di Davide Matrone –
Pagine Esteri, 12 settembre 2023. Dalla storica e grandiosa rivoluzione a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, all’abisso in pieno XXI secolo. La storia di questo paese è ricca di avvenimenti di tutto rispetto eppure oggi vive nel baratro. Dal 21 agosto del 1791 al 1º gennaio del 1804 in questo stato, situato nell’isola di Hispaniola, si consumò la prima rivoluzione schiavista della storia moderna. Haiti è stato il primo paese al mondo a vincere una rivoluzione di liberazione anti-coloniale perpetuata da schiavi neri contro gli occupanti francesi. È stata la seconda nazione del continente americano a dichiarare la propria indipendenza, dopo gli Stati Uniti d’America. Inoltre, è stato uno dei 51 paesi che hanno dato vita all’ONU nell’anno 1945.
Nonostante questi grandi avvenimenti, Haiti è oggi il paese più povero del continente americano ed è al posto 155 su 177 nella classifica dei paesi classificati in base al proprio indice di sviluppo umano.
In queste ultime settimane ritorna nuovamente sotto i riflettori per una grave crisi che colpisce la sua popolazione che vive per l’80% in una condizione di povertà degradante. Nell’ultimo anno, si è registrato, inoltre, un aumento esponenziale della violenza con eccidi di massa da parte di bande criminali che “sono legate a una parte del settore politico ed economico del paese” dichiara Robby Glessile, attivista e difensore dei diritti umani haitiano.
Secondo i dati che ci fornisce lo stesso attivista haitiano, dal 1° gennaio al 15 agosto del 2023, le violenze delle bande criminali hanno provocato la morte di 2400 persone. “Queste cifre sono relative ai corpi ritrovati ma molti altri non verranno scoperti perché le bande, in alcuni casi, li fanno semplicemente sparire” dichiara ancora Robby.
Per questa situazione c’è un grande esodo di haitiani che si stanno spostando verso le zone interne del paese, verso le comunità rurali più tranquille. Moltissimi altri invece stanno abbandonando il paese e si stanno rifugiando verso la vicina Repubblica Dominicana o all’estero. Non è la prima volta che gli haitiani devono lasciare il proprio territorio per salvarsi la pelle. La frontiera tra Haiti e la Repubblica Domenicana è tra quelle più calde e transitate del pianeta. Tra i due stati confinanti è in procinto la costruzione di un muro di un’estensione pari a 165 km. Il progetto faraonico fu annunciato due anni fa, dopo il magnicidio del presidente Moise. Ricordiamo che il Muro di Berlino aveva un’estensione di quasi 120 km.
Ho contattato Robby Glessile a cui ho rivolto alcune domande per comprendere cosa succede oggi nel suo paese nativo.
Qual è la situazione e cosa sta facendo l’attuale governo?
La situazione attuale è molto violenta è la popolazione è abbandonata a se stessa e non ha un attimo di tregua. Si sta perpetuando una violenza estrema e brutale da parte di bande criminali che hanno in possesso buona parte del territorio. Il governo non sta facendo assolutamente nulla. L’unica preoccupazione che ha la classe politica è quella di continuare a gestire il potere riscuotendo abusivamente uno stipendio mensile. Eppure l’attuale Primo Ministro quando giunse al potere, aveva promesso che la sua principale preoccupazione sarebbe stata quella di risolvere l’insicurezza. Fino ad oggi la situazione è divenuta sempre più insostenibile.
Come operano queste bande criminali?
Come dicevo, queste bande legate a una parte del settore politico ed economico si muovono in tutto il territorio nazionale. Ricevono armi dall’estero e maggiormente dagli Stati Uniti. Non c’è controllo e freno a questo traffico d’armi che avviene attraverso le dogane che sono dei veri e propri colabrodo.
In questi momenti a poche centinaia di metri dal Palazzo Presidenziale ci sono bande che stanno operando. Il sud del paese è sconnesso dalla capitale Puerto Principe. È praticamente interrotta la circolazione all’interno della capitale e in buona parte del paese. Qualche mese fa la stessa Ministra della Giustizia di Haiti, ha dichiarato che questi territori sono ormai persi e che lo Stato non riesce a controllarli.
Si parla nuovamente di un intervento armato con l’aiuto esterno, vero?
Sì, è cosi. Il governo centrale sta aspettando quest’intervento come ultima soluzione. Molte persone all’interno del paese son convinte che è lo stesso governo che sta lasciando andare le cose affinché la Comunità Internazionale intervenga come mediatore del conflitto. Purtroppo non è la prima volta che si chiede l’intervento dei contingenti internazionali nel paese. Ma sappiamo che i risultati di queste azioni sono stati disastrosi e la situazione è peggiorata e non migliorata. L’unica vittima in questa situazione è ancora una volta il popolo haitiano che non ha nessun appoggio ed è abbandonato dal proprio Stato.
È di questi giorni la notizia del coinvolgimento di un cittadino colombiano nel magnicidio dell’ex Presidente Moise, ucciso nel luglio del 2021. Cosa ci dici?
Da parte della Giustizia haitiana non c’è nessun interesse affinché il popolo sappia cosa successe realmente nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 2021. Non c’è volontà politica che si venga a conoscenza dei fatti. Secondo le indagini fin qui condotte, c’è un cittadino colombiano coinvolto nel magnicidio ma attualmente si trova negli Stati Uniti. C’è anche un cittadino haitiano oggi in carcere in quanto accusato di aver partecipato attivamente al piano di assassino dell’ex presidente Moise. Però la giustizia sta camminando a passo di tartaruga. Sebbene questa settimana siano stati chiamati in causa altri 4 cittadini colombiani, il sistema di Giustizia non va oltre. Non penso che con questo governo si arrivi a una conclusione del magnicidio. Gli autori intellettuali sono ancora nascosti e l’attuale sistema di giustizia del paese non ha gli strumenti e la volontà per far luce su questo caso molto complesso.
Intanto il governo degli Stati Uniti ha chiesto ai suoi connazionali di abbandonare il paese dopo le sparatorie avvenute in prossimità dell’Ambasciata statunitense una settimana fa. Una delegazione della Comunità dei Caraibi (CORICOM) alcuni giorni fa è giunta a Porte Principe e si è riunita con il Presidente del paese per circa due ore per trovare in modo congiunto una soluzione alla grave crisi politica e sociale che attraversa il paese delle Antille caraibiche.
Lunedì 11 settembre il presidente della Repubblica Dominicana, Luis Abinader ha sospeso l’emissione di permessi di soggiorno per gli haitiani ed ha chiuso la frontiera con Haiti.