di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, Anabah, 6 dicembre 2023  – Quando arrivano nel pronto soccorso della Pediatria dell’ospedale di Emergency ad Anabah non c’è più niente da fare. Il corpo del bambino, due anni di età, è già rigido e grigio. Gli uomini non piangono in questo Paese, eppure il padre si getta a terra e inizia a urlare. Non esistono più codici maschili e divieti, ma solo il pavimento, il pianto e quel figlio perso per un’intossicazione da monossido di carbonio. La madre si era addormentata abbracciata al suo bambino vicino a una stufa, per tenerlo al caldo, in una stanza troppo piccola di una casa senza altre fonti di riscaldamento. Quando si è svegliata, il bambino non si muoveva già più. La stagione invernale in arrivo inizia a congelare quest’angolo di terra, soprattutto di notte. Casi simili, come ogni anno, sono destinati ad aumentare e ripetersi fino alla primavera. Il monossido di carbonio emanato dalle stufe si lega inesorabilmente all’emoglobina nel sangue, che non riesce più a trasportare l’ossigeno nel corpo. Nel sonno, si passa dalla vita alla morte. La povertà, le case minuscole e affollate dove nel gelido inverno una stufa a metano è spesso l’unica fonte di calore, e l’isolamento, la distanza dagli ospedali, scarsi e inadeguati a gestire casi simili, contribuiscono ad aumentare la mortalità da monossido.

Il 4 dicembre l’agenzia Onu per i rifugiati, l’UNHCR, ha definito l’Afghanistan una “forever emergency”, ovvero emergenza eterna, senza fine. “L’emergenza dell’agosto del 2021 (quando i Talebani hanno ripreso il potere nel Paese, ndr) non è scomparsa”, ha dichiarato a Bruxelles alla testata Eubsorver il rappresentante dell’UNHCR in Afghanistan, Leonard Zulu. Secondo la sua previsione, è impossibile aspettarsi che la catastrofe afghana, che è una tragedia economica, civile, sociale, possa arginarsi nei prossimi anni. “Sarà un’emergenza ricorrente”, ha annunciato.

In maniera ricorrente, si succederanno le morti per intossicazione da monossido di carbonio e le morti di freddo. Come un anno fa, quando sei milioni di persone, ha ricordato, “bussavano alle porte della carestia” e 29 milioni di afghani dipendevano dagli aiuti umanitari. La tragedia afghana non è scomparsa nel 2023, anche se le pagine dei giornali nel resto del mondo l’hanno dimenticata. I fondi destinati al Paese da parte dell’Unione Europea, per essere spesi da organizzazioni umanitarie internazionali, sono passati dai 174 milioni di euro del 2022 ai 156.5 milioni di quest’anno.

Insieme all’inverno e alla fame, pende sul Paese il dramma di un’intera metà della popolazione, le donne, tagliata fuori dai posti di lavoro, con tutte le conseguenze che per l’economia – oltre che per la sanità e l’istruzione, per citarne alcune – ne possono derivare. Ci si aggiunge la tragedia di 1,7 milioni di profughi afghani rigettati dal Pakistan e la necessità di riallocarli in un Paese allo stremo e fornire loro l’assistenza umanitaria essenziale. Per soccorrerli, il World Food Programme dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ha lanciato un appello di 26,3 milioni di dollari. Sono ancora recenti e drammatici, infine, gli effetti del terremoto a Herat, che ha provocato almeno 1400 vittime tra morti e feriti e lasciato senzatetto migliaia di persone.

In ospedale, intanto, appena finito il turno, in un momento di tregua, A. srotola un metro da sarta e le altre infermiere lo avvolgono attorno alla vita, al petto, poi ai fianchi di F., la neonatologa responsabile della terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Emergency. Tra qualche settimana sarà il suo compleanno, e stanno lavorando al suo regalo con una strategia non troppo discreta ma che le diverte molto. Nonostante la povertà, malgrado la scarsità di risorse di un Paese descritto come un’emergenza senza fine, loro si scambiano risolini, occhiate di intesa, e non si lasciano persuadere che non sia necessario farle alcun regalo. La neonatologa le implora di fermarsi, giura che non potrà accettare nessun vestito. Loro negano, qualcuna dice “Prendiamo le misure per un’amica alta quanto te”, un’altra dice che si tratta di un gioco fatto “per curiosità”. La generosità per molti è sacra qui in Afghanistan, e sembra non esserci emergenza senza fine capace di arginarla del tutto.