Pagine Esteri, 9 settembre 2023. In un comunicato rilasciato oggi, l’avvocato Flavio Albertini Rossi, legale della famiglia di Khaled El Qaisi, esprime preoccupazione per le sorti del ricercatore italo-palestinese arrestato dalla polizia di frontiera israeliana il 31 agosto.
Trattenuto in custodia cautelare, Khaled El Qaisi non ha potuto fino ad oggi incontrare il suo avvocato, non conosce gli atti su cui si basa il fermo e viene sottoposto a continui interrogatori senza la presenza di un legale. Nell’udienza del 7 settembre i giudici hanno prolungato la custodia cautelare fino al 14 di questo mese.
Ciò che preoccupa maggiormente la famiglia del ricercatore, traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, è il “totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana“. La violazione, cioè, delle tutele riconosciute in Italia, in Europa e nelle istituzioni delle Nazioni Unite, “la cui osservanza consente di definire un processo equo e un arresto non arbitrario“.
L’avvocato Flavio Albertini Rossi, a nome della famiglia di Khaled, giudica la situazione detentiva di El Qaisi una violazione dei diritti umani. La maggiore preoccupazione, spiega, è la possibilità che, in mancanza di prove, la detenzione penale venga sostituita con la detenzione amministrativa, dilatando i tempi dell’arresto in maniera imprevedibile. “Condizione giuridica nella quale si trovano – spiega l’avvocato – altri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento”.
Khaled El Qaisi era di ritorno dalle vacanze, insieme alla moglie e al figlio di 4 anni, quando è stato fermato e ammanettato, senza accuse formali né spiegazioni, al valico di Allenby, tra la Giordania e la Cisgiordania occupata.
Di seguito il comunicato integrale:
Aggiornamento sulla detenzione di Khaled El Qaisi, italo-palestinese, trattenuto dalle autorità israeliane al valico di frontiera di “Allenby” e tuttora detenuto.
Il 7 settembre, come previsto, si è tenuta a Rishon Lezion a sud di Tel Aviv, l’udienza relativa alla proroga del suo trattenimento in carcere conclusasi con una proroga della detenzione per altri 7 giorni, quando dovrà comparire nuovamente davanti al giudice.
In questa udienza il detenuto e il suo difensore non hanno potuto comparire congiuntamente, finora impossibilitati per legge a vedersi e comunicare. In questa occasione si è appreso del suo trasferimento presso il carcere di Ashkelon.
La nostra viva preoccupazione è rivolta al totale spregio dei diritti di civiltà giuridica operati dalla legislazione israeliana ovvero alla violazione di quelle tutele, comunemente riconosciute in Italia (art. 13-24-111 della Cost.) e in Europa (art 6 CEDU) e in seno all’ONU (artt. 9-14 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici), la cui osservanza consente di definire un processo “equo” e un arresto “non arbitrario”.
Dopo 9 giorni di detenzione a Khaled è stato impedito di interloquire con il proprio difensore di fiducia e non potrà certamente incontrarlo quantomeno fino al 12 settembre. È quotidianamente sottoposto a interrogatorio senza la presenza del suo difensore ed è quindi solo mentre affronta domande pressanti poste dai poliziotti nella saletta di un carcere.
Non gli è consentito conoscere gli atti che hanno determinato la sua custodia e la sua possibile durata; non sa chi lo accusa, per quale ragione lo faccia, cosa affermi in proposito.
Anche i motivi del suo arresto appaiono assolutamente generici e privi di specificità, fondati esclusivamente su meri sospetti e non su indizi gravi di colpevolezza.
Tuttavia, ciò che rappresenta maggior ragione di inquietudine e preoccupazione è la facoltà concessa all’autorità israeliana di poter sostituire, in difetto di prove, la detenzione penale con quella amministrativa. Condizione giuridica nella quale si trovano altri 1200 palestinesi ristretti in carcere senza un’accusa formale, senza alcuna prova e senza poter conoscere le ragioni del loro trattenimento.
In considerazione dell’allarmante situazione detentiva di Khaled e del mancato rispetto dei suoi diritti umani si chiede che si faccia tutto il possibile per ottenerne l’immediata liberazione e il suo ritorno in Italia.
Flavio Albertini Rossi
Legale della famigliai di Khaled in Italia