakistan) nel maggio 2011. Ad Atmeh le forze statunitensi, giunte in elicottero, avrebbero ingaggiato un lungo scontro a fuoco con le guardie del corpo di Al Qurayshi asserragliati nelle abitazioni circostanti l’edificio. Come avvenuto nel raid che portò all’uccisione di Bin Laden, uno degli elicotteri, costretto a un atterraggio di emergenza a causa di un problema tecnico, è stato distrutto da un caccia Usa al termine dell’operazione, dopo il ritiro dei commando. Funzionari Usa sostengono che le forze americane avrebbero evacuato con successo i civili presenti prima che Al Qurayshi, barricato nell’edificio e deciso a non arrendersi, si facesse esplodere con un ordigno in suo possesso assieme alla moglie e ai figli. Sui social girano foto dell’abitazione del leader dell’Isis, delle distruzioni nella zona circostante assieme a notizie non verificabili sul corpo di Al Qurayshi non dilaniato dall’esplosione e con un foro di proiettile alla nuca.
Secondo informazioni diffuse dall’agenzia di stampa curda Anf, sulla base di confessioni fatte da membri dell’Isis due anni fa, Al-Qurayshi godeva della protezione della Turchia, paese dove avrebbe vissuto per un anno. Un articolo dell’Anf pubblicato 13 febbraio 2020, riferisce che il leader dello Stato Islamico si era trasferito in Turchia alla fine del 2017, muovendosi liberamente tra Antep e Ankara. Il raid statunitense ad Atmeh è coinciso con i cannoneggiamenti e i raid aerei turchi contro i villaggi di Tel Shanan, Al Dardarh e Qubor Al Qarajneh sotto il controllo delle Sdf curdo-arabe. Una donna, forse una combattente, è stata uccisa, ferite diverse altre. Un drone turco inoltre ha preso di mira un veicolo nel villaggio di Kharzah, a est della città di Darbasiya. Ankara sostiene di aver aperto il fuoco con intensità dopo l’uccisione di un soldato turco da parte delle Sdf. I media turchi parlano di 43 combattenti curdi uccisi. Pagine Esteri