della redazione
Pagine Esteri, 5 giugno 2021 – È stato un attacco armato premeditato e non un incidente avvenuto durante un inseguimento di corrieri della droga, la sparatoria che sabato scorso ha visto un poliziotto egiziano uccidere, in due situazioni diverse tra il monte Sagi e il monte Harif, tre soldati israeliani prima di essere ucciso a sua volta.
Le autorità egiziane hanno rivelato che l’ufficiale della polizia di frontiera si chiamava Mohamed Salah, 22 anni, e secondo le indagini in corso, avrebbe agito da solo allo scopo di colpire obiettivi israeliani. Sul suo corpo sono stati trovati sei caricatori per il suo mitra.
Gli egiziani avevano inizialmente affermato che il loro agente di polizia stava inseguendo un trafficante di droga quando è entrato in territorio israeliano, poi sono emersi elementi hanno smentito questa versione. Lo stesso premier israeliano Netanyahu aveva definito l’incidente “anomalo” e aveva mantenuto una insolita linea di basso profilo e prudente in considerazione, evidentemente, dei rapporti stretti tra Egitto e Israele proprio in materia di sicurezza. Senza dimenticare che il Cairo e Tel Aviv cooperano nel tenere sotto un rigido blocco la Striscia di Gaza.
In passato gli incidenti gravi lungo il confine non sono mancati. L’ultimo, nel 2011, con diverse vittime israeliane ed egiziane, fu causato da un attacco armato di uno dei tanti gruppi qaedisti nascosti nel Sinai e sui quali solo di recente il Cairo sembra aver avuto il sopravvento. Resta intenso il traffico di droga, sebbene Tel Aviv abbia costruito una barriera lungo il confine, volta principalmente a bloccare l’ingresso dei migranti africani. Pagine Esteri