di Michele Giorgio
(nella foto il ministro israeliano delle finanze Bezalel Smotrich)
Pagine Esteri, 21 marzo 2023 – Settantacinque anni dopo la fondazione dello Stato di Israele e ben oltre cento dall’inizio dell’impresa sionista in Palestina, riemerge l’antico quanto ridicolo mito della «non esistenza del popolo palestinese». A rispolverarlo è stato, durante una cerimonia in Francia, il ministro israeliano delle finanze Bezalel Smotrich, leader del partito ultranazionalista Sionismo religioso, che, appena qualche settimana fa aveva esortato a «spazzare via» il villaggio palestinese di Huwara, teatro lo scorso 26 febbraio di una spedizione punitiva di coloni israeliani (decine auto e di edifici dati alle fiamme). Con il suo negazionismo antipalestinese, Smotrich è riuscito anche ad aprire una mezza crisi diplomatica con la Giordania. Il ministro ha pronunciato la sua «lezione di storia» avendo alle spalle una mappa della Grande Israele con la Giordania parte del territorio dello Stato ebraico, proprio come appariva sulla bandiera dell’Irgun, l’organizzazione clandestina ebraica fondata nel 1931 responsabile di attacchi e attentati contro palestinesi e britannici.
«Non si può parlare di ‘palestinesi’ perché non esiste un ‘popolo palestinese’», ha detto Smotrich e stretto alleato del premier Netanyahu, intervenendo a Parigi a una cerimonia commemorativa per Jacques Kupfer, un esponente della destra israeliana. Il popolo palestinese, ha spiegato, «è una finzione» elaborata un secolo fa per lottare contro il movimento sionista. «Sapete chi è palestinese? Io sono palestinese», ha esclamato rivolgendosi all’uditorio «Mia nonna, nata a Metulla oltre 100 anni fa in una famiglia di pionieri che ha creato insediamenti in Galilea, lei era palestinese. Mio nonno, la tredicesima generazione della sua famiglia a Gerusalemme, era un vero palestinese». Qualcuno ieri ha sorriso di fronte a queste dichiarazioni propagandistiche. Non i palestinesi però. «Le parole di Smotrich sono prove inconfutabili dell’ideologia estremista, razzista, sionista che governa l’attuale governo israeliano», ha protestato il primo ministro dell’Autorità Nazionale, Muhammad Shtayyeh. «Siamo noi – ha aggiunto – che abbiamo dato alla Palestina il suo nome e la terra, il suo valore e il suo status. Questa terra è nostra e Israele è uno Stato coloniale fondato dai colonialisti e dai coloni e si è espanso come qualsiasi colonialismo nel corso della storia».
Sarebbe ingiusto puntare il dito solo contro il ministro ultranazionalista Smotrich. La nozione della «non esistenza» dei Palestinesi e del popolo palestinese è stata inventata dai sionisti «progressisti» giunti dall’Europa. E il Sionismo, specie nei primi decenni, ha fatto della negazione del popolo indigeno palestinese l’arma principale della sua legittimazione: gli ebrei, grazie ai sionisti, «tornavano dopo duemila anni di esilio nella loro terra» mentre i palestinesi erano stati creati a tavolino. Teoria che spesso ancora si accompagna, soprattutto a destra, alla deumanizzazione dei palestinesi e alla loro descrizione come tutti dei terroristi veri o potenziali. Golda Meir, celebrata premier donna e icona dell’Israele laburista, nel 1969 dichiarò in una intervista al The Sunday Times che «Non esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Essi non esistevano». Un punto che avrebbe ribadito l’anno successivo a Thames TV e nel 1972 al New York Times. E nel 2023, a decenni di distanza da quell’intervista, una bella fetta di israeliani ebrei crede sempre che i palestinesi – tra cui un milione e mezzo con passaporto israeliano – non abbiano alcun diritto perché «inventati». Pagine Esteri
Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto