di Eliana Riva
Pagine Esteri, 27 luglio 2022 – Dopo proteste, manifestazioni, accuse, colpi di mano e denunce di tentativi di golpe, il 27,5% dei tunisini accorsi alle urne approva la nuova costituzione proposta dal presidente Kais Saied.
Una costituzione controversa perché rende più forte la figura del presidente, che concentra nelle sue mani maggiori poteri. Un particolare, questo, che rappresenta per le opposizioni una pericolosa retromarcia verso la recentemente superata storia autoritaria della Tunisia. Era solo il 2011, infatti, quando il presidente Ben Ali, in carica da 23 anni, è stato rovesciato dalle proteste popolari che proprio a partire dalla Tunisia hanno dato vita alle cosiddette “Primavere arabe”.
Ma il vento di cambiamento non ha portato troppo lontano: la Tunisia vive una terribile crisi economica e le giovani generazioni (giovani esattamente come quelle che nel 2011 avevano dato vita alle proteste) rimangono senza lavoro e senza futuro. Il maggiore dei partiti emersi fin dalle prime votazioni dopo il rovesciamento di Ben Ali, Ennahdha, così come altri schieramenti, è stato lungamente diviso e divisivo, la corruzione ha dilagato per anni e l’allontanarsi della politica dalle condizioni materiali della popolazione ha lasciato campo libero all’islamismo fondamentalista che ha trovato terreno fertile (l’ISIS recluta un numero crescente di giovani).
Kais Saied, un populista, ex professore universitario, indipendente e fuori dai giochi partitici, è stato eletto nel 2019 con il “mandato” di affrontare la corruzione endemica e il senso di impunità dei vertici politici. Dopo circa 2 anni dalla sua nomina non molto era cambiato e la popolazione, costretta a vivere in condizioni ancora più difficili a causa della pandemia da Covid-19, ha organizzato una serie di manifestazioni di protesta. Il 22 settembre del 2021 uno di questi cortei è giunto fin sotto il parlamento per chiedere le dimissioni del governo. Saied, dopo aver sciolto il parlamento, ha annunciato misure eccezionali e nominato personalmente la commissione che avrebbe dovuto redigere la nuova costituzione con modifiche sostanziali in senso presidenziale. Saied non ha mai fatto mistero delle sue convinzioni politiche in tal senso: l’accentramento dei poteri consentirebbe, a suo dire, maggiore spazio di manovra per le riforme necessarie a combattere la corruzione. Ha candidamente affermato di non credere nei partiti e di preferire un sistema politico alternativo, basato su un potere presidenziale centralizzato e non più equamente diviso con il parlamento.
Insieme alle manifestazioni di supporto si sono tenuti cortei di protesta contro le mosse del presidente.
Le misure eccezionali stabilite da Saied gli permettono di governare con decreti presidenziali, come accadeva con il governo di Ben Ali. Le opposizioni hanno parlato di tentato golpe e hanno chiesto il sostegno degli organismi internazionali. Questi ultimi, però, a parte esprimere “preoccupazione” per ciò che stava avvenendo, hanno nei fatti sostenuto le manovre del presidente.
Nonostante la nomina di una apposita commissione e gli inviti generici di Saied agli altri rappresentanti politici per lavorare insieme alla nuova costituzione, è stato il presidente stesso a scrivere e pubblicare la sua proposta, quella che è stata oggetto del referendum dei giorni scorsi.
Le opposizioni hanno chiesto di boicottare il voto, dichiarando che la nuova costituzione riporterebbe la Tunisia ad essere governata da un solo uomo con poteri forti e hanno chiamato manifestazioni di protesta.
Dopo gli exit poll, i sostenitori di Saied hanno celebrato la vittoria del referendum, per il quale ha votato meno del 30% della popolazione, circa un quarto degli iscritti nelle liste elettorali. Di questi più del 90% ha votato sì.
Saied ha raggiunto il luogo dei festeggiamenti e, anche se i risultati non sono ancora ufficiali, ha parlato di “un momento storico” per la Tunisia e il suo popolo.
Saied continuerà a governare per decreto fino a dicembre, quando dovrebbero tenersi nuove elezioni. Da quel momento, con la nuova costituzione in vigore, avrà autorità suprema sugli atti parlamentari.