di Nur Arafeh* – carnegie-mec.org  

(traduzione di Federica Riccardi, foto di Adelita Mead)

Il malcontento socio-economico è aumentato in diversi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Nel 2019 si è registrata un’ondata di proteste in paesi, tra cui Sudan, Iraq, Libano, Marocco, Giordania e Algeria, che non hanno vissuto le rivolte arabe del 2010-2011. Oltre a rivendicare cambiamenti nei loro sistemi politici, i manifestanti chiedevano una revisione completa dei sistemi economici, denunciando l’impennata dei prezzi, le disparità di ricchezza, l’appropriazione delle risorse e dei flussi di rendita da parte delle élite e l’assenza di giustizia economica.

Il Medio Oriente e il Nord Africa sono caratterizzati da una disuguaglianza economica eccezionalmente elevata rispetto ad altre regioni del mondo. La pandemia COVID-19, la guerra in Ucraina e le conseguenti crisi del debito, del cibo e dell’energia che hanno colpito la regione hanno ulteriormente esacerbato le disparità socioeconomiche. Ciò ha lasciato i segmenti più vulnerabili ed emarginati della popolazione a fronteggiare la scarsità di cibo, le fluttuazioni dei prezzi, l’aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici, la scarsità d’acqua, il degrado del territorio e la limitata spesa governativa per i servizi pubblici. La lotta alle disuguaglianze non è stata una priorità dei governi della regione. Tuttavia, dovrebbe esserlo, viste le implicazioni per la crescita economica, la coesione sociale e il potenziale indebolimento delle istituzioni rappresentative e il conseguente consolidamento dei regimi populisti.

LA REGIONE PIÙ DISEGUALE DEL MONDO

La regione del Medio Oriente e del Nord Africa è tra le più diseguali al mondo. Uno studio, che ha cercato di misurare l’entità e l’evoluzione della concentrazione del reddito nella regione tra il 1990 e il 2016, ha rilevato che circa il 64% del reddito totale è andato al 10% dei percettori di reddito, rispetto al 37% dell’Europa occidentale, al 47% degli Stati Uniti e al 55% del Brasile. Nel frattempo, il 50% della popolazione della regione ha ricevuto solo il 9% del reddito complessivo, rispetto al 18% in Europa.

Questi alti livelli di concentrazione del reddito derivano sia dalla disuguaglianza all’interno dei paesi che tra i paesi stessi, in particolare tra gli stati più ricchi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e altri stati con popolazioni più numerose. Tuttavia, anche escludendo i paesi del CCG dall’analisi, i livelli di disuguaglianza rimangono molto elevati, con il 10% dei percettori di reddito che riceve più del 50% del reddito regionale totale per tutto il periodo 1990-2016. Il divario di reddito è evidente anche se si guarda al coefficiente Gini in Medio Oriente e Nord Africa, che misura il grado di disuguaglianza economica nei paesi. Tra il 2015 e il 2020, il coefficiente Gini è rimasto nell’intervallo tra il 65% e il 75% in diversi paesi arabi, con il 100% che riflette la massima iniquità.

Queste tendenze dei livelli di disuguaglianza sono state associate a una contrazione della classe media nella regione. La dimensione della classe media ha iniziato a diminuire intorno al 2013 ed è scesa al di sotto del 40% negli ultimi anni, mentre i paesi, soprattutto quelli a basso e medio reddito (LMIC), sono alle prese, tra le tante sfide, con ricorrenti crisi del debito, austerità, aumento dei livelli di povertà, servizi pubblici sottofinanziati, distribuzione ineguale delle risorse, conflitti, aumento dell’economia informale, alti tassi di disoccupazione, sistemi fiscali iniqui e cambiamenti climatici.

Queste disuguaglianze si sono ulteriormente aggravate e consolidate durante la pandemia COVID-19, che ha colpito in modo sproporzionato le comunità più vulnerabili, tra cui i poveri, i rifugiati e coloro impegnati nel settore informale. Mentre 16 milioni di persone sono state spinte in condizione di povertà durante la pandemia, facendo salire il numero totale di indigenti nella regione a oltre 116 milioni, la metà più povera della popolazione del Medio Oriente e del Nord Africa ha visto la propria ricchezza ridursi di un terzo. Il residente medio della regione, a sua volta, ha visto una diminuzione della propria ricchezza di circa il 28%.

Nel frattempo, i ricchi della regione hanno aumentato il loro controllo su beni e società finanziarie. Tra il 2019 e il 2022 la loro ricchezza netta è aumentata del 60%, mentre i miliardari hanno beneficiato di un incremento del 22% del patrimonio, a testimonianza dell’acuirsi del divario in Medio Oriente e Nord Africa a seguito della pandemia.

Ad esempio, mentre il crollo economico e finanziario del Libano dal 2019 ha fatto cadere in povertà il 60% della popolazione, la ricchezza netta delle persone più ricche del Paese è quasi raddoppiata tra il 2020 e il 2022. Allo stesso modo, mentre l’Egitto è alle prese con una crisi del debito e del costo della vita, i ricchi hanno visto la loro ricchezza aumentare di oltre la metà nello stesso periodo, proprio come in Giordania. Secondo il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite per l’Asia occidentale, i paesi arabi rappresentano la metà dei sedici paesi del mondo che, dopo la pandemia, hanno registrato l’aumento più significativo della disuguaglianza in termini di distribuzione della ricchezza.

L’estremo livello di concentrazione della ricchezza nella regione è evidenziato dal fatto che la ricchezza combinata dei tre individui più facoltosi della regione, pari a 26,3 miliardi di dollari durante la pandemia, ha superato la ricchezza totale dei 222,5 milioni di cittadini più indigenti, pari a 25,5 miliardi di dollari.

Questi alti livelli di iniquità sono ulteriormente aggravati dall’impennata del debito nella regione. A ciò si aggiungono la riduzione dello spazio fiscale, gli alti tassi di inflazione, le svalutazioni monetarie e la crisi del costo della vita, che hanno caratterizzato il Medio Oriente e il Nord Africa (in particolare i paesi a basso reddito) negli ultimi anni, soprattutto dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina.

PERCHÉ LA DISUGUAGLIANZA È IMPORTANTE

Affrontare la disuguaglianza dovrebbe essere una preoccupazione cruciale per i paesi della regione, che hanno però ampiamente trascurato il problema. Il motivo per cui è prioritario ridurre le disuguaglianze è che riguardano la giustizia sociale, ma anche perché le disparità socioeconomiche hanno profonde conseguenze economiche, sociali e politiche che influenzeranno lo sviluppo a lungo termine del Medio Oriente e del Nord Africa.

La disuguaglianza economica è un fattore causale strutturale dell’instabilità globale e delle crisi finanziarie. È stato dimostrato che si traduce in strutture economiche instabili e meno efficienti, che soffocano la crescita economica e la partecipazione delle persone al mercato del lavoro. Poiché i ricchi, che detengono una quota maggiore di reddito, tendono a spendere una parte minore del loro reddito rispetto ai poveri, la distribuzione ineguale del reddito finisce per diminuire la domanda aggregata e può quindi ostacolare la crescita economica. La disuguaglianza economica pregiudica anche gli sforzi di riduzione della povertà e porta alla perdita del potenziale produttivo e a un’allocazione inefficiente delle risorse.

Sul fronte sociale, questi divari economici sono riconosciuti per i loro effetti sulla mobilità sociale, portando alla trasmissione di opportunità diseguali da una generazione all’altra. Inoltre, crea trappole della povertà, in cui gli individui che si trovano all’estremità inferiore dello spettro di reddito rimangono intrappolati in un ciclo di indigenza, poiché l’assenza di risorse porta a ulteriori limitazioni delle stesse.

In particolare, in Medio Oriente e Nord Africa, la concentrazione del reddito e della ricchezza nelle mani di pochi ha portato all’emergere di una società duale, in cui una categoria di persone può accedere a servizi privati di buona qualità, come l’istruzione, la sanità e altri servizi di base, mentre un’altra può accedere solo a servizi di base di qualità molto inferiore, solitamente forniti in modo inadeguato dal settore pubblico. Creando scissioni all’interno della società, la disuguaglianza economica erode il senso di comunità, riduce la coesione sociale e alimenta tensioni e conflitti, aprendo la strada alla disintegrazione della società, ai disordini politici e a una generale precarietà.

Combattere l’elevata disuguaglianza è fondamentale anche perché, con le fratture che crea all’interno dell’economia e della società, è stata associata all’emergere di plutonomie, sistemi in cui un piccolo segmento ricco della popolazione beneficia principalmente della crescita economica. Poiché la distribuzione del reddito e della ricchezza determina in larga misura la distribuzione del potere nei sistemi politici, questo porta a due risultati.

In primo luogo, si crea un circolo vizioso in cui la disuguaglianza economica porta alla disuguaglianza politica, permettendo ai ricchi di usare il potere politico per radicare i loro interessi economici nelle istituzioni sociali e proteggere così il loro status, il che non fa che rafforzare ulteriormente le disuguaglianze economiche. Questo fenomeno viene talvolta definito “trappola della disuguaglianza“, che permette di evitare che i ricchi scivolino verso il basso nella scala socioeconomica, impedendo al contempo la mobilità verso l’alto degli indigenti.

Un secondo risultato è che la disuguaglianza politica, in un momento in cui le disparità economiche sono più accentuate, mette sempre più a rischio le istituzioni rappresentative ed erode la fiducia nelle istituzioni pubbliche. Diversi studi hanno infatti dimostrato che la disuguaglianza economica tende a rafforzare il potere autocratico ed è uno dei fattori chiave alla base del malcontento popolare e del crescente populismo nel mondo. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare che in Medio Oriente e in Nord Africa l’aumento della disuguaglianza possa essere un fattore trainante dell’ondata degli uomini forti in politica e del crescente successo di figure populiste che capitalizzano il risentimento e la frustrazione della popolazione.

Senza politiche efficaci, gli attuali alti livelli di disuguaglianza non solo persisteranno, ma molto probabilmente aumenteranno ulteriormente. Il cambiamento climatico rischia di esacerbare questa tendenza, poiché colpirà in modo sproporzionato i poveri e i più vulnerabili, che sopporteranno il peso dell’aumento delle temperature, del degrado dei terreni e dei problemi legati alla disponibilità e ai prezzi del cibo. Anche l’intelligenza artificiale, le tecnologie digitali emergenti e l’automazione potrebbero aggravare le disuguaglianze, in quanto potrebbero aumentare in modo sproporzionato i guadagni dei lavoratori ad alto reddito e dei proprietari di capitali.

Pertanto, è della massima urgenza affrontare la disuguaglianza nella regione intraprendendo serie riforme strutturali radicate nel perseguimento della giustizia economica. Una riforma urgente, tra le tante, prevede l’ampliamento dello spazio fiscale e il potenziamento della mobilitazione delle risorse interne, soprattutto allargando la base imponibile e rendendo il sistema fiscale più progressivo per garantire una struttura fiscale più equa. La diversificazione delle fonti di finanziamento pubblico consentirebbe agli stati di aumentare la spesa per la sicurezza sociale, l’assistenza sociale e l’istruzione, che sarebbero fondamentali per migliorare il benessere sociale e combattere le diverse dimensioni della disuguaglianza.

In assenza di tali riforme, e in presenza di un continuo disinteresse dei governi per il problema della disuguaglianza, si profila all’orizzonte una crisi significativa per la regione.

LINK ORIGINALE 

https://carnegie-mec.org/2024/02/02/economic-injustice-is-anchoring-itself-in-arab-world-pub-91537

*Nur Arafeh è borsista presso il Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, dove il suo lavoro si concentra sull’economia politica della regione MENA, sulle relazioni tra imprese e Stati, sulle strategie di costruzione della pace, sul nesso sviluppo-sicurezza e sulle questioni tra Palestina e Israele.