Rawaa Kassem – Al Ahed
(le foto scattate a Bengasi sono di Dario Fichera)
Pagine Esteri, 18 maggio 2022 – I rapporti tra Tunisia e Libia sono tornati in crisi dopo la tregua dei mesi scorsi dovuta al ritorno alla normalità dei flussi di merci e viaggiatori dopo l’apertura del valico di Ras Ajdir che la Libia aveva deciso di chiudere. Da quando il presidente tunisino Kais Saied ha ridimensionato l’influenza dei Fratelli Musulmani con una serie di misure, Abdelhamid Dabaibeh (premier della Libia e del governo di unità nazionale riconosciuto a livello internazionale a Tripoli) e i suoi sostenitori – vale a dire la Fratellanza sostenuta dalla Turchia e gruppi takfiri – hanno accentuato l’ostilità nei confronti della Tunisia e accusano il suo regime di minacciare la stabilità della Libia.
La nuova crisi tra i due paesi sembra essere dovuta anche al fatto che il nuovo primo ministro designato Fathi Bashaga, alleato di Khalifa Haftar (il comandante dell’Esercito nazionale libico Tobruk), si è stabilito in Tunisia dove risiede anche l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia. La crisi si deve anche al fatto che Bashaga ha tenuto lì una serie di incontri per formare il suo governo. Abdelhamid Dbaibeh non cederà, come alcuni credono, il potere e il suo incarico di primo ministro a Tripoli a Bashagha, che è sostenuto dal parlamento. Invece, è pronto a combattere contro le parti pro-Bashaga. Dabaibeh gode sempre dell’importante sostegno delle organizzazioni della Fratellanza nella Libia occidentale e dal cosiddetto Consiglio di Stato che non perdonano a Bashaga, “l’uomo di Misurata”, la sua alleanza con il loro nemico Khalifa Haftar.
Bashaga, già ministro degli interni del governo di Fayez al-Sarraj, era un alleato di spicco della Fratellanza ma alcune intese lo spinsero a cambiare atteggiamento, promosse pare dagli stessi turchi che non appaiono più disposti a restare vincolati a Dabaibeh divenuto un pesante fardello e che viene osteggiato dagli Stati vicini ad eccezione dell’Algeria. Quest’ultima, a quanto pare, ha interesse nel fornire sostegno non dichiarato a Dabaibeh, che, si dice, ha promesso agli algerini di rinunciare ad alcuni diritti petroliferi libici se riceverà il sostegno di Algeri per rimanere primo ministro libico contro la volontà del parlamento. I vantaggi che l’Algeria ha ricevuto durante il mandato di Dabeibeh, inclusa l’apertura di valichi per importare generi alimentari algerini invece che tunisini – sebbene la Tunisia sia sempre stata il principale fornitore della Libia di tali merci -, potrebbero spingerla a sostenere ulteriormente Dabaibeh contro Fathi Bashagha. Di conseguenza, il premier sta cercando soluzioni per persuadere un certo numero di paesi vicini e parti regionali e internazionali ad abbandonare il loro sostegno a Fathi Bashagha, evidenziando il pericolo di due governi e parlamenti esistenti in Libia e affermando di tutelare gli interessi di quei paesi.
La Libia è ora sul punto di tornare al punto di partenza, alla fase precedente all’accordo internazionale che ha unito le istituzioni statali in vista dello svolgimento delle elezioni, che sono state sospese. Allo stato attuale nel paese esistono due governi e due parlamenti. Nella prossima fase, la Tunisia sarà probabilmente una destinazione verso la quale affluiranno gli attori politici libici, poiché è anche la residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia Richard Norland, che tutti cercano e corteggiano. Fathi Bashagha è lì da un po’ ormai. Dabeibah si sta preparando per una lunga visita in Tunisia, prevista nei giorni scorsi ma che è stata rinviata. Sarà accompagnato da un’importante delegazione incaricata di presentare accordi che possano essere allettanti per la parte tunisina nella difficile situazione economica che sta attraversando il Paese.
Dabaibeh conta anche di incontrare l’ambasciatore degli Stati Uniti sul suolo tunisino per bloccare il suo rivale. È ben consapevole che il solo impedire l’ingresso di Bashagha a Tripoli significherebbe il fallimento del governo del nuovo premier anche se è stato incaricato dal parlamento situato nella Libia orientale. La sentenza di Tripoli ha un valore simbolico che conferisce legittimità ai suoi praticanti, anche se sono saliti al potere illegalmente, come la maggior parte dei primi ministri dalla caduta di Muammar al Gheddafi.
Intanto Washington gioca su entrambe le parti del conflitto e il suo ruolo sarà sempre più influente. Pagine Esteri