della redazione
Pagine Esteri, 8 marzo 2024 – Il carro armato israeliano che lo scorso ottobre ha ucciso un reporter della Reuters in Libano del sud, sparando contro un gruppo chiaramente identificato di giornalisti, in seguito ha “probabilmente” anche aperto il fuoco su di loro con una mitragliatrice pesante per un minuto e 45 secondi. Lo afferma un’inchiesta dell’Organizzazione olandese per la ricerca scientifica applicata (Tno), incaricata dalla Reuters di analizzare la dinamica dell’attacco del 13 ottobre che ha ucciso il giornalista libanese Issam Abdallah.
I sette giornalisti presenti al momento dell’uccisione di Abdallah indossavano giubbotti antiproiettile ed elmetti blu, la maggior parte con la scritta “Press”. Prima dell’attacco avevano filmato da lontano i bombardamenti in un’area aperta su una collina vicino al villaggio libanese di Alma al-Chaab. Il carro armato posizionato a 1,34 km di distanza in Israele ha sparato due cannonate da 120 mm contro i giornalisti. Il primo proiettile ha ucciso Abdallah, 37 anni, e ferito gravemente la fotografa dell’Agence France-Presse (Afp), Christina Assi, 28 anni. Nell’attacco sono rimasti feriti più leggermente anche il fotografo della Reuters Thaier Al-Sudani, il cameraman Maher Nazeh, nonché due giornalisti di Al Jazeera e un altro dell’Afp.
La Tno rivela che l’audio registrato da una videocamera di Al Jazeera evidenzia che i giornalisti sono stati colpiti anche da colpi calibro 0,50 del tipo utilizzato dalle mitragliatrici Browning montate sui Merkava israeliani.
“Si ritiene probabile che un carro armato, dopo aver sparato i due colpi, abbia usato la sua mitragliatrice i giornalisti”, si legge nel rapporto. “Ciò non può essere concluso con assoluta certezza poiché non è stato possibile stabilire la direzione e la distanza esatta del fuoco (della mitragliatrice)”. Da parte sua la Reuters non è stata in grado di determinare se l’equipaggio del carro armato israeliano sapesse che stava sparando sui giornalisti, né se avesse sparato contro di loro anche con una mitragliatrice e, in caso affermativo, perché. Nessuno dei due reporter Reuters sopravvissuti e un altro giornalista dell’Afp presente ricordano il fuoco della mitragliatrice. Tutti hanno detto che in quel momento erano sotto shock.
Il diritto internazionale umanitario vieta gli attacchi contro i giornalisti poiché i media godono della protezione concessa ai civili e non possono essere considerati obiettivi militari.
In risposta all’indagine della Tno, l’Esercito israeliano ha spiegato di aver risposto ad attacchi dei militanti libanesi Hezbollah vicino a Hanita, con l’artiglieria e il fuoco dei carri armati. Il giorno dopo l’attacco, l’esercito israeliano aveva dichiarato di avere immagini dell’incidente e che era in corso un’indagine. Nessun risultato è stato reso pubblico sino ad oggi.
Lo scorso novembre un drone israeliano ha ucciso altri due giornalisti libanesi, Farah Omar e il cameraman Rabih Maamari, sempre in Libano del sud, mentre realizzavano un servizio per la televisione Al Mayadeen.
“Condanniamo con la massima fermezza l’attacco contro un gruppo di giornalisti chiaramente identificabili che lavoravano all’aperto. L’attacco ha ucciso il nostro collega Issam Abdallah e ne ha feriti molti altri. Ribadiamo i nostri appelli a Israele affinché spieghi come ciò sia potuto accadere e chiedere conto ai responsabili”, ha replicato la caporedattrice della Reuters, Alessandra Galloni. Pagine Esteri