di Alessandra Mincone –

Pagine Esteri, 28 aprile 2023. Le 72 ore di cessate il fuoco tra l’esercito regolare e i miliziani in Sudan sta garantendo l’evacuazione alle centinaia di migliaia di persone dalla doppia nazionalità o già profughi di altre guerre, ma per i civili sudanesi non esiste ancora una nave che traghetti verso un destino migliore. L’Organizzazione mondiale della sanità ha gridato il suo allarme grave per la pericolosa occupazione del laboratorio di salute pubblica dove vi sarebbero conservati gli agenti patogeni isolati di malattie ad alto potenziale di contagio e di mortalità. Si parla di campioni di virus come il morbillo, la malaria, la poliomielite e il colera ed esiste l’alto rischio di un disastro biologico.

Solo all’inizio del marzo 2023, il Ministero della Salute di Khartoum denunciava la crescente infezione di malaria nella capitale. Dalla fine del mese di febbraio, l’indicatore dei vettori di infezione era aumentato di oltre il 7%, tant’è che si contano più di cinquemila nuovi casi solo nelle ultime settimane. Con un milione di persone infette da malaria, il servizio sanitario sudanese denunciava, dal 2021 al 2022, un aumento del 12% di contrazione del virus.

Ai casi di malaria si sono aggiunti contemporaneamente casi di febbre dengue, una febbre emorragica che, secondo le statistiche dell’OMS, risulta letale per almeno il 50% dei soggetti che la contraggono. Il direttore del dipartimento per le emergenze del ministero della salute sudanese, Mohamed el Tijani, a novembre 2022 dichiarava di osservare una delle peggiori epidemie di dengue dell’ultimo decennio. Mentre nel primo semestre del 2020 il virus aveva colpito quasi tremila persone, adesso i casi di dengue sembrano aumentare di diverse centinaia per settimana, con un aumento dell’incidenza emorragica che nelle ultime settimane ha provocato anche due morti.

Malattie come la malaria, la febbre di dengue e la chikungunya trovano in Sudan il terreno fertile per la diffusione del contagio di regione in regione in breve tempo. La vulnerabilità climatica del paese, attraverso un’alternanza di periodi di desertificazione e siccità con inondazioni e violente alluvioni, oltre a mettere in crisi le popolazioni provocando migliaia di sfollati interni e conseguenze disastrose per le risorse alimentari degli abitanti, riproduce un habitat perfetto per l’esacerbazione di ovuli di insetti i quali facilmente veicolano i virus ad alto tasso di contagio.

Il laboratorio di salute pubblica di Khartoum è attualmente occupato da combattenti armati che non permettono l’ingresso del personale tecnico. Le continue interruzioni di corrente mettono seriamente a rischio la conservazione dei campioni di materiale. Tutto ciò rappresenta una minaccia biologica dalle importanti ricadute sul tessuto sociale sudanese. Basti pensare che durante la pandemia di covid-19 i costi dell’assistenza sanitaria sudanese hanno subìto aumenti del 90% a causa dell’inflazione e che l’acquisto di medicinali e protezioni individuali era limitato a meno del 50% rispetto alle richieste della popolazione. Sempre nel 2020, secondo l’agenzia italiana di cooperazione allo sviluppo con sede a Khartoum, nel merito del programma di emergenza in favore delle popolazioni del Sudan colpite da disastri naturali e conflitti, le somministrazioni di vaccini per malattie come il morbillo erano drasticamente calate, lasciando oltre centomila bambini senza un’adeguata immunizzazione e con il consequenziale aumento della mortalità infantile.

In Sudan sono più di due milioni i bambini che soffrono di malnutrizione, e che nel 50% dei casi sono affetti da forme di diarrea contratte tramite infezioni per le degradanti condizioni igienico-sanitarie come l’impossibilità di accedere ad acqua potabile, specie per i minori immigrati che risiedono negli accampamenti transitori, come quelli che sono riusciti a fuggire per la guerra nel vicino Sud Sudan.

Save the children ha segnalato che dall’inizio del conflitto sono stati colpiti 32 siti di vaccinazione tra quelli finanziati direttamente, visto che l’interruzione di corrente ha inficiato le scorte di vaccini, insulina e diversi antibiotici riposti in strutture a basse temperature. L’associazione ha denunciato anche l’evacuazione di un ospedale pediatrico, notizia che fotografa nitidamente la guerra in corso tra due fazioni militari, ambedue lontane anche solo dall’immaginario di una “transizione per una democrazia” nascente.

Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell’Oms, definisce ormai deteriorate anche le scorte di sangue conservate in laboratorio, a fronte di un bilancio dello scontro che supera i quattromila feriti. Ma nonostante la drammaticità dei risvolti del conflitto, e di una crisi economica e sociale di certo non proprio recente, le Nazioni Unite hanno annunciato la sospensione temporanea dei programmi per il controllo e la trasmissione di malattie come dengue e  malaria, e del Programma alimentare globale che, secondo le stime pianificate per il 2023, avrebbe dovuto sostenere 7,6 milioni di persone di cui cinquantamila bambini, mirando la destinazione degli aiuti verso le scuole, anche in funzione di un coinvolgimento di minori per il diritto all’istruzione. Ad ogni modo il numero di vittime di malnutrizione acuta in età infantile è di gran lunga superiore considerata la presenza di bambini e adolescenti nei campi profughi.

L’interruzione degli aiuti umanitari si prevede una scelta che probabilmente acuirà le violenze tra le fazioni militari e contro i civili per il saccheggio dei beni a disposizione. Nel frattempo è fresco di stampa il comunicato di otto organizzazioni sanitarie e per i diritti umani, scritto per invitare le forze militari del governo di transizione e le RSF  “a impegnarsi per una cessazione immediata e permanente delle ostilità; la protezione dei civili; e un passaggio sicuro per il personale medico, le ambulanze e gli ospedali per garantire che i civili possano accedere ai servizi sanitari critici”.

Il Comitato preliminare del sindacato dei medici sudanesi riporta lo stato di salute in guerra al 26 aprile 2023: evacuazione di 19 ospedali tra la capitale e le aree limitrofe; 59 ospedali su 82 non più operativi; 6 ambulanze colpite dai bombardamenti; 12 operatori e studenti di medicina uccisi; tanti altri sono stati sequestrati o hanno visto i propri mezzi sequestrati, con l’impedimento di trasportare i feriti anche gravi.  

Nel frattempo, su qualche sito web occidentale si scorge timidamente la domanda di un sudanese: “Se tutti scappano, perché non possiamo fuggire anche noi?” titola euronews, e riporta una nota di Othman Taj el-Dein, direttore del dipartimento che si occupa di insufficienza renale: “I pazienti dovrebbero fare la dialisi una volta ogni due giorni, ma ci sono alcuni pazienti che non l’hanno fatta per dieci giorni. Se non fa la dialisi ogni due o tre giorni, il paziente ha una probabilità dell’80% di morire”.

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Fonti:

https://www.dabangasudan.org/en/all-news/article/khartoum-dengue-fever-rates-highest-since-records-began

https://www.wfp.org/news/wfp-warns-sudan-fighting-could-plunge-millions-more-hunger

https://reliefweb.int/report/sudan/sudans-warring-factions-must-end-attacks-hospitals-protect-civilians-joint-statement