Pagine Esteri, 7 febbraio 2024. Un attacco degli USA in Iraq, nella capitale Baghdad, ha colpito l’automobile sulla quale viaggiava Abu Baqir al-Saadi, responsabile di Kataib Hezbollah, uccidendolo.
Le forze armate statunitensi hanno rivendicato l’attentato, dichiarando che l’esecuzione mirata, su una strada pubblica, è la risposta agli attacchi contro le basi militari statunitensi presenti nella regione, in uno dei quali, al confine siriano-giordano, sono stati uccisi tre soldati: “Gli Stati Uniti continueranno a intraprendere le azioni necessarie per proteggere il nostro popolo. Non esiteremo a ritenere responsabili tutti coloro che minacciano la sicurezza delle nostre forze”.
Nel 2020, in seguito all’assassinio, da parte degli Stati Uniti, del comandante Quds Qassem Soleimani, il parlamento iracheno votò per l’espulsione degli USA dall’Iraq.
La delibera chiedeva la cancellazione della richiesta di assistenza emessa dall’Iraq agli Stati Uniti nel 2014 per rispondere all’ISIS. Ma Washington ha respinto la risoluzione e ha minacciato di imporre sanzioni a Baghdad.
In un comunicato stampa il generale Yehia Rasool, portavoce del comandante in capo delle forze armate irachene, ha condannato fermamente l’attacco: “Le forze americane continuano a compiere, in modo irresponsabile, tutte quelle azioni che minano le intese stabilite e ostacolano l’avvio del dialogo bilaterale. Hanno compiuto un palese assassinio attraverso un attacco aereo nel cuore di un quartiere residenziale della capitale, Baghdad, senza mostrare alcun riguardo per le vite dei civili o per le leggi internazionali.
Con questo atto, le forze americane mettono a repentaglio la pace civile, violano la sovranità irachena e non tengono conto della sicurezza e della vita dei nostri cittadini. Ancora più preoccupante è che la coalizione si discosti costantemente dalle ragioni e dagli obiettivi della sua presenza sul nostro territorio.
Questa parabola costringe il governo iracheno più che mai a porre fine alla missione di questa coalizione, che è diventata un fattore di instabilità che minaccia di intrappolare l’Iraq nel ciclo del conflitto, e le nostre forze armate non possono trascurare i loro doveri e responsabilità costituzionali, che richiedono la salvaguardia della sicurezza degli iracheni e del territorio iracheno da ogni minaccia”.